CESNUR - center for studies on new religions

Enciclopedia delle Religioni: Al supermarket della fede

di Gianfranco Ravasi ("Il Sole-24 Ore", 3 giugno 2001)

Una settimana fa, in occasione delle nozze di mons. Emmanuel Milingo, molti (soprattutto i giornalisti) si sono rivolti a me per aver dati, bibliografia, indirizzi da contattare riguardanti "la setta del reverendo Moon", che in realtà è la sedicente Chiesa dell’Unificazione o, più recentemente, Federazione delle famiglie per la pace e l’unificazione mondiale. Una domanda analoga ogni tanto mi viene rivolta per conoscere il significato di quella casella che nella dichiarazione dei redditi è riservata agli Avventisti. Per non parlare poi dei ben più conosciuti Testimoni di Geova o della Chiesa di Scientology o della New Age e Next Age. Ebbene, ora tutti potranno sapere tutto o quasi riguardo alle religioni in Italia ricorrendo all’immenso serbatoio di documentazione offerta da Massimo Introvigne, uno dei maggiori esperti a livello mondiale di questa realtà magmatica e spesso incandescente, attraverso il suo Centro studi sulle nuove religioni (CESNUR).

Appena si entra nelle pagine dell’enciclopedia approntata da questo pattuglione di esperti si è, più che smarriti, abbacinati. E’ l’ingresso in una foresta tropicale di chiese, associazioni, congregazioni, comunità, centri, ordini, scuole, movimenti, istituti, fraternità, gruppi, società, confraternite, unioni dai nomi talora noti ma prevalentemente esotici o esoterici, realtà studiate con acribia nella loro storia, nelle loro ideologie spesso fluide e caleidoscopiche, nella loro produzione catechetico-missionaria e identificate nei loro precisi recapiti o sedi con tanto di telefono, fax, E-mail e URL. Con buona pace di chi immagina l’Italia come una società secolarizzata, spoglia di insegne sacrali, qui si tocca con mano come un pizzico di religiosità intrida un po’ tutto il nostro orizzonte.

Certo, spesso è poco più di una spezia, come già diceva Antonio Baldini in uno stornello del suo Michelaccio(1924): "Mentuccia d’orto / quaggiù dove non c’è nulla di certo / la religione è sempre un gran conforto". Si è, perciò, tentati di perdersi in curiosità rincorrendo le più strane e stravaganti denominazioni (più di seicento sono quelle elencate dall’Enciclopedia), pervenendo magari fino al ramo femminile della Chiesa Evangelica Bethel di Benevento il cui acronimo ricalca il nome di una donna degli Atti degli Apostoli (9,36), Dorcas, cioè "devote, onorevoli, rigenerate, consacrate, amorevoli, santificate". In questa specie di menù o mappa del credere che Introvigne ordina in una quarantina di classificazioni omogenee (si provi solo a scorrere il capitolo dedicato alle quattro "ondate" pentecostali per rimanere a bocca aperta) c’è spazio anche per i movimenti dei Dischi Volanti (ad esempio, la Coopcosmo, cioè Cooperativa operante opportunità di pace condivisione olistica simbiosi multiplanetaria organizzata), per il satanismo, il druidismo e persino per una specie di religiosità atea (i "religiosamente irreligiosi", come l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti). Già Pavese nella Casa in collina era convinto che "è religione anche non credere in niente", preceduto in questo da Balzac che nel suo Catechismo sociale non esitava ad affermare che "una società di atei inventerebbe subito una religione".

Di fronte a questo che appare a prima vista come un grandioso supermarket della fede sui cui scaffali si allinea il bricolage più variegato delle credenze si è forse tentati di abbandonarsi al sarcasmo più che al relativismo, allo sberleffo più che alla comprensione e forse più alla paura che alla rassicurazione. Già Hobbes nel ‘600 considerava ridicoli gli errori della filosofia ma pericolosi quelli della religione e una conferma indiretta ce la offrono certi esiti drammatici di alcune di queste esperienze spirituali: Borges nei suoi Labirinti diceva non a torto che "è più facile morire per una religione che viverla assolutamente". Questa enciclopedia evita accuratamente ogni giudizio e si sforza di cancellare ogni precomprensione che, nel nostro caso, sarebbe di matrice cattolica. Lo fa con tanto autocontrollo da ridurre la voce "Chiesa cattolica" a sole quattro pagine, pur coprendo in Italia un arco confessionale enorme, lasciando quasi più spazio al cattolicesimo "di frangia" o a quello tradizionalmente definito come "scismatico" (non mancano, infatti, antipapi contemporanei come Clemente XV, Gregorio XVII, Lino II, Emmanuel I, Valeriano I!).

Significative a questo proposito sono le pagine di apertura dell’opera ove si affrontano in modo essenziale alcune questioni capitali come quelle del concetto stesso di religione o del "believing without belonging", cioè della credenza senza appartenenza (formula coniata da un saggio del 1994 di Grace Davie), o del "mito che prevale sul logos", per usare una locuzione del noto teologo americano Harvey Cox, che vedeva in queste forme religiose il dominio del "percorso" esistenziale rispetto al "discorso" teologico rigoroso. Ma decisivo è l’abbandono del termine "setta", che risale nella sua definizione precisa a Troeltsch e che giornalisticamente è ancora comune: tra l’altro, nello sterminato catalogo di Introvigne c’è solo una "setta di Acilia", nove membri che adorano una Trinità incarnata in una villa della cittadina laziale. "Setta", infatti, risente di un giudizio di valore, legittimo in sede confessionale ma spurio in sede strettamente fenomenologica e socio-antropologica. Tuttavia la questione rimane nella sua concretezza storica aggrovigliata e lo dimostrano gli esiti globali di vari movimenti religiosi all’interno della convivenza sociale (suicidi di massa, plagio, interessi economico-finanziari illegali e così via).

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