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Italia: La Corte d'Appello di Bologna smonta un caso di presunti "abusi rituali" e riabilita un sacerdote cattolico

(Nota preliminare) In Italia, fortunatamente, l'epidemia di "memorie ritrovate" da bambini o da adulti sul lettino dello psicologo che accusano falsamente adulti di crimini rituali "satanici" - un'epidemia che, prima di essere stroncata da una serie di sentenze e di rapporti commissionati dalle autorità pubbliche, ha fatto notevoli danni nei paesi di lingua inglese (cfr. sul punto il mio "Indagine sul satanismo", Mondadori, Milano 1994) - ha avuto poche e periferiche manifestazioni. Uno di questi casi ha coinvolto un sacerdote modenese, don Giorgio Govoni, obiettivo di accuse farneticanti istigate da un'assistente sociale, e deceduto nello studio del suo legale subito dopo che il P.M. nell'arringa al processo di primo grado lo aveva considerato colpevole e ne aveva chiesto la condanna. Come è avvenuto anche in altri paesi, è stata la sentenza d'appello a ristabilire ora la verità dei fatti, anche se non può cancellare il dramma di don Giorgio. Come autore di un'ampia memoria stesa su richiesta della difesa di don Giorgio sul mito delle "memorie ritrovate" e dei presunti abusi rituali "satanici", non posso che unire il mio plauso a quello del vescovo, del clero, dei parrocchiani e della maggioranza degli esponenti politici modenesi. E nello stesso tempo mi auguro che il caso serva di monito a quanti, anche cattolici, avevano frettolosamente creduto a un'evidente montatura (e criticato il vescovo, da sempre a fianco di don Giorgio), senza studiare con l'attenzione dovuta migliaia di pagine di atti, e senza riflettere sui precedenti stranieri che mostrano come l'"abuso rituale satanico" sia nella stragrande maggioranza dei casi un'invenzione di assistenti sociali e di attivisti ideologicamente motivati. Per costoro - "sceriffi" e cacciatori di "sette sataniche", professionisti o dilettanti - vale il severo monito del quotidiano cattolico "Avvenire" che riproduciamo: il quotidiano li definisce "imbecilli" e auspica che possano ora "dedicarsi ad attività meno lesive della persona. L'apicoltura, per esempio, o la raccolta di rifiuti". Per la verità, alla "raccolta di rifiuti" sembra si dedichino già da tempo. (Massimo Introvigne)

"Modena/«Assoluzione» tardiva - L'onore riscattato di don Giorgio"

di Giorgio Ferrari ("Avvenire", 12 luglio 2001)

La Corte d'Appello di Bologna ha assolto otto dei quindici imputati accusati di sequestro di persona e violenza sessuale nei confronti di minori, una fosca vicenda con epicentro nella Bassa modenese, nella quale risultò inopinatamente implicato anche un sacerdote, don Giorgio Govoni, il quale morì nello studio del suo legale alla vigilia della sentenza di primo grado.
Sentenza nella quale era stato prosciolto per morte. Come dire che la richiesta di 14 anni di pena era valida e che la colpevolezza c'era. Il verdetto di Bologna invece ribalta questo giudizio e lo scagiona. Lo scagiona perché fa cadere l'ipotesi di un giro di pedofili che agiva nei cimiteri fra Mirandola e Finale Emilia.
I politici amano dire che non commentano le sentenze. E così i magistrati.
Lasciateci, essendo un quotidiano di informazione e di opinione, il privilegio di farlo noi.
L'impianto accusatorio su cui era stato istruito il processo di primo grado - un impianto che ha portato all'allontanamento dalle famiglie di tredici bambini - era basato su una teoria, quella del disvelamento progressivo. Teoria cara a un sodalizio di psicologi dell'infanzia, ampiamente utilizzato dal Tribunale di Modena. Teoria che ha consentito che nelle ipotesi di reato si affermasse che don Govoni capitanava una squadra di pedofili che agivano in pieno pomeriggio nei cimiteri, violentando ragazzine, decapitando esseri umani e gettando i corpi nel fiume, imbandendo sabba infernali e riti orgiastici nei quali il religioso proclamava di essere il Demonio.
A nulla erano valse le controdeduzioni della difesa, a nulla era servita in primo grado la mancanza di qualsivoglia prova di questa presenza di Satana nella Bassa. Don Govoni, e insieme a lui altri imputati, erano statidichiarati colpevoli sulla base di perizie mediche molto dubbie (ce n'era una, consultate gli atti giudiziari se non ci credete, che sosteneva che la verginità violata di una fanciulla si era ricostituita da sola: dunque anche se non c'erano lesioni intime visibili c'erano state lo stesso...) e soprattutto sulla base di un teorema, il "disvelamento progressivo", appunto, che lumineggiava nella sua razionale maestà, obbedendo a se stesso più che alla realtà dei fatti.
Ma a questo balbettio demagogico, a questo farfuglìo di incongruenze tenacemente sostenuto dai periti dell'accusa in nome di non si sa quale giacobinismo sociale, la Corte aveva deciso di credere. Convincendosi che Satana era sceso nella Bassa per violare con l'empietà del peggiore dei crimini l'innocenza di tredici bambini.
Ma don Govoni? Chi gli restituirà la vita? Chi gli ridarà l'onore? Come si ripara un danno dii questa portata? Non basta una sentenza ribaltata, purtroppo.
Un grazie di cuore, dunque, a questi sceriffi dell'infanzia: quale che sia l'esito del processo hanno distrutto quattro o cinque famiglie e fatto morire un sacerdote che aveva avuto il torto di istituire un centro per il ricovero degli immigrati non in sintonia con quello delle giunte e delle Asl che governavano il suo territorio.
Grazie davvero. Loro in fondo hanno rischiato e rischiano poco. Una pessima figura semmai fa la teoria del "disvelamento progressivo" e gli imbecilli che se ne servono. Forse occorrerebbe un progressivo disvelarsi della loro incapacità e una serena seduta di autocoscienza che li conduca all'unica possibile redenzione: quella di dedicarsi ad attività meno lesive della persona. L'apicoltura, per esempio, o la raccolta di rifiuti. O basterebbe solo che smettessero di convocarli nelle aule di giustizia. In nome di tutto quel disastro di cui sono corresponsabili.

"La sentenza"

di Giulio Isola ("Avvenire", 12 luglio 2001)

In primo grado il sacerdote modenese fu assolto dall'accusa di pedofilia. Ma morì prima, di crepacuore
Don Govoni, riabilitazione piena
L'appello scagiona anche gli altri imputati che erano stati accusati con lui Condanne solo per persone legate a un altro filone

Bologna. È come se don Giorgio Govoni fosse stato assolto di nuovo. La sentenza di primo grado lo scagionò, ma era troppo tardi. Il sacerdote modenese non fece in tempo ad ascolatare quel verdetto che lo mandava assolto dalla terribile accusa di pedofilia, era morto di crepacuore alla vigilia della sentenza nello studio del suo legale. Ora, la sentenza di appello, emessa ieri pomeriggio dalla Corte di Appello di Bologna, ha decretato l'assoluzione anche di altri 8 imputati, proprio quelli che erano stati, all'inizio, ritenuti colpevoli in concorso col sacerdote.
La Corte dopo nove ore di camera di consiglio ha confermato, o ridotto, le condanne per soli 7 dei 15 imputati. I fatti a loro addebitati si riferiscono però ad abusi verificatisi all'interno delle mura domestiche, in due comuni della Bassa Modenese, Massa Finalese e Finale, e Gonzaga (nel Mantovano). Mentre gli altri 8, ora assolti, erano stati accusati di aver compiuto le loro presunte nefandezze all'interno del cimitero, ed era proprio nell'ambito di questo secondo filone dell'inchiesta - ora smontato - che era stato coinvolto in un primo momento il sacerdote.
I fatti sottoposti a giudizio per la seconda volta risalgono agli anni 1996-'97 e '98 e avevano per oggetto abusi, o presunti tali, compiuti nei confronti di 13 bambini - il più piccolo di appena quattro mesi, il più grande di 13 anni - da parte di genitori, zii, nonni, una maestra. Nonché di don Giorgio, sempre proclamatosi innocente.
La sentenza che il sacerdote non riuscì ad ascoltare aveva registrato 15 condanne a pene variabili tra i 2 e i 19 anni. I legali di don Govoni, per riabilitarne la memoria, avevano avevano chiesto comunque un giudizio d'appello per lui (nel merito, non solo per «morte del reo») che la Corte però aveva respinto. La sentenza di ieri facendo cadere l'ipotesi di un giro di pedofilia nei cimiteri che avrebbe visto - secondo la tesi iniziale dell'accusa - coinvolto lo stesso sacerdote riabilita di fatto, definitivamente, la figura di don Giorgio.
Il processo d'appello sui fatti di pedofilia nella Bassa Modenese si è chiuso ieri dopo cinque udienze. Per don Giorgio Govoni, parroco di S.Giorgio, nella Bassa, il pm di primo grado aveva chiesto invece la condanna a 14 anni. «Era innocente, era amato da tutti nel circondario, reggeva due parocchie, assisteva la madre novantenne (che vive ancora, ndr)», ha dichiarato dopo la sentenza la donna che ha avuto per un certo periodo in affidamento il bambino di 3 anni da cui è nata tutta l'inchiesta.
A don Giorgio la Chiesa modenese ha sempre confermato sostegno e fiducia. E ora «se mancano i reati a lui inizialmente addebitati - diceva ieri fra il pubblico un'altra signora che da don Giorgio era stata sposata - non c'è neppure chi organizzava queste violenze. Spero che questa sentenza possa riabilitarlo».

"Don Govoni innocente in paese campane a festa"

di Quinto Cappelli ("Avvenire", 13 luglio 2001)

RIABILITAZIONE
Soddisfatti la Curia di Modena e i parrocchiani

MODENA. Per la sentenza della Corte d'appello di Bologna sulla vicenda del giro di pedofili della Bassa modenese, che di fatto ha riabilitato don Giorgio Govoni, la Curia di Modena ha espresso «soddisfazione», condivisa dalla sua gente, che ieri per un'ora ha suonato le campane a festa. Il parroco di San Biagio di Mirandola, per il quale era stata chiesta una condanna a 14 anni, morì d'infarto durante il processo di primo .
gradoPer quanto riguarda don Govoni, «la sentenza - si legge nella nota della Curia di Modena - è la conferma della convinzione, nostra e della gente della Bassa, sulla sua assoluta innocenza; una convinzione derivante dalla quotidiana comunione di vita». Secondo la Curia modenese «la sentenza non risarcisce certamente il danno materiale e morale subito dal sacerdote, dalla famiglia e dalla comunità cristiana. Dà però soddisfazione a chi dissente dalla prima decisione e nutre perplessità per i metodi usati».
Attendiamo di conoscere le motivazioni della sentenza - conclude la nota della Curia modenese - per ulteriori riflessioni ed eventuali altri passi».
Anche se prudente, aggiunge Pierfrancesco Rossi, l'avvocato difensore di don Govoni: «Bisogna essere sereni ed equilibrati nei giudizi. Occorre perciò commentare la sentenza quando saranno rese note le motivazioni, cioè fra 90 giorni. Però, dalla lettura del dispositivo della sentenza, che assolve tutti i coimputati di don Giorgio Govoni perché il fatto non sussiste, si deduce che i magistrati hanno ritenuto che quei fatti non sono mai successi.
Questo si commenta da sé. Su come i bambini siano arrivati alle dichiarazioni sulle riunioni nei cimiteri, bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza. È chiaro - conclude l'avvocato Rossi - che a questo punto sorgono forti dubbi, perché, se questi fatti non sono mai successi, da qualche parte c'è stato qualcosa di non chiaro».
Più esplicito il parere del ministro per i rapporti col Parlamento Carlo Giovanardi, che sostiene: «Ora bisogna capire attraverso quali condizionamenti i bambini sono stati portati a raccontare episodi inverosimili». Positivo anche il commento dei familiari. «La sentenza - sostiene il fratello del sacerdote, Giulio Govoni - mi rimette sulla via per credere alla giustizia».
Portavoce dei sacerdoti si fa don Enore Puviani, già vicario della Bassa modenese: «Abbiamo vinto una tappa, ma resta ancora molta strada da fare per riabilitare in pieno don Giorgio, massacrato da accuse false». Grande soddisfazione è espressa anche dai parrocchiani di San Biagio di Mirandola.
Ora don Giorgio - commenta una donna - dal cielo ci seguirà tutti i momenti della nostra vita. Ma sentiamo la sua mancanza». E un'altra signora: «La sua porta era sempre aperta a tutti. Ora, invece, la porta di San Biagio è sempre chiusa». In mezzo a un capannello di uomini, qualcuno solleva un dubbio: «A che serve assolverlo, quando lo si è fatto morire di crepacuore?».


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