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Testimoni di Geova: già e non ancora

di Agostino Clerici (Il Settimanale della Diocesi di Como, anno XXVI, 29 giugno 2002, p. 7)

Bussano alla nostra porta, vogliono parlare con noi di Geova, ci portano le loro riviste. I Testimoni di Geova sono una realtà religiosa per così dire familiare, che crediamo di conoscere quel tanto che basta per non perdere il nostro tempo con loro. Opuscoli e libri sul tema del rapporto tra cattolici e Testimoni di Geova sono assai numerosi. Il taglio può variare dall’apologetico al comparativo. Chi ha accettato il dialogo con i "proclamatori" geovisti, a partire da una buona preparazione biblica e teologica, sa che difficilmente incontrerà le stesse persone una seconda volta... Eppure anche questa è opera di evangelizzazione che potrebbe dare a suo tempo un frutto inatteso (soprattutto se il dialogo viene attuato in modo fermo sui principi ma con grande apertura e senza acrimonia nei confronti delle persone).

Il libro che vogliamo presentare non fa parte, però, di questa pubblicistica e si situa su un piano di ricerca scientifica e sociologica, così come è nell’intento della pregevole collana in cui è inserito, Religioni e movimenti della casa editrice torinese Elledici. La prima serie - iniziata nel 1997 - ha visto la pubblicazione di venticinque volumetti, mentre la seconda serie si compone per ora di sei testi, l’ultimo dei quali raccoglie appunto il pluriennale lavoro di ricerca del direttore della collana stessa, il prof. Massimo Introvigne, grande esperto del pluralismo religioso internazionale che non ha bisogno di particolari presentazioni.

Il movimento religioso dei Testimoni di Geova - nato negli Stati Uniti nella seconda metà del diciannovesimo secolo - viene osservato nella sua crescita internazionale (5.587.003 proclamatori nel 2000, oltre 1 milione e 700 mila in più rispetto a dieci anni prima), nella sua storia, nei suoi contenuti dottrinali (una sintesi davvero utile, condensata in poche pagine) e nella sua organizzazione interna.

Abbiamo raggiunto il prof. Introvigne nello Utah, durante uno dei suoi frequenti viaggi negli Stati Uniti, e gli abbiamo rivolto alcune domande, cui ha prontamente e gentilmente risposto.

Prof. Introvigne, i Testimoni di Geova sono per il cattolico medio italiano sinonimo di "setta". Eppure essi rappresentano la religione alternativa al cristianesimo numericamente più forte sul territorio nazionale...

"Tutto sta a intendersi sul termine "setta". Nel senso originario della sociologia tedesca, di gruppo dove dominano i convertiti rispetto a coloro che sono nati nel movimento, l’espressione "setta" si adatta sempre meno bene ai Testimoni di Geova, dove i membri di seconda (e terza...) generazione sono sempre più numerosi. In altri sensi, l’etichetta "setta" non ha contenuto informativo: è semplicemente polemica e mostra solo che i Testimoni di Geova sono ancora in un certo stato di tensione con settori della società italiana (per esempio, con la Chiesa cattolica)".

La fine del mondo annunciata più volte e mai avvenuta: questo è uno dei luoghi comuni più conosciuti dei Testimoni di Geova. Che cosa c’è di vero? E i Testimoni di Geova annunciano ancora una data per la fine del mondo?

"Nel 1995 i Testimoni di Geova hanno formalmente rinunciato ad annunciare date per la fine del mondo. Si tratta di una svolta fondamentale che ha determinato una serie di modifiche psicologiche e sociologiche di grande importanza. In precedenza avevano circolato - a vari livelli di "ufficialità" - diverse date. Sugli effetti delle previsioni smentite sulla crescita del movimento le opinioni in campo sociologico sono divergenti: alcuni pensano che gli annunci profetici e il desiderio di giustificarli ex post abbiano avuto anche effetti positivi, altri sottolineano la perdita di membri dopo ogni annuncio profetico smentito dai fatti".

Il "porta a porta" sembra essere lo strumento di missione privilegiato dai Testimoni di Geova, ma qual è l’indice reale di successo di questa pratica nel contesto dell’attuale società postmoderna segnata dall’individualismo?

"Il "porta a porta" ha una grande funzione interna di rafforzamento dell’identità dei membri. Quanto al successo esterno in termini di conversione, le statistiche mostrano che non va sopravvalutato e che molte conversioni avvengono ora attraverso le reti di relazioni interpersonali e non il "porta a porta"".

Ci può spiegare in due parole in che cosa consiste il fondamentalismo dei Testimoni di Geova?

"Personalmente, ho qualche dubbio sull’estensione ormai quasi universale del termine "fondamentalismo" al di fuori dell’ambito protestante di origine e delle prime analogie (come quella nell’islam). I Testimoni di Geova non sono protestanti. In comune con i fondamentalisti hanno un’interpretazione rigorosa delle prescrizioni morali e un generale conservatorismo dottrinale. La sociologia contemporanea tende a vedere in questi aspetti fattori di successo, in quanto esiste una diffusa "domanda di conservatorismo" nelle società moderne e postmoderne".

Nell’ottica di un riconoscimento del gruppo ai fini del beneficio dell’otto per mille delle tasse, si è forse modificata la modalità di rapporto con il mondo in generale e con lo Stato in particolare da parte dei Testimoni di Geova?

"I Testimoni di Geova, comunque, accetterebbero l’otto per mille solo di chi li sceglie esplicitamente, senza partecipare alla ripartizione dell’otto per mille di chi non compie alcuna scelta. Questo premesso, è vero che il problema dell’Intesa è di solito impostato come riconoscimento dei Testimoni di Geova da parte dello Stato (riconoscimento, aggiungo, già peraltro avvenuto in altre forme); mentre - come Lei dice - si tratta anche di una svolta interessante in termini di riconoscimento dello Stato da parte dei Testimoni di Geova".

Il Gesù Cristo dei Testimoni di Geova dà loro il permesso di chiamarsi "cristiani", oppure ci troviamo di fronte ad una religione in cui non c’è spazio per l’incarnazione e la redenzione?

"Il termine "cristiano" non è un marchio depositato, e su questi temi - con riferimento non solo ai Testimoni di Geova - gli studiosi di scienze sociali (ed è questo il taglio del mio libro) tendono a rimanere fuori da controversie terminologiche che hanno carattere piuttosto apologetico. È chiaro che la dottrina dei Testimoni di Geova è così irriducibilmente lontana da quella cattolica da non potersi neppure ipotizzare denominatori o categorie comuni che le comprendano entrambe. In altri ambiti - soprattutto protestanti liberali, o anche semplicemente storico-scientifici - il termine "cristiano" è usato in modo inclusivo, e certamente comprende (in questo uso) anche i Testimoni di Geova".

Da ultimo: secondo lei lo sviluppo futuro dei Testimoni di Geova va nell’ottica di una evoluzione o di una involuzione?

"Credo che la svolta del 1995 in tema di date profetiche apra la strada a una serie profonda di modifiche nel senso di una "routinizzazione del carisma" e di un maggiore adattamento alla società circostante, con conseguente riduzione delle tensioni. Resta da vedere se questo adattamento sarà compatibile con ritmi di crescita mondiale paragonabili a quelli di decenni precedenti: in fondo, un certo livello di tensione ha accompagnato per i Testimoni di Geova una grande espansione sul piano del numero di membri (per quanto in Italia negli ultimi anni il ritmo di crescita si sia molto ridotto)".

Nuovo volume della collana "Religioni e Movimenti":
Massimo Introvigne
I Testimoni di Geova: già e non ancora
Elledici, Leumann (Torino) 2002

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