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CAMERA DEI DEPUTATI - XIV LEGISLATURA
Resoconto della I Commissione permanente
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

I Commissione - Resoconto di martedì 23 novembre 2004

Libertà religiosa e culti ammessi.
C. 2531 Governo, C. 1576 Spini e C. 1902 Molinari.

(Seguito dell'esame e rinvio).

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La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, il 4 maggio 2004.

Donato BRUNO, presidente, ringrazia il Ministro dell'interno, on. Pisanu, per avere aderito alla richiesta di intervenire nella seduta odierna sui progetti di legge in materia di libertà religiosa per il cui esame, a seguito del rinvio in Commissione deliberato dall'Assemblea nella seduta del 24 giugno 2003, è stato costituito un Comitato ristretto. A tale proposito, al fine di consentire a tutti i gruppi di intervenire, senza tuttavia sottrarre tempi alla successiva audizione sullo stato della criminalità a Napoli, prevista per le ore 15, fa presente che, dopo l'intervento del Ministro dell'interno, a ciascun gruppo sarà assegnato un tempo di cinque minuti, così da consentire al Ministro Pisanu di intervenire brevemente anche in sede di replica.

Il Ministro Giuseppe PISANU, rileva preliminarmente che la libertà religiosa è uno dei pilastri sui cui si basano i moderni regimi democratici e che la Costituzione italiana dedica a questo tema articoli di grande respiro, nei quali si riflette in maniera evidente la superiore capacità di mediazione che ispirò i protagonisti del dibattito costituente. Ciò significa che moderazione, realismo e spirito unitario sono assolutamente necessari quando si interviene su normative di attuazione costituzionale, come è appunto quella ora in discussione. In proposito, è evidente come

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occorra rimediare ad un lungo ritardo e completare finalmente la disciplina dei culti diversi da quello cattolico che è venuta via via delineandosi con le intese siglate da vent'anni a questa parte. Ricorda di aver valutato con favore il testo del disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri, ritenendolo idoneo a consentire il superamento della vecchia normativa sui «culti ammessi» e a creare un quadro certo di norme di principio per le confessioni prive di intesa con lo Stato italiano. Rileva in proposito che tale quadro appare tanto più necessario se si considera che l'intesa non rappresenta un diritto, perché essa può essere solo il frutto di un accordo al quale lo Stato accede se e quando valuta che lo statuto della confessione religiosa sia conforme all'ordinamento giuridico e ai diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. È peraltro di tutta evidenza che un tale provvedimento, che è destinato alle confessioni religiose prive dell' intesa prevista dall'articolo 8 della Costituzione, chiama direttamente in causa la questione islamica. In proposito, ricorda come sia la mancanza di un'organizzazione che indichi con certezza un organo esponenziale della collettività dei musulmani d'Italia a non consentire la stipulazione dell'intesa tra lo Stato e questa confessione religiosa. Naturalmente non è l'unico caso, ma è certamente il più rilevante: in primo luogo, per il crescente numero di musulmani presenti in Italia; in secondo luogo, per il rischio terrorismo o, meglio, come ha già cercato più volte di chiarire, per i rischi che derivano dalla scelta del terrorismo internazionale di strumentalizzare l'islam a fini di proselitismo e di lotta politica violenta per la conquista del potere. Contro il terrorismo di matrice islamica il nostro sistema di sicurezza opera ormai da tempo, secondo strategie che vengono aggiornate continuamente in base all'evoluzione della minaccia, sviluppando al massimo la cooperazione di intelligence e di polizia nell'Unione Europea e nelle competenti sedi internazionali. Va a tale proposito sottolineato che, ove si ravvisasse la necessità di nuovi strumenti legislativi contro il terrorismo internazionale, occorrerebbe affrontare specificamente la questione al fine di individuare le soluzioni più efficaci e coerenti con il nostro ordinamento giuridico e costituzionale. Sono queste le ragioni che conducono ad escludere che una legge sulla libertà religiosa possa essere la sede idonea per affrontare tale problema. Una moderna democrazia, uno stato di diritto deve saper garantire, al tempo stesso, libertà e sicurezza; e se è vero che non può esservi libertà senza sicurezza, è altrettanto vero che occorre grandissima prudenza nel pagare in termini di libertà ciò che si vorrebbe acquisire in termini di scurezza. Da questo punto di vista, risulta chiaro cosa ci si debba aspettare da una legge che - in un sistema concordatario come quello italiano - detti norme sull'esercizio della libertà religiosa per gli appartenenti a confessioni diverse dalla cattolica che non abbiano concluso l'intesa con lo Stato italiano. Ci si deve aspettare l'individuazione di un insieme di principi e regole per i comportamenti individuali e collettivi nei quali si esprime la coscienza dei singoli in materia religiosa, che siano al tempo stesso coerenti con i valori della Costituzione italiana e con le convenzioni internazionali. Il provvedimento all'esame della Commissione dovrà peraltro consentire allo stesso dicastero dell'interno, che svolge anche una complessa e delicata attività amministrativa riguardante le libertà civili e i problemi dell'immigrazione, di aumentare la sua conoscenza e comprensione dei fenomeni connessi all'integrazione sociale della stragrande maggioranza degli immigrati islamici che vengono nel nostro Paese solo per lavorare, nel rispetto delle nostre leggi e dei nostri valori. Richiama in proposito la relazione del deputato Bondi che, rifacendosi alla dichiarazione conciliare «Dignitatis humanae», aveva ricordato la necessità di superare la dimensione della mera tolleranza nell'approccio al tema della libertà religiosa. E se in tema di libertà religiosa ciò significa riconoscere il diritto all'esercizio del culto, in materia di immigrazione ciò significa integrazione senza assimilazione

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e reciproco rispetto tra le diverse identità. L'integrazione sociale dell'islam moderato è, nel medio-lungo periodo, una delle armi più potenti per sconfiggere il terrorismo. In questa battaglia i musulmani pacifici sono nostri alleati naturali: occorre quindi creare le condizioni più favorevoli al consolidarsi di un islam italiano, di una comunità non chiusa in se stessa e potenzialmente ostile, ma, al contrario, aperta al dialogo, sia con le istituzioni pubbliche, centrali e locali, sia con le altre confessioni religiose. In questo senso fa presente di essersi adoperato durante il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, proponendo quella Carta per il dialogo interreligioso che prima è stata adottata dai Capi di Stato e di Governo dell"Unione, poi inclusa nel Piano d'azione per la lotta al terrorismo e, più di recente, nella Dichiarazione congiunta sul terrorismo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America. Ritiene sia questa l'ampia prospettiva da cui guardare al provvedimento all'esame della Commissione, tenendo conto della valorizzazione delle diversità culturali e religiose e procedendo con prudenza, ma senza cedere alla pur comprensibile paura del nuovo. Una legge sulla libertà religiosa che cedesse su questo terreno o, per converso, perdesse di vista la tutela dei valori fondamentali della nostra comunità nazionale, negherebbe se stessa. Ritiene, tuttavia, che le disposizioni recate dal provvedimento offrano sufficienti garanzie nei confronti di questo duplice rischio. Va peraltro segnalata la sussistenza di talune ridondanze espressive nel testo, tali da pregiudicare l'interpretazione e la corretta applicazione delle norme, tenendo conto anche del fatto che le stesse sono pur sempre rivolte a tutte le confessioni religiose prive di intesa, e non solo a quella musulmana.

Marcello PACINI (FI), rammaricandosi per la difficoltà di svolgere nella sede parlamentare quegli approfondimenti che talune materie pur necessiterebbero, e per la pari difficoltà, per la stessa maggioranza parlamentare, di interloquire con il Governo, reputa opportuno, attesa la partecipazione del Ministro ai lavori della Commissione, svolgere talune considerazioni in merito al disegno di legge in esame e manifestare alcune perplessità, anche con riferimento all'intervento testé svolto dal rappresentante del Governo. In particolare, facendo presente che, ove il medesimo disegno di legge fosse stato presentato prima che si verificassero i noti avvenimenti dell'11 settembre del 2001, esso avrebbe trovato, forse incautamente, il suo consenso, invita il Ministro ed i membri della Commissione a meditare sul fatto che, per quanto sia necessario che i rapporti tra il nostro Paese ed il mondo islamico siano pacifici e costruttivi, non sembra possibile configurare l'Islam come un'unica confessione religiosa. Rilevando infatti che al suo interno appaiono ravvisabili varie componenti, in concorrenza tra loro, che, anche a livello teologico, appaiono assurgere a vere e proprie confessioni religiose, reputa opportuno, nelle politiche di integrazione, individuare taluni accorgimenti giuridici che consentano di dar vita ad un sistema imperniato sulla pluralità di intese piuttosto che su di un'unica intesa con il mondo islamico. D'altro lato, sottolinea l'urgenza di individuare strumenti che consentano di prevenire l'intessersi di rapporti tra Islam e terrorismo, anche alla luce del rilievo che i musulmani residenti in Italia possono beneficiare di libertà maggiori di quelle loro attribuite nei paesi di provenienza. Infine, reputa opportuno pervenire alla stesura di un testo che consenta di conciliare le due tensioni ideologiche che da sempre convivono nel nostro paese, quella di ispirazione illuministico cosmopolita, che sembra riconoscersi nell'impostazione seguita dal disegno di legge all'esame della Commissione, e quella di matrice cattolico liberale, più attenta alle esigenze dell'identità locale e del radicamento sul territorio e inevitabilmente ostile a talune delle istanze presenti nel provvedimento.

Federico BRICOLO (LNFP), nel ribadire la contrarietà del suo gruppo rispetto al contenuto del disegno di legge all'esame della Commissione, fa presente che l'intervento

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testé svolto dal Ministro sembra averla ulteriormente radicata. In proposito, ricorda come l'adozione di un provvedimento in materia di libertà religiosa non figuri nel programma di governo della Casa delle Libertà, e valuta che esso non incontrerebbe il favore dei cittadini italiani apparendo, inoltre, in contrasto con i principi del nostro ordinamento. Rileva quindi che il provvedimento, oltre che errato nel merito, sembra essere altresì pericoloso, poiché inevitabilmente foriero di radicali mutamenti nel nostro sistema, come la recezione delle istanze, diverse dalle nostre, di cui è portatore il mondo islamico, con effetti di notevole portata sull'ordinamento scolastico, della famiglia e sull'organizzazione del lavoro. Ricorda, quindi, che nelle comunità islamiche appare radicata una notevole intransigenza religiosa e che più volte il Ministro è stato chiamato ad intervenire, senza peraltro adottare provvedimenti drastici e severi, a fronte della provata predicazione eversiva in talune moschee. Fa quindi presente che un siffatto disegno di legge sembra essere invocato esclusivamente dai gruppi del centro-sinistra, dai massoni e dalle comunità islamiche, a torto definite come moderate dal Ministro, atteso che da esse non è mai stata denunciata l'attività sovversiva degli Imam che nelle moschee incitavano alla violenza ed all'intolleranza. Ribadendo, quindi, che manca una maggioranza che sostenga in modo compatto il provvedimento e che esso è estraneo al programma elettorale del Governo, rileva l'opportunità di aprire un confronto sul tema all'interno dello schieramento di maggioranza ed invita il Governo a ritirare il disegno di legge.

Donato BRUNO, presidente, fa presente che sono all'esame della Commissione una pluralità di progetti di legge e che la Commissione deve concluderne l'esame nei tempi stabiliti in sede di programmazione dei lavori dell'Assemblea.

Elena MONTECCHI (DS-U), nel replicare al deputato Bricolo, ricorda che il regolamento della Camera dei deputati riconosce ai gruppi di opposizione la possibilità di indicare una «quota» di argomenti da inserire nel programma e nel calendario dei lavori dell'Assemblea, a prescindere dal fatto che il loro esame sia contenuto nel programma elettorale della maggioranza. Rileva quindi che, per quanto l'intervento svolto dal Ministro dell'interno abbia confermato l'impegno del suo dicastero in materia, una divisione all'interno della maggioranza appare di tutta evidenza e che essa, anche ove al testo fossero apportati gli opportuni correttivi, volti, in particolare, ad eliminarne le ridondanze, appare difficilmente superabile. Rammaricandosi del fatto che i dissensi testé emersi sembrano essenzialmente derivare da una immagine distorta del fenomeno dell'immigrazione e delle abitudini di vita degli immigrati, sottolinea l'indifferibilità di un provvedimento che definisca le forme con le quali procedere all'integrazione degli immigrati nel nostro Paese, con particolare riferimento, tra l'altro, alla disciplina dello status dei minori nati in Italia da genitori extra-comunitari e dei matrimoni misti. Pur nutrendo perplessità circa l'effettiva volontà della maggioranza e del Governo di varare il provvedimento in esame nel corso della legislatura, invita il Ministro a fornire chiarimenti circa l'intenzione dell'esecutivo di proseguire i lavori del Tavolo istituito nel 1997 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri allo scopo di giungere ad un'intesa con il sistema variegato delle comunità islamiche. Invita quindi il Ministro a precisare se il Governo abbia o meno l'intenzione di intrattenere rapporti privilegiati e di stipulare accordi bilaterali con Paesi a forte tasso emigratorio ma con un ordinamento legislativo avanzato, quali il Marocco, la Tunisia e l'Egitto, al fine di evitare che nelle nostre periferie possano verificarsi, nell'ambito delle comunità islamiche, situazioni non più tollerate in questi Stati di provenienza, ove si stanno compiendo notevoli passi in avanti verso la laicizzazione del sistema giuridico. Ritiene che il tema della libertà religiosa debba essere affrontato tenendo prioritariamente conto dell'esigenza di salvaguardia dei diritti

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dei singoli individui. Fa presente in proposito, a titolo di esempio, che occorre porre rimedio al fatto che numerose bambine e ragazze, figlie di genitori di religione islamica molto osservanti, e che frequentano scuole italiane, si vedono impedite, con l'avallo del personale medico, dal seguire le lezioni di educazione fisica. Rileva come tale questione sarebbe facilmente superabile ove si seguisse la via della concertazione, della negoziazione, consentendo, ad esempio, di svolgere le suddette lezioni opportunamente coperte. Conclude rimarcando come il caso testé citato sia sintomatico dell'urgenza di procedere ad una rapida definizione dei diritti civili degli stranieri che risiedono nel nostro Paese.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), premesso che nella precedente legislatura il centro-sinistra, forse sbagliando, non aveva ritenuto di dover insistere, a fronte del forte ostruzionismo del gruppo Lega Nord, per l'approvazione di una proposta di legge di contenuto analogo a quella presentata dal governo attualmente in carica in materia di libertà religiosa, si augura che anche nella legislatura in corso non si debba rinunciare alla approvazione del provvedimento per la contrarietà di un solo gruppo parlamentare. Ricorda quindi che lo stesso Ministro dell'interno, all'inizio del 2003, in un incontro presso il Senato della Repubblica, aveva prefigurato la rapida approvazione, nel volgere di qualche mese, da parte della Camera dei deputati del provvedimento in titolo. Ad un anno e mezzo di distanza da allora, l'impegno assunto in quella sede non è stato ancora adempiuto ed è per tali motivi che si era già da tempo ravvisata l'opportunità di un intervento chiarificatore del Ministro dell'interno in Commissione. Il giudizio sulle considerazioni testé svolte dal Ministro non può che essere positivo, per l'equilibrio dimostrato, la ragionevolezza delle tesi prospettate e il riferimento ad alcune disposizioni recate dal testo che appaiono effettivamente ridondanti. È soprattutto condivisibile la ferma e netta distinzione operata dal Ministro dell'interno tra le finalità recate dalle proposte di legge in esame, che sono volte ad introdurre una disciplina attuativa di norme e principi costituzionali in materia di libertà religiosa, rispetto ad eventuali iniziative finalizzate alla lotta al terrorismo, che sono altrettanto importanti, ma devono, com'è logico che sia, essere esaminate nell'ambito di altri e autonomi interventi legislativi. Quanto all'opposizione manifestata dal gruppo Lega Nord al provvedimento in esame, ritiene che la netta contrarietà emersa in sede parlamentare sia contraddittoria con la circostanza che tra i cofirmatari del disegno di legge ci siano anche ministri appartenenti alla medesima compagine politica. Nella convinzione che nell'ambito della Casa delle Libertà la posizione della Lega Nord sia isolata o, quanto meno, molto minoritaria, si augura che il Governo sia in grado, convintamene, di non accettare quello che si presenta come un vero e proprio ricatto da parte di questa forza politica, atteso che sulle disposizioni recate dal provvedimento che, in quanto attuative del dettato costituzionale non erano giustamente ricomprese nel programma del governo in carica, sarebbe auspicabile perseguire la più ampia convergenza possibile in sede parlamentare.

Nuccio CARRARA (AN) ritiene, precisando di intervenire a titolo personale, che il provvedimento all'esame della Commissione, più che recare disposizioni attuative della Costituzione, si limiti a ribadire quanto la Costituzione stessa già enuncia con sufficiente chiarezza, ad esempio, all'articolo 19, che recita: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume». In questi termini non ravvisa l'utilità di un tale provvedimento, se non limitatamente alla eventuale definizione, che difetta invece nel testo in esame, dei casi in cui un rito possa essere, ad esempio, ritenuto contrario al buon costume. Chiede, pertanto, al

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Ministro di soffermarsi, nella sua replica, anche su tale aspetto.

Roberto ZACCARIA (MARGH-U) ritiene preliminarmente rilevante la circostanza che siano già due le legislature in cui è stata posta nell'agenda parlamentare la questione dell'attuazione dell'articolo 8 della Costituzione. Una tale attenzione attesta la consapevolezza della necessità di addivenire ad una disciplina attuativa in una materia, quale quella della libertà religiosa, in cui continuano ancora ad applicarsi normative antecedenti all'entrata in vigore della stessa Carta costituzionale. Quanto al merito del provvedimento, desidera sottoporre all'attenzione del Ministro le disposizioni recate dall'articolo 10 che, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla Commissione nel corso dell'esame in sede referente, recano una procedura relativa al riconoscimento dei ministri di culto, delle guide spirituali e dei soggetti equiparati, propedeutico al compimento di atti rilevanti per l'ordinamento giuridico italiano, che appare in contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione.

Il Ministro Giuseppe PISANU, precisa in primo luogo che, pur non essendo tra i cofirmatari del disegno di legge governativo all'esame della Commissione, ha votato a favore della sua approvazione in seno al Consiglio dei Ministri e continua a condividerne le finalità, proprio per il complesso delle ragioni già esposte nel suo intervento introduttivo, che sono pienamente coerenti sia con la relazione presentata all'Assemblea dall'on. Bondi, sia con la posizione espressa in merito da Forza Italia. È per questo che non può che confermare l'auspicio che la Commissione affari costituzionali e, successivamente, l'Assemblea proseguano nell'iter del provvedimento in titolo, augurandosi che su disposizioni attuative della Carta costituzionale il dibattito parlamentare possa condurre ad esiti che vadano oltre le divisioni politiche tra i gruppi. Con riferimento all'ambito applicativo delle disposizioni in esame, rileva come queste interessino direttamente circa il cinque per cento dei fedeli di religione islamica presenti in Italia, atteso che tale è la quota dei musulmani che frequentano le moschee e le scuole coraniche. Ma più che un astratto computo di destinatari, occorre sottolineare che il provvedimento incide anche sui costumi di vita, le tradizioni e, soprattutto, i diritti civili di migliaia di cittadini italiani che, anche per il solo fatto di aver contratto un matrimonio misto ed essere quindi esposti ad eventuali contese familiari in ordine all'affidamento dei figli, sono direttamente interessati all'introduzione di un'apposita disciplina normativa. Si tratta di fenomeni in costante crescita, anche alla luce del maggiore tasso di natalità della popolazione di cultura e religione islamica, a fronte dei quali il Governo è impegnato ad estendere, ad ambiti sempre maggiori, gli accordi già sottoscritti con alcuni paesi di religione islamica, soprattutto in materia di immigrazione clandestina. Nel sottolineare, comunque, che nell'ambito di applicazione del provvedimento in esame sono ricomprese tutte le confessioni religiose che non hanno stipulato un'intesa con lo Stato, fa presente che la sola circostanza che nell'ambito di tali religioni i fedeli musulmani rappresentino la maggioranza non deve indurre a dilatare capziosamente la portata delle sue disposizioni a tutti i fenomeni che l'Islam può di per sé evocare. Quanto alle questioni sollevate dal deputato Pacini, fa presente che il Ministro dell'interno non si è mai sottratto al confronto con il Parlamento e, con riferimento ai numerosi provvedimenti affrontati dalla Commissione affari costituzionali, ha sempre garantito la sua presenza e assicurato la più ampia collaborazione. Tiene peraltro a precisare che la sua attenzione ad un corretto rapporto tra il Governo e il Parlamento è testimoniata dall'elevato numero di atti di sindacato ispettivo ai quali il Ministro dell'interno e i sottosegretari hanno fornito risposta, che è di molto superiore all'ordinaria attività posta in essere dalla globalità degli altri dicasteri. Dichiara

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inoltre di non ritenere assolutamente praticabile la proposta di introdurre nel testo in esame disposizioni in grado di comprendere tutte le diverse realtà in cui si manifesta la complessa religiosità islamica presenti nel nostro paese, atteso che la strada da seguire rimane quella di riconoscere e favorire la nascita e lo sviluppo di un solo «islam italiano», partendo dall'assunto che la costituzione di una comunità islamica italiana non può prescindere dall'accettazione dei principi che sono posti a fondamento della società italiana. A queste condizioni e a meno che non ci si muova sulla base di insuperabili pregiudizi ideologici, nulla osta al prosieguo dell'iter del provvedimento, nel quadro del più ampio e civile confronto delle diverse posizioni politiche.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

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