CESNUR - center for studies on new religions

Il vero volto della resistenza in Irak

di Massimo Introvigne (il Giornale, 12 maggio 2004)

Una bomba a Kirkuk in un mercato curdo pieno di pacifici cittadini, quasi tutti musulmani, che comprano uova e verdura senza sapere di avere appuntamento con la morte. Ancora una volta la cosiddetta «resistenza» irakena mostra il suo volto di puro e semplice terrorismo. Ma i terroristi non colpiscono a caso.
L’Irak è uno Stato inventato dopo la Prima guerra mondiale dagli inglesi – maestri, come l’Africa insegna, nell’arte di creare nazioni tirando righe più o meno dritte sulle carte geografiche – mettendo insieme tre province dell’Impero Ottomano diverse per etnia e religione: un sud arabo sciita intorno a Bassora, un centro (allora) arabo sunnita con capoluogo Baghdad, e un nord curdo, non arabo per etnia e lingua, in maggioranza sunnita. L’emigrazione verso il centro e Baghdad di masse sciite ha rimescolato le carte, e dà oggi agli sciiti la virtuale certezza di prevalere in ogni ipotesi elettorale.
Restano i curdi, un popolo sparso tra la Turchia, la Siria, l’Irak e l’Iran, che da secoli sogna un Kurdistan indipendente. Non lo ha mai avuto, e non lo avrà neppure stavolta perché uno Stato curdo nel nord dell’Irak attirerebbe come una calamita i curdi turchi e iraniani causando un terremoto in Turchia e in Iran, due Paesi che si oppongono quindi con tutte le loro forze all’indipendenza curda e che con cui né gli Stati Uniti né la comunità internazionale possono rischiare un conflitto. Eppure i curdi hanno avuto qualche cosa di molto simile all’indipendenza per dodici anni. In un’ampia zona, che corrisponde quasi integralmente alle loro rivendicazioni territoriali, dove dal 1991 al 2003 la vigilanza americana impediva alle truppe di Saddam ogni interferenza diretta, i curdi si sono auto-governati. E lo hanno fatto bene, dotandosi di un governo incentrato su due partiti nazionalisti islamici, il Puk e il Kdp.
Contro questo governo Saddam – che non poteva giocare la carta militare – ha scelto la strategia dell’eversione, favorendo la nascita da varie piccole formazioni ultra-fondamentaliste di un unico soggetto terroristico: Ansar al-Islam. Parto difficile, riuscito solo grazie all’intervento di Osama bin Laden. Oggi Ansar al-Islam è un’organizzazione terroristica internazionale, che è stata coinvolta nell’attentato spagnolo dall’11 marzo e che, come l’inchiesta toscana conferma, recluta anche tra i musulmani italiani.
I curdi dell’Irak vogliono in cuor loro l’indipendenza, ma i loro leader li hanno convinti che questa non è politicamente possibile e che un’ampia autonomia in uno Stato federale è l’unico obiettivo realistico. A sua volta, la maggioranza sciita in Irak – a partire dal suo capo religioso Sistani – non vorrebbe l’autonomia e specifiche garanzie costituzionali per i curdi, ma si sta lentamente convincendo che si tratta dell’unica alternativa a un futuro di guerre civili. Uno storico compromesso non è mai stato così vicino, ma trova una pietra d’inciampo nella questione delle minoranze (arabe, turcomanne e cristiane) in Kurdistan e nel problema territoriale di Kirkuk, una città che con i dintorni produce il 25 per cento del petrolio irakeno e che è ormai un mosaico di etnie e religioni. Per i curdi è parte integrante del Kurdistan, per Sistani e per gli irakeni arabi in genere va considerata una città dell’Irak centrale. Anche qui si lavora seriamente a un compromesso, sotto forma di statuto autonomo per Kirkuk. E come sempre, quando si è vicini a soluzioni di pace, i terroristi rispondono con i morti.

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