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L'Irak e l'Unione Europea: "Quattro domande al Professore"

di Massimo Introvigne (il Giornale, 21 aprile 2004)

La stampa americana, anche quella che tifa Kerry, è molto preoccupata per le posizioni e le oscillazioni di Romano Prodi. Approva con entusiasmo il modo in cui Zapatero vuol far vedere agli iracheni come scappa uno spagnolo, poi si fa correggere dal portavoce che lo dichiara contrario al ritiro immediato delle truppe. Ieri condanna l’antisemitismo mascherato da antisionismo, oggi usa contro Israele toni da ultrà anti-imperialista. Le stesse oscillazioni, per la verità, si rimproverano al presidente dell’Honduras, ma – con tutto il rispetto – l’Europa e l’Italia preoccupano di più del simpatico paese centro-americano.
Gli americani, gli europei e gli italiani vorrebbero che Prodi rispondesse a quattro semplici domande. La prima è se è d’accordo sul fatto che la lotta contro il terrorismo è oggi la prima priorità della politica mondiale: ogni altro obiettivo – difendere il patto di stabilità europeo, compiacere Chirac e sì, perfino sbarazzarsi di Berlusconi – viene dopo. Se risponde di no, è per definizione inadatto a guidare non si dice l’Europa o l’Italia, ma anche l’Honduras. Se risponde di sì, non può eludere le altre domande.
Secondo: posto che tutti sanno che un Irak abbandonato dalle truppe occidentali non solo piomberebbe nel caos, con migliaia di morti, ma diventerebbe un immenso campo di addestramento per terroristi di tutte le risme, che cosa propone di fare Prodi sia oggi, sia se il 30 giugno le Nazioni Unite non avranno emanato una nuova risoluzione (che poi ripeterebbe le vecchie) e incrementato la loro presenza in Irak? Qui Prodi ha la noiosa abitudine di rispondere fischi per fiaschi. Continua a ripetere come un disco rotto che Bush sbagliò a fare la guerra. Questo è un buon tema da campagna elettorale, ma non risponde alla domanda. Kerry, per esempio, muove le stesse critiche a Bush, ma nello stesso tempo propone di mandare in Irak più truppe, non di ritirarle.
Terzo: Prodi condanna i terroristi irakeni uccisori di ostaggi e di missionari inermi, ma non fa mistero di contare per vincere le elezioni italiane sul contributo decisivo di Rifondazione Comunista. Al di là delle posizioni personali di Bertinotti, è pieno di esponenti di Rifondazione Comunista (e anche dei Comunisti Italiani) che inneggiano alla sedicente “resistenza”, cioè al terrorismo iracheno. Vuole Prodi dirci da subito se rifiuterà nella sua coalizione chiunque abbia simpatie o peggio contatti con il terrorismo?
Quarto: Prodi condanna Israele senza se e senza ma, ma sa perfettamente che la Palestina è uno dei crocevia del terrorismo internazionale, il quale non vuole la pace e anzi aumenta di intensità ogni volta che si parla di trattative. Vuole dirci cortesemente come si propone di combatterlo? Anche qui, sarebbe gradito che non rispondesse cambiando argomento, parlandoci dei torti di Israele o perfino di come nel 1948 tutto non andò come doveva in Palestina. La domanda è come fermare i terroristi oggi. Se non gli piace la risposta militare, ritiene almeno di poter agire sul piano finanziario? È disponibile a fermare gli aiuti europei – una materia che rientra direttamente nelle sue competenze – alle organizzazioni “umanitarie” palestinesi da cui, come sanno in Medio Oriente anche i bambini, i soldi passano in pochi giorni al terrorismo? Alle scuole, alle colonie, ai campi estivi che inneggiano al terrorismo suicida e preparano futuri terroristi? Per favore, non ci parli d’altro, e – per una volta – risponda.

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