CESNUR - center for studies on new religions

Il tradizionalismo. O la moderna, modernissima anti-Modernità

di PierLuigi Zoccatelli (il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 3, n. 40, 2 ottobre 2004)

img Qual è il legame che unisce lo storico dell’arte Ananda Kentish Coomaraswamy (1877-1947) e il fenomenologo delle religioni Mircea Eliade (1907-1986), l’iranista Seyyed Hossein Nasr (nato nel 1933) e lo shaykh della confraternita sufi Ahmadiyya Idrisîyya Shâdhilîyya in Italia, Felice (‘Abd al-Wahid) Pallavicini (1926-), lo “scrittore maledetto” Julius Evola (1898-1974) e il pensatore russo all’origine dell’ideologia «neo-eurasista» Alexander Dugin (nato nel 1962), per non fare che una breve lista di nomi più o meno noti, e senza minimamente pretendere che ciascuno di loro si riconosca in sintonia con gli altri personaggi citati?
Una risposta in chiave sociologica a questa domanda è possibile forse reperirla in quello che la sociologa statunitense Jane Williams-Hogan ha definito il «carisma del libro», ovvero quel fenomeno del tutto particolare, al tempo stesso universale e personale, per il quale l’individuo trova in un libro una risposta che si rivolge specificamente a lui. È un fenomeno universale poiché attira l’attenzione su un livello di realtà più profondo, che svolge una funzione unificatrice, e perché parla alle persone al di là delle loro culture di appartenenza; ed è personale in quanto invita ogni individuo a confrontarsi con la propria vita e con i propri bisogni.
Se la studiosa Williams-Hogan ha applicato questa categoria ai propri importanti studi dedicati al teologo, veggente e profeta del “nuovo cristianesimo” Emanuel Swedenborg (1688-1772), un caso saliente in tempi più recenti è probabilmente applicabile all’opera del pensatore franco-egiziano René Guénon (1886-1951), autentico spartiacque nel milieu esoterico-occultista del secolo XX. Il quale, appunto (a prescindere da alcune esperienze giovanili, che non inficiano il valore dell’osservazione, e alle quali tuttavia è volentieri riconoscibile un’influenza tutt’altro che secondaria nello sviluppo della sua dottrina), si guardò bene dal fondare un qualsivoglia movimento, organizzazione o sodalizio, ma il cui influsso derivato dal «carisma del libro» da lui esercitato - ossia dall’insieme, numerosissimo, dei suoi scritti - ha trovato un’eco in numerose personalità (solo alcune delle quali sopra menzionate, e a diverso titolo) che hanno ulteriormente elaborato tali idee. Personalità, del resto, che a volte hanno dato vita a vere e proprie genealogie e organizzazioni, confraternite sufi e logge massoniche, movimenti spirituali e istanze culturali, cattedre d’insegnamento universitario e laboratori politici, e così via. Fu cioè grazie al potere delle idee contenute nei libri di Guénon che alcune persone decisero spontaneamente di creare delle realtà che ne tramandassero - per così dire - il messaggio e di modellare su di esso la propria vita.
Un’occasione particolarmente utile per riflettere su tali coordinate viene fornita dalla recente pubblicazione del primo studio accademico dedicato alla posterità del padre fondatore di quella corrente nata all’interno dell’esoterismo che talora è nota con il nome di “tradizionalismo” o di “perennialismo” (definizioni, entrambe, cariche di un giudizio di valore che meriterebbe un ampio e ulteriore discorso).
Si tratta dell’opera di Mark Sedgwick, docente presso l’American University in Cairo, Against the Modern World: Traditionalism and the Secret Intellectual History of the Twentieth Century, uscito nel 2004 per i tipi dalla prestigiosa Oxford University Press. La pubblicazione di questo volume è inoltre importante perché testimonia una volta di più come lo studio dell’esoterismo - e delle correnti dell’esoterismo - abbia trovato una propria dignità accademica.
Inteso nelle sue due accezioni primarie di “conoscenza segreta” o di «tipo di conoscenza o esperienza che rimanda a un luogo, a un centro, e da qui, ai mezzi e alle tecniche destinate a raggiungere tale luogo» (la formula è dello storico dell’esoterismo Antoine Faivre), si tratta di una «forma di pensiero» (l’espressione è del sociologo Émile Poulat) che inizia a comparire nel momento stesso in cui in Occidente si opera una “rottura epistemologica” che conduce al sorgere di correnti esoteriche. Come periodizza Antoine Faivre, a «partire dal XV secolo, quando il pensiero ha iniziato ad adottare una sorta di aristotelismo formale e a rigettare nel contempo la credenza in una serie di rapporti che uniscono Dio, l’uomo e l’universo. Queste correnti, allora, si presenteranno come una reazione a questa rottura». Così, prosegue Faivre, «pensatori, umanisti, sapienti e filosofi si approprieranno di questo campo di riflessione diventato quasi vacante. È in questa categoria di reinterpretazione che troviamo i primi esoteristi, nel senso moderno del termine. Allora un intero corpo referenziale va a costituirsi progressivamente, a partire dai testi antichi e nuovi, sin dalla fine del XV secolo». In questo contesto, gli studiosi intendono oggi per esoterismo il revival dell’ermetismo e la cosiddetta “filosofia occulta”, l’alchimia, il paracelsianesimo e il rosicrucianesimo, la qabbalah cristiana, le correnti teosofiche e occultistiche, fino al più recente “tradizionalismo” o “perennialismo”, e oltre.

René Guénon, chiave di volta

L’esoterismo nella propria declinazione “tradizionalista” - o meglio, del “tradizionalismo guénoniano” - è l’oggetto specifico di Against the Modern World di Sedgwick, un’accurata opera di taglio storico in cui l’autore intende tracciare un profilo biografico-intellettuale di Guénon e della progenie che a lui si è ispirata (non esente da interpreti che hanno avanzato criteri per un’“ortodossia guénoniana”), letta nel suo insieme come una corrente, al pari di Guénon, essenzialmente anti-moderna, e che, nell’ottica di Sedgwick, emerge quale conseguenza del clima tardo-ottocentesco del milieu occultista francese. All’epoca, infatti, la progressiva perdita della fede nella capacità del cristianesimo di veicolare le verità religiose e spirituali da parte delle élite intellettuali progressiste condusse l’Occidente a “scoprire” i testi religiosi non occidentali e in genere le spiritualità orientali.
Nel delineare la storia del «movimento tradizionalista guénoniano», Sedgwick la segmenta suddividendo in tre fasi la vita di Guénon, in tre momenti la storia del tradizionalismo e ancora in tre princìpi-cardine gli elementi centrali della “filosofia tradizionalista”.
Quanto alla vita di René Guénon, essa è considerata in un primo momento “occultista”: è questa la fase nel corso della quale l’esoterista di Blois entra in rapporto con molte di quelle realtà tipiche dell’ambiente esoterico-occultista francese a cavallo dei secoli XIX e XX, e che - secondo Sedgwick - costituiranno una fonte privilegiata nella successiva elaborazione del pensiero “tradizionalista”. Segue poi un secondo momento di vicinanza al mondo cattolico dell’epoca, esemplificato dai rapporti inizialmente saldi con il filosofo Jacques Maritain (1882-1973) e con l’iconografo Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946), e in generale dalla collaborazione alla rivista Regnabit, fra il 1925 e il 1927. Infine il terzo momento, segnato dalla partenza di Guénon per Il Cairo, nel 1930, da dove non rientrerà mai più in Francia.
Riguardo agli elementi centrali della “filosofia tradizionalista”, essi sono la credenza nell’esistenza di una “filosofia perenne”, ovvero l’idea - già elaborata in epoca rinascimentale, e riemersa nell’Ottocento - che tutte le religioni condividano un’origine comune in una rivelazione primordiale; l’“inversione”, ovvero un’omnipervadente caratteristica della Modernità, che nell’ottica “tradizionalista” induce a ritenere che il mondo moderno vada interpretato nell’ottica del declino anziché del progresso; e l’iniziazione - finalizzata alla realizzazione spirituale o metafisica -, che già secondo Marcel Clavelle (1905-1988), intimo collaboratore di Guénon, più noto con lo pseudonimo, fra gli altri, di Jean Reyor rappresenta l’“idea centrale” dell’opera di Guénon.
A questo proposito, in A la suite de René Guénon... sur la route des Maîtres Maçons (Editions Traditionnelles, Parigi 1989) Reyor scrive: «L’essere che attualmente è un uomo può, in certe condizioni, raggiungere fin da questa vita lo stato spirituale che diverse tradizioni designano come lo “stato primordiale” o lo “stato edenico” (“piccoli misteri”), poi elevarsi agli stati superiori dell’essere e infine ottenere ciò che si può chiamare indifferentemente la “Liberazione” o lo stato di “Identità Suprema” (“grandi misteri”). La prima delle condizioni necessarie perché ciò avvenga - ammesso che l’uomo abbia in lui stesso le qualificazioni richieste - è l’iniziazione, cioè la trasmissione, per mezzo di riti appropriati, di un’influenza spirituale».

L’«unità delle religioni»

Infine, circa la tripartizione della storia del “tradizionalismo”, Sedgwick la suddivide in una prima fase conclusa dall’anno 1930 - appunto la data di partenza di Guénon per Il Cairo -, durante la quale Guénon sviluppa una “filosofia tradizionalista” redigendo vari articoli e libri, oltre che saldando i rapporti con una cerchia ristretta di lettori; un secondo periodo, caratterizzato dai tentativi da parte di alcuni ferventi ammiratori di Guénon di dare uno sbocco pratico alle istanze della “filosofia tradizionalista”, particolarmente in due contesti assai diversi fra loro quali sono l’ambito delle confraternite islamiche e le forme di rivolta costituite dal sorgere dei fascismi europei; e infine un terzo e ultimo momento, quello successivo agli anni Sessanta del 1900 durante il quale si assiste alla fusione parziale fra le diverse idee “tradizionaliste” nel contesto della cultura occidentale generale, nonché all’influsso del “tradizionalismo” su settori cospicui del mondo islamico, della Russia e di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est.
Va peraltro notato che, nel descrivere la seconda fase della storia del “tradizionalismo”, là dove tratta del tentativo d’innestare praticamente il guénonismo sulle confraternite islamiche, Sedgwick intrattiene felicemente il lettore con alcuni dei capitoli più informati di tutto questo suo libro, dedicando molte pagine alle controverse vicissitudini di Frithjof Schuon (1907-1998), shaykh della confraternita sufi Mariamîyya, il più importante diffusore del “perennialismo” nel mondo anglo-americano e accademico contemporaneo (sua è del resto la definizione, divenuta celebre, dell’«unità trascendente delle religioni»).
L’importante studio di Sedwick (non esente da errori di ricostruzione e di prospettiva, utilmente del resto corretti in un’apposita sezione del suo sito Internet, www.traditionalists.org, che costituisce pure una sorta di appendice online al libro, oltre che essere una miniera di preziose informazioni sul “tradizionalismo”) pone di fronte a quello che altro non è se non uno straordinario fenomeno carsico. Un fiume seminascosto che ha attraversato e che attraversa la storia del pensiero occidentale in epoca contemporanea, e che non riguarda “solamente” le scelte intellettuali di cerchie ristrette d’individualità isolate, ma che ha saputo dare vita alla socializzazione di una cultura basata su premesse anti-moderne, alimentando - forse suo malgrado - un movimento nell’accezione sociologica del termine, costituito da una complessa teoria di gruppi spesso discreti e nondimeno assai influenti nel panorama religioso e spirituale occidentale contemporaneo. Movimento, questo, che ha influenzato in maniera ben più cospicua di quanto a prima vista appaia gli studi religiosi dell’ambiente accademico (una specie di “vendetta” a posteriori, se si considera che, nel 1921, l’indologo Sylvain Lévi [1863-1935] rifiutò la tesi di dottorato di Guénon) e che ultimamente è entrato nel dibattito interno al mondo islamico (per esempio in Iran e in Turchia) circa il rapporto possibile fra Modernità e islam.
Conclusivamente, il «carisma del libro» insito nell’opera di Guénon, di cui il volume di Mark Sedgwick insegue con un qualche successo la posterità (un risultato che da solo giustifica questa fatica editoriale), si pone nel filone della dialettica complessa fra Modernità e anti-Modernità.
Così facendo, esso sembra capace di convincere molte intelligenze alla ricerca di verità e soprannaturale e che, grazie a Guénon, hanno l’impressione di ritrovarsi in modo più sicuro nella complessità di correnti e dottrine, tanto più che egli è il primo a trattare veramente dell’«unità trascendente delle religioni» in maniera circostanziata, sistematica e argomentata.

L’esoterismo allo specchio

René Guénon, peraltro, ha svolto questa sua funzione centrando le proprie concettualizzazioni sull’assunto dell“inversione” quale caratteristica peculiare della Modernità occidentale, in quanto tale percepita nel suo insieme (la cultura, la civilizzazione, la scienza moderna) come essenzialmente incompatibile con la Tradizione. Ciò che induce tuttavia a riflettere - senza la pretesa di avanzare una verità ultima su un fenomeno a proposito del quale ulteriori studi sono indispensabili - è il fatto che i modelli interpretativi - la “teologia della storia”, insomma - adottati da Guénon e dalla sua posterità, i quali si centrano ultimamente sull’idea dell’esistenza di una Tradizione primordiale rispetto alla quale la Modernità rappresenta una polarità inversa, risultano un portato della concezione di «philosophia perennis» (formula coniata nel 1540 dall’erudito vescovo, nonché bibliotecario della Vaticana, Agostino Steuco [1496-1549], appunto nell’opera De perenni philosophia, peraltro priva di tendenze eclettiche) che, in quanto tale, è essenzialmente marcata dallo spirito umanistico del Rinascimento.
Curioso, non vi è che dire, che un pensiero adottato da molte intelligenze quale “macchina da guerra” contro la Modernità, tragga in ultima analisi un’importante cifra della propria griglia interpretativa del reale dallo spirito umanistico rinascimentale. Nell’ottica “tradizionalista”, infatti (e, per molti altri versi, del tutto giustamente), questo spirito - riaffiorato in ambito esoterico sul finire del secolo XIX con idee affini elaborate dalla nascente Società Teosofica, contro la quale pure il “tradizionalismo guénoniano” ha da sempre ingaggiato una polemica senza quartiere - rappresenta l’inizio della fine della civiltà tradizionale d’Occidente. Forse, allora, il “tradizionalismo” è un tipo di anti-Modernità del tutto moderna.

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