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Marco Pasi, Aleister Crowley e la tentazione della politica,
Milano: FrancoAngeli 1999 (collana “Temi di Storia”), 224 pp. ISBN 88-464-1600-7

Recensione di PierLuigi Zoccatelli
(ARIES. Journal for the Study of Wester Esotericism, vol. 2, n. 2/2002, pp. 223-225)

imgSu Edward Alexander Crowley (Aleister Crowley, 1875-1947) – è un fatto – si continua a spendere, ormai da alcuni decenni (e la tendenza non pare, ragionevolmente, venire meno) una considerevole dose d’inchiostro. Non solo: l’incidenza di questo prolifico autore, personaggio e magista, ha da tempo travalicato i confini dell’interesse e dell’approfondimento letterario, sconfinando ampiamente in rimandi che dicono relazione alla trasmissione culturale tramite i canali della musica, della cinematografia, e di altre forme – fra l’altro – della comunicazione “artistica” contemporanea; sorta di “profezia che si autoadempie”, secondo l’ottica di Robert Merton.

È altresì vero, e a suo modo curioso, che anche l’adozione di questo soggetto come un campo di approfondimento sistematico, quale icona rappresentativa, del mondo cosiddetto “occultista” – che, vale la pena ricordarlo, presenta momenti di analogia i quali però non sempre coincidono con l’esperienza reperibile nelle correnti dell’esoterismo (in tal senso ci pare appropriata la distinzione operata da Jean-Pierre Laurant, il quale, illustrando l’origine dei sostantivi “esoterismo” e “occultismo”, li identifica come “falsi gemelli”) –, non coincida necessariamente, e verrebbe da dire malauguratamente, con uno studio e una produzione scientifica relativa ad ambienti moderni e contemporanei dello scenario occultista, che pure hanno generato socializzazioni organizzate del pensiero magico certamente non inferiori al lascito del profeta dell’eone di Horus (Crowley), sia quanto alla sofisticazione concettuale, alla produzione letteraria e alla solidità duratura dell’ambiente umano di riferimento (per non dire delle polemiche e divisioni interne ai rispettivi mondi; cifra apparentemente coessenziale a tali dinamiche). Pensiamo, per fare due esempi straordinariamente significativi di contesti assolutamente privi di approfondimento postumo di genere accademico, al deposito di Víctor Manuel Gómez Rodríguez (Samael Aun Weor, 1917-1977) e del suo “movimento gnostico”, e a quello di Ciro Formisano (Giuliano Kremmerz, 1861-1930) e dell’“ermetismo kremmerziano”.

Eppure, si sentiva il bisogno di uno studio serio e accurato su Aleister Crowley come quello di cui qui ci occupiamo, elaborato sulla base della tesi di laurea in Filosofia discussa dall’autore presso l’Università Statale di Milano nell’anno accademico 1993-1994 sotto la guida di Giorgio Galli, e pubblicato diversi anni dopo, anche sulla scorta di una lunga e complessa gestazione. Se ne sentiva il bisogno perché, come precisa Marco Pasi nella Introduzione, “solo recentemente, con il formarsi di un nuovo campo di ricerca per lo studio dei nuovi movimenti religiosi, si è cominciato a studiare l’autore, andando oltre il personaggio, con migliore metodo e maggiore attenzione. Ci si è accorti infatti che Crowley rappresenta una fonte fondamentale e apparentemente imprescindibile per tutta una serie di correnti della nuova religiosità, che vanno dal neopaganesimo al satanismo” (p. 19).

Peraltro, Aleister Crowley e la tentazione della politica ha il pregio di inserirsi nel solco degli studi eruditi o di ambito universitario su Crowley – pensiamo qui, fra gli altri, a John Symonds, The Beast 666. The Life of Aleister Crowley (London: Pindar Press 1997) e a Christian Bouchet, Aleister Crowley et le Mouvement Thélémite (Château-Thébaud: Les Editions du Chaos 1998) – non soffermandosi anzitutto sugli aspetti biografici del magista nato a Leamington in una devota famiglia di Plymouth Brethren, che pure sono puntualmente ripercorsi nel primo capitolo (“Una vita inqualificabile”, pp. 25-47), quanto invece muovendosi “in una direzione specifica della sua opera e del suo pensiero, ovvero il suo rapporto con la politica” (p. 20). Così, la ricerca di Marco Pasi è svolta “su due piani: quello degli eventi e dei fatti e quello delle idee” (p. 22).

Il livello di analisi concreto (la biografia) e quello analitico (le idee), permettono così all’autore di offrire l’ingrandimento di un segmento significativo del pensiero di Crowley, al punto che nell’ottica di una storia delle idee crowleyane “l’approccio con la politica – come ricorda Giorgio Galli nella Prefazione – getta una luce significativa” (p. 7). In cinque densi capitoli (oltre al primo già citato: “Politica magica”, pp. 48-99; “Amicizie pericolose”, pp. 100-136; “La Bocca dell’Inferno”, pp. 137-162; “Controiniziazione e complotto”, pp. 163-187; senza dimenticare le utili appendici documentali e bibliografiche, seguite dall’indice dei nomi) sono così inseguiti i molteplici fili del dipanarsi del “pensiero politico” di Crowley alla luce della “tentazione” per la politica del medesimo, anche attraverso la descrizione di talune frequentazioni con persone “che ebbero con lui un rapporto più o meno duraturo, e che soprattutto, in un modo o nell’altro, furono coinvolte nella politica del loro tempo” (p. 100): così il generale John Frederick Charles Fuller (1878-1966), il giornalista Thomas Driberg (1905-1976), il corrispondente da Mosca per il New York Times Walter Duranty (1883-1957), il multiforme Gerald Hamilton (1890-1970), l’agente di servizi Maxwell Knight (1900-1968), o Fernando Pessoa (1888-1935).

Ma contro semplificazioni che talora sono state avanzate, Marco Pasi mette in guardia opportunamente, negando la tesi per cui “il pensiero e la dottrina di Crowley siano intrinsecamente legati a una concezione politica di estrema destra o filonazista” (p. 188) e suggerendo invece una distinzione fra due fasi distinte nella vita del mago inglese – una prima “romantica” e una seconda “pragmatica” – la quale “ci offre una chiave per comprendere il senso del rapporto che Crowley ebbe con la politica e le motivazioni di alcuni suoi comportamenti che, in altro modo, potrebbero apparire soltanto stravaganti, dettati semplicemente da quel bisogno di ‘trasgressione’ che pure fu una caratteristica costante della sua vita” (p. 189).

A tal punto che il lettore non può terminare di compulsare questo pregevole volume senza chiedersi se in Aleister Crowley abbia prevalso la “tentazione della politica” o la “politica della tentazione”.

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