CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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FAQ sul lavaggio del cervello e la manipolazione mentale

Massimo Introvigne

In Italia si discute un progetto di legge che vuole punire le “pratiche di condizionamento della personalità”, in pratica la manipolazione mentale o lavaggio del cervello, con un’aggravante se queste pratiche sono poste in essere da gruppi che “sfruttano la dipendenza psicologica” delle persone, le cosiddette “sette”. È vero che la maggior parte degli specialisti accademici di “sette” o nuovi movimenti religiosi sono contrari?

Sì, la stragrande maggioranza. Un appello in questo senso è stato sottoscritto dai più noti specialisti italiani e dai presidenti o segretari delle maggiori organizzazioni internazionali che riuniscono i sociologi e gli storici delle religioni. Lo stesso era avvenuto in occasione dell’approvazione della legge francese del 2001, cui la normativa proposta in Italia per molti versi si ispira. Certo, esistono nel mondo accademico internazionale anche studiosi con posizioni diverse, ma sono un’esigua minoranza, anzi si contano sulle dita di una mano.

 

Perché si dovrebbe credere agli studiosi accademici e non alle “vittime delle sette”, che in gran numero si fanno sentire per appoggiare il progetto di legge?

Per cinque buoni motivi. (1) Le cosiddette “sette” funzionano come porte girevoli: molti entrano ma molti escono. Gli ex-membri di movimenti religiosi controversi sono milioni. Le centinaia o anche migliaia che protestano non costituiscono dunque un campione rappresentativo. Studi scientifici dimostrano che anche nei gruppi più discussi oltre l’85% degli ex-membri non assume una posizione militante ostile al movimento che ha lasciato, ma rifluisce semplicemente nella vita sociale ordinaria, riconoscendo quando è intervistato aspetti positivi e negativi della sua passata esperienza. (2) Il campione di coloro che protestano è auto-selezionato: sono solo loro, e non la grande maggioranza di ex-membri schierata su posizioni diverse, a farsi sentire, inviare E-mail, contattare parlamentari. (3) Peggio, il campione è selezionato da associazioni “anti-sette” che hanno una loro precisa agenda pregiudizialmente ostile ai gruppi da loro definiti “sette” in genere. (4) Nessuno si farebbe un’idea della Chiesa cattolica sentendo soltanto gli ex-preti che hanno lasciato il sacerdozio (o quella minoranza di ex-preti che protesta contro la Chiesa, perché anche in questo caso molti rifluiscono semplicemente nella vita sociale senza assumere atteggiamenti militanti), o di un senatore divorziato fidandosi solo dell’opinione della ex-moglie. (5) Anche nei casi – certamente esistenti – in cui le “vittime” riferiscono fedelmente abusi reali, non è detto che le loro opinioni su come contrastarli siano più autorevoli di quelli di esperti dotati delle necessarie competenze professionali. Una vittima del terrorismo merita certo simpatia, e può descrivere in modo fedele la sua sofferenza, ma non è necessariamente autorevole quando propone ricette anti-terrorismo.

 

Dunque ammettete l’esistenza di abusi e violenze reali, dai maghi truffatori alle Bestie di Satana? E di fronte a questi orrori, come non essere favorevoli a una legge contro le sette e la manipolazione mentale?

Li ammettiamo certamente. Nel caso delle Bestie di Satana o di truffatori televisivi siamo in presenza di reati ovvi, già previsti e puniti dal Codice penale: omicidi, violenze, truffe, circonvenzione. Infatti i tribunali hanno condannato i responsabili senza bisogno di una legge sulla manipolazione mentale. Anzi, sarebbe stato assai più difficile condannare le Bestie di Satana o questo o quel santone o mago televisivo truffatore con un’imputazione vaga di “condizionamento della personalità” che non per reati molto concreti e precisi come l’omicidio, la violenza carnale o la truffa. Che sia così lo prova l’esperienza straniera: ci sono più condanne di santoni, maghi e presunti “guru” colpevoli di reati comuni in Germania e Svizzera – dove non c’è una legge contro la manipolazione mentale, anzi commissioni nominate dai Parlamenti hanno raccomandato di non adottarla – che non in Francia e in Spagna, dove rispettivamente dal 2001 e dal 1994 sono state introdotte norme simili a quella che si vuole introdurre in Italia, ma le condanne sono state rarissime.

 

Se l’esperienza straniera dimostra che queste leggi non servono, perché dite nello stesso tempo che sono pericolose per la libertà religiosa?

Perché le leggi che creano reati vagamente definiti e su cui bravi avvocati e consulenti possono discutere all’infinito sono mine vaganti in balia del clima culturale dominante. Possono essere usate contro qualunque gruppo impopolare. Spesso sono forti con i deboli e deboli con i forti. In Spagna e in Francia sono state applicate contro gruppi piccolissimi e non in grado di permettersi grandi avvocati, mentre maghi a pagamento miliardari e gruppi più grandi e meglio difesi sono sfuggiti a ogni imputazione.

 

Ma le “sette” non sono religioni… Perché parlate di libertà religiosa?

La nozione di “setta” nasce nella sociologia delle religioni per identificare un gruppo religioso dove la maggioranza dei membri non è nata, ma vi ha aderito in età adulta. Secondo i sociologi che hanno usato per primi – fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento – questa nozione di “setta” il cristianesimo delle origini era una “setta”, che è poi diventata “Chiesa” dopo un paio di secoli. Come si vede, la nozione non comportava nessun giudizio di valore negativo. Oggi non è più così. “Setta” è nell’accezione comune un gruppo “pericoloso”. Ma la nozione è ambigua. Si può intendere come “setta pericolosa” un gruppo che commette reati previsti dal diritto comune (omicidi, truffe, violenze). Oppure si può dire che “setta” è chi diffonde idee e pratiche talmente assurde che soltanto tramite la “manipolazione mentale” qualcuno può davvero essere convinto all’adesione. Qui scatta il pericolo per la libertà religiosa, perché quali idee siano “assurde” può essere diversamente valutato a seconda dei pregiudizi ideologici di chi giudica. La proposta di legge parla di persuasione a compiere atti “gravemente pregiudizievoli”. Ma in base a quali criteri un atto è definito “pregiudizievole”? Per un laicista, l’atto della suora di Madre Teresa di Calcutta che rischia la vita per assistere un malato contagioso terminale in India, che morirà comunque, è certo “gravemente pregiudizievole”. E infatti non è mancata una letteratura che a suo tempo ha accusato Madre Teresa di praticare il “lavaggio del cervello”: come altrimenti avrebbe potuto convincere buone ragazze borghesi di New York o di Roma ad andare a pulire i malati terminali per le strade di Calcutta?

In verità la distinzione fra “sette” e “religioni” (o fra religioni “vere” e “pseudoreligioni”) è del tutto soggettiva. La Chiesa cattolica è spesso accusata di essere “una setta” da gruppi protestanti fondamentalisti… e viceversa.

 

Ma non tutti sono Madre Teresa: non è forse vero che c’è chi si proclama Dio Padre Onnipotente per estorcere milioni ai seguaci o violentarli?

Qui occorre una distinzione rigorosa, che va al cuore del tema della libertà di religione e di opinione. Se qualcuno truffa, ammazza o violenta le persone non può nascondersi dietro lo scudo della libertà religiosa per sfuggire alla puntuale applicazione delle leggi sulla truffa o sui diversi tipi di atti violenti. Queste leggi ci sono già. Chi vuole introdurre il reato di manipolazione mentale vuole colpire chi non truffa, violenta o uccide nessuno ma induce i suoi seguaci a credere a dottrine che i promotori della legge considerano tanto assurde da potere essere abbracciate solo a causa di un “lavaggio del cervello”. A queste dottrine – come altri fanno per altre che invece sono socialmente approvate – i seguaci doneranno importanti somme di denaro, gran parte del loro tempo o magari tutta la loro vita. Chi fino a ieri era un professionista o una studentessa da domani condurrà una vita monastica o missionaria in condizioni di grande disagio. Il problema è come decidere quali di queste scelte sono “assurde” – quindi spiegabili solo con il “lavaggio del cervello” – e quali invece “normali”. Molti sarebbero d’accordo con l’affermare che la scelta delle suore di Madre Teresa è accettabile e anzi sublime, e quella di chi va a vivere in India come missionario di un santone accusato di pedofilia è “assurda”. Ma non tutti. Madre Teresa, come si è visto, fu accusata di praticare il lavaggio del cervello, e il santone ha i suoi difensori che assicurano che è ingiustamente calunniato. Vogliamo veramente trasformare i giudici in teologi e fare decidere da loro quali dottrine sono “assurde” e quali “normali”?

 

Ma la legge non si occupa delle dottrine. Condanna solo le pratiche di condizionamento della personalità…

In teoria. In pratica quali scelte siano “libere” e quali siano frutto di “pratiche di condizionamento della personalità” non può essere valutato a priori, ma solo a posteriori esaminando le scelte stesse. Se la scelta è giudicata accettabile da chi è chiamato a giudicare, si dirà che è libera; se è considerata inaccettabile, si dirà che deriva da un “condizionamento della personalità” perché nessuno liberamente accetterebbe certe idee o certe pratiche “assurde”.

 

Ma non c’è una nozione oggettiva di “lavaggio del cervello” o “condizionamento della personalità”, che si può definire prescindendo dalle dottrine?

No. Il tema del “condizionamento” nasce storicamente da un problema che si poneva agli studiosi tedeschi, molti dei quali erano marxisti, al momento dell’ascesa di Hitler. Com’era possibile che non solo – come avrebbe previsto il loro marxismo un po’ rigido – i borghesi, ma anche molti “proletari”, diventassero nazisti? Utilizzando la nascente psicoanalisi, e combinandola con alcuni elementi della critica marxista della cultura, alcuni rispondevano che i “proletari” non diventavano nazisti liberamente, ma erano vittima di una manipolazione mentale da parte dei “pifferai magici” del nazismo. Dopo la guerra, e dopo che molti di questi studiosi tedeschi si erano trasferiti negli Stati Uniti, la stessa teoria fu applicata al comunismo. Il comunismo – si disse – è una dottrina talmente assurda che nessuno potrebbe abbracciarla liberamente; chi lo fa è vittima delle tecniche inventate in Russia e in Cina di “lavaggio del cervello”, un’espressione coniata nel 1950 dall’agente della CIA Edward Hunter (1902-1978). Verso la fine della Guerra fredda, il tema del “lavaggio del cervello” fu ripreso da psichiatri e psicologi ostili alla religione per attaccare il fervore religioso in genere: i primi attacchi furono portati contro i protestanti evangelical e i cattolici dallo psichiatra laicista inglese William W. Sargant (1907-1988). Anche qui lo schema era lo stesso: nel mondo moderno certe idee religiose sono così “assurde” che l’adesione si spiega solo con il lavaggio del cervello. Più tardi, rendendosi conto che l’attacco alla religione in genere mirava a un bersaglio troppo grosso, fu soprattutto la controversa psicologa americana Margaret T. Singer (1921-2003) a restringerne l’applicazione alle “sette”. Ma rimaneva il ragionamento circolare: quali gruppi sono “sette”? Quelli che praticano il “lavaggio del cervello”. Come sappiamo che praticano il “lavaggio del cervello”? Perché sono “sette”, cioè le loro idee e pratiche sono così bizzarre da non essere spiegabili con un’adesione libera.

 

Ma queste teorie non hanno un loro posto rispettabile nella letteratura accademica?

Distinguiamo. La versione rozza, quella che sosteneva la propaganda anticomunista della CIA negli anni 1950, non appartiene certamente al mondo della scienza. Oggi nessuno userebbe più, come invece faceva nel 1953 l’allora direttore della CIA Allen Welsh Dulles (1893-1969), l’esempio del fonografo: nel cervello c’è un disco e i comunisti hanno semplicemente imparato a toglierlo e a cambiarlo. La versione più sofisticata – legata a nomi come Robert Lifton o Edgar Schein – può essere diversamente apprezzata a seconda delle opinioni che ciascuno può avere sulle teorie psicoanalitiche da cui ampiamente deriva. In ogni caso, questa versione più sofisticata non usa più da decenni l’espressione “lavaggio del cervello” e non sostiene che il “condizionamento della personalità” funzioni in modo “magico” o automatico, né che possa essere “isolato” prescindendo dalle dottrine al cui servizio si pone. In breve, la versione più “rispettabile” della teoria del condizionamento non può essere usata per definire reati. La legge deve essere per sua natura generale, e questa versione sostiene che ogni caso è particolare, e richiede un esame del contesto e delle dottrine. In realtà l’impianto ideologico che soggiace alla proposta italiana, come alla legge francese, è ancora quello ingenuo “della CIA” secondo cui sarebbe davvero possibile “lavare” i cervelli. Ma questa è un’impostazione teorica smentita da centinaia di studi empirici e del tutto screditata.

 

I movimenti cattolici “onesti” non hanno niente da temere dalla legge, giusto?

Sbagliato. Tutto dipende da chi denuncia e chi giudica. Per alcuni, tanto più in un certo clima culturale dove ritornano scontri e anticlericalismi, anche la scelta di dedicare la propria vita, o di donare forti somme di denaro, a un’organizzazione cattolica giudicata eccessivamente “rigorosa” per il clima culturale dominante può apparire “assurda” e tale da implicare necessariamente una manipolazione mentale. L’esperienza straniera insegna: gruppi come l’Opus Dei, i Legionari di Cristo, o il Rinnovamento nello Spirito, sono stati fra i più accusati in Francia, in Spagna e altrove di praticare il “condizionamento della personalità” dai movimenti anti-sette. In Italia una delle associazioni che più si batte a favore del disegno di legge sulla “manipolazione mentale”, la FAVIS, propaganda sul suo sito il libro di Gordon Urquhart Le armate del Papa. Focolarini, Neocatecumenali, Comunione e Liberazione. I segreti delle misteriose e potenti nuove sette cattoliche (Ponte alle Grazie, Firenze 1996), il cui titolo non fa precisamente mistero di quali gruppi intenda accusare di “manipolazione mentale”. D’altro canto, nella nostra memoria collettiva la sentenza della Corte Costituzionale del 1981 che ha eliminato il reato di plagio è collegata al caso del filosofo comunista Aldo Braibanti (1922-2014). Ma in realtà la sentenza non è intervenuta sul caso Braibanti, ma su quello del sacerdote cattolico carismatico don Emilio Grasso accusato da alcuni genitori di “plagiare” i figli. Alla fine degli anni 1970 un fervore cattolico di tipo carismatico poteva apparire “assurdo”, tipico frutto del “lavaggio del cervello”. Oggi i carismatici cattolici nel mondo sono sessanta milioni.

Ma, appunto, la sentenza del 1981 della Corte Costituzionale che ha abolito il plagio non ha lasciato un vuoto legislativo?

Chissà come abbiamo fatto a sopravvivere a un vuoto legislativo durato oltre vent'anni! No: la sentenza del 1981 – basta leggerla – non ha criticato quella legislazione sul plagio invitando il Parlamento ad approvarne un’altra, ma ha sostenuto che il “plagio”, così come veniva inteso allora ed è inteso oggi dai sostenitori del disegno di legge, è un reato immaginario, un escamotage per proscrivere idee impopolari o sgradite. Non potendo per ovvie ragioni costituzionali attaccare le idee, si afferma che idee così strane possono raccogliere aderenti solo grazie al “plagio” o al “lavaggio del cervello”, e si dice che sono queste tecniche – non le idee – che si vogliono incriminare. La Corte Costituzionale aveva bene inteso nel 1981 che si trattava, appunto, di un modo di incriminare le idee. Le sue argomentazioni rimangono perfettamente valide oggi, e dovrebbero indurre chiunque abbia a cuore la libertà a schierarsi contro qualunque tentativo di reintrodurre il plagio nella nostra legislazione.

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