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Cattolici, antisemitismo e sangue. Il mito dell'omicidio rituale

di Francesco Pappalardo (Il Corriere del Sud, anno XIV, n. 17, 1-15 novembre 2005)

Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR), autore di quaranta volumi e di oltre cento articoli in materia di nuova religiosità e di fondamentalismi, affronta in Cattolici, antisemitismo e sangue. Il mito dell'omicidio rituale (Sugarco, Milano 2005, pp. 138, euro 16) l'origine di una delle calunnie più diffuse contro gli ebrei, quella che attribuisce loro omicidi di cristiani per utilizzarne il sangue a scopi rituali. Nell'appendice appare per la prima volta in italiano un documento scritto nel 1759 dal cardinale Lorenzo Ganganelli - il futuro papa Clemente XIV, allora consultore del Santo Uffizio - a proposito di un nuovo caso scoppiato in Polonia. Il cardinale passa in rassegna le accuse tradizionali e dimostra come gli ebrei siano, in realtà, vittime di calunnie senza fondamento.

Introvigne prende in esame i più noti episodi di omicidio rituale, avvenuti perlopiù nell'area culturale occidentale dal Medioevo fin quasi a oggi, sottolineando inizialmente che se da un lato è difficile ripercorrere il vero andamento di fatti ormai lontani, dall'altro lato "sappiamo però con ragionevole certezza storica che cosa non è successo negli episodi" (p. 12) medesimi. L'"accusa del sangue" è inverosimile sia per il tabù contro il consumo del sangue, che costituisce uno degli elementi più caratteristici della religione ebraica, sia perché l'ebreo non crede al valore salvifico della redenzione cristiana e dunque non ha senso per lui utilizzare il sangue di vittime cristiane innocenti per partecipare magicamente ai benefici della redenzione.

Se le autorità e le gerarchie ecclesiastiche locali avallano talvolta le persecuzioni antiebraiche, durante il Medioevo gli imperatori e i Pontefici intervengono ripetutamente per tutelare gli ebrei. Ciò non toglie che il mito, radicandosi all'interno di un certo cristianesimo popolare, riesca a dar vita a tenaci culti locali, protrattisi in certi casi fino agli anni 1960, di alcuni presunti piccoli "martiri" dell'omicidio rituale.

Introvigne mette in evidenza il nesso fra la diffusione dell'accusa di omicidio rituale e le aree dell'Europa dei secoli XVI e XVII in cui la Chiesa cattolica è maggiormente esposta alla penetrazione del protestantesimo, in un contesto di minore tolleranza verso le minoranze interne alla cristianità e di contestuale diffusione di mitologie analoghe, come la stregoneria e il vampirismo, che la Chiesa si sforza di reprimere anche attraverso i suoi organi giudiziari. Dopo la Rivoluzione francese del 1789, quando la Chiesa si trova impegnata in un conflitto senza precedenti contro il laicismo anticlericale e la modernità secolarista, la credenza nell'omicidio rituale diventa gradualmente maggioritaria fino agli anni 1930, senza però che il magistero cattolico smentisca l'insegnamento costante dei Pontefici in materia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e l'Olocausto, la mitologia dell'omicidio rituale sopravvive ai margini della Chiesa cattolica e si è trasferita nel mondo arabo e musulmano, dove gode ancora di un vasto sostegno. "Proprio per questo, una serena ricostruzione storica della genesi e dello sviluppo dell'accusa del sangue è opportuna, e può essere parte di quel cammino di ‘purificazione della memoria' che Giovanni Paolo II esorta la Chiesa a compiere riguardo alle sue passate relazioni con gli ebrei" (p. 81).

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Massimo Introvigne
Cattolici, antisemitismo e sangue. Il mito dell'omicidio rituale. In appendice il voto del cardinale Lorenzo Ganganelli, O.F.M. (poi Papa Clemente XIV) approvato il 24 dicembre 1759
Sugarco, Milano 2004