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Disinformatori e criminali

di Massimo Introvigne (L'Indipendente, 22 settembre 2005)

C’è il virus dei polli influenzati, ma c’è anche quello dei polli che credono a tutte le panzane sull’Iraq. Danny Schechter è un panchinaro della sinistra pacifista americana, mandato in campo dopo gli infortuni occorsi al titolare Michael Moore, demolito da una decina di saggi che provano come il regista di Fahrenheit 9/11 si sia servito di documenti falsi e di veri e propri montaggi. Moore però sta a Schechter come le grandi truffe internazionali stanno al gioco delle tre carte. Non varrebbe la pena di occuparsene, se L’Unità non avesse deciso di inondare le edicole italiane con il film di Schechter Weapons of Mass Deception, “Armi di disinformazione di massa”.

Schechter parte dalla tesi secondo cui le informazioni che arrivano dall’Iraq sono false perché il Pentagono ha accreditato nelle zone calde solo giornalisti “amici” o controllati dalla CIA. Ma questi giornalisti appena arrivati in Iraq hanno scoperto e divulgato le magagne del carcere di Abu Ghraib, con le conseguenze che sappiamo. Decisamente, la CIA non deve essere più quella di una volta.

Nel merito, Schechter e L’Unità sono stati sfortunati. Prima del film è arrivato infatti in libreria – nei Paesi arabi – il libro-intervista di al-Zarqawi La seconda generazione di Al Qaida dove il superterrorista giordano conferma che da ben prima del 2003 era in Iraq, e in stretta collaborazione con Saddam preparava un’organizzazione clandestina pronta ad attivarsi in caso di invasione straniera. Intanto si addestrava massacrando curdi e, ferito mentre svolgeva questo lavoro sporco, fu amorevolmente curato negli ospedali del regime. Al Zarqawi che era in contatto con Osama bin Laden già da molti anni, ancorché per diverse ragioni la sua organizzazione abbia assunto il nome di “al Qaida in Mesopotamia” solo nel 2004. Dunque, il caso è chiuso: prima della guerra del 2003 il regime di Saddam ospitava, finanziava e armava terroristi legati ad Al Qaida. Schechter, L’Unità e i tenori della sinistra che cantano canzoni diverse nei talk show italiani se ne facciano una ragione.

Ma, ribattono i tenori, Bush insisteva sulle armi di distruzione di massa. L’espressione fa immaginare a molti immensi arsenali atomici. Ma non siamo più all’epoca di Hiroshima: la microtecnologia domina, e un convoglio di una mezza dozzina di camion avrebbe potuto portare altrove in ventiquattr’ore micro-testate e atomiche “sporche” sufficienti a distruggere una città come Milano. Quanto alle armi chimiche e batteriologiche, per gas capaci di fare una strage basta un solo camion, per il kit necessario a scatenare un’epidemia una valigia. C’era però qualche cosa che Saddam produceva su scala più vasta e che non si è potuto far sparire: i cadaveri, soprattutto di curdi, trovati a decine di migliaia nelle fosse comuni e uccisi da gas che sono “armi di distruzione di massa” per il diritto internazionale e per l’Onu.