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L'Islam di Condi Rice

di Massimo Introvigne (L'Indipendente, 13 dicembre 2005)

Il viaggio di Condi Rice in Europa ha fatto notizia solo per le vicende Cia ma in realtà, più discretamente, il Segretario di Stato è venuta a spiegare la nuova fase, delicata e difficile, della guerra contro il terrorismo ultra-fondamentalista islamico. Sulla base del lavoro di quelle formidabili think tank che sono le fondazioni conservatrici americane, la strategia americana è stata ridefinita affiancando alla formula “guerra al terrorismo” quella del “Muslim World (o Global) Outreach”, una “mano tesa” globale ai musulmani disponibili a dissociarsi dai terroristi. A differenza di certi alleati europei, il Muslim Global Outreach considera un fattore trascurabile i cosiddetti “musulmani laici”, che vogliono importare nel mondo islamico stili di vita incompatibili con le tradizioni musulmane: godono di scarsissimo seguito nei Paesi a maggioranza islamica e sono sopravvalutati anche quanto al numero di seguaci che possono mobilitare nella diaspora emigrata in Europa.

Così, il primo interlocutore della Rice è – come è sempre stato – l’islam conservatore ma non fondamentalista, all’interno del quale sono state identificate alcune personalità da privilegiare: il Primo ministro turco Erdogan, il re del Marocco, il re della Giordania. Ma in secondo luogo – ed è questa la novità – il Dipartimento di Stato, senza troppo dirlo, ha aperto canali di comunicazione con l’islam “neofondamentalista”, cioè con quella parte di musulmani che riformulano il fondamentalismo in un linguaggio “postmoderno”, considerando arcaico il discorso dei vecchi fondamentalisti che coniugava tradizionalismo islamico e modelli politici ispirati al vecchio socialismo europeo. I neofondamentalismi sono più di uno, e comprensibilmente la Rice preferisce chi riformula il discorso fondamentalista a partire da modelli liberisti ispirati all’economia di mercato, o ancora dal desiderio di offrire ai musulmani modelli di successo sociale e personale tratti dai movimenti occidentali del potenziale umano, piuttosto che le versioni alla Tariq Ramadan che del postmoderno prediligono le varianti no global e anti imperialiste. Ma la mano americana è tesa ai neofondamentalisti ovunque, come dimostrano gli interventi dell’ambasciata americana in Marocco contro lo scioglimento del partito neofondamentalista di Nadia Yassine.

L’altra faccia di questa strategia – che corrisponde a gesti di “mano tesa” ai neofondamentalisti (inseriti nelle rispettive Consulte islamiche) da parte dei ministri degli Interni Pisanu in Italia e Sarkozy in Francia – è il pugno durissimo contro i terroristi legati ad al Qaeda, con strategie di intelligence che talora suscitano le riserve del garantismo europeo. Non c’è contraddizione: solo la lotta senza quartiere ad al Qaeda minimizza i rischi di un dialogo esteso ai neofondamentalisti. Farlo capire agli europei è la difficile missione di Condoleeza Rice.