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Il Papa, il terrorismo e Israele

di Massimo Introvigne (L'Indipendente, 14 gennaio 2006)

I commenti all’annuale discorso del Papa ai membri del Corpo diplomatico del 9 gennaio ruotano tutti sulla mancata condanna nominatim del presidente iraniano Ahmadinejad, dimenticando che di rado i Papi attaccano per nome capi di Stato, limitandosi a condannarne le posizioni. È un peccato, perché il discorso – vera magna charta della politica estera della Santa Sede di Benedetto XVI – contiene molti spunti di riflessione che vanno ben al di là della cronaca quotidiana. Contro chi demonizza l’idea stessa dello scontro fra civiltà, Benedetto XVI ribadisce al contrario che “nell’odierno contesto mondiale non a torto si è ravvisato il pericolo di uno scontro di civiltà”.

Il colpevole è chiaramente identificato nel “terrorismo organizzato che si estende ormai a livello planetario”. Certo, di questo terrorismo “numerose sono le cause”, ma il Papa non crede a chi le riduce a situazioni di disagio o di povertà: al contrario cita cause “ideologico-politiche commiste ad aberranti concezioni religiose”.

E la condanna, ribadendo che i fini non giustificano mai i mezzi, è tra le più forti nella storia del magistero: “Nessuna circostanza vale a giustificare tale attività criminosa che copre di infamia chi la compie, e che è tanto più deprecabile quando si fa scudo di una religione, abbassando così la pura verità di Dio alla misura della propria cecità e perversione morale”. Il secondo passaggio chiave del discorso pontificio identifica come “punto nevralgico della scena mondiale” la Terra Santa. Chiara e forte, da parte del Papa che prega per Sharon, è l’affermazione secondo cui “lo Stato d’Israele deve poter sussistere pacificamente, in conformità alle norme del diritto internazionale”, insieme alla constatazione secondo cui “l’avvenire libero e prospero” del popolo palestinese dipende dall’effettivo sviluppo di “istituzioni democratiche”. Poche righe, ma di una chiarezza senza equivoci di cui altre fonti ecclesiastiche, anche in Medio Oriente, non sempre si sono mostrate capaci.

Il terzo punto nodale dell’intervento è il collegamento fra pace e verità. La pace – come Benedetto XVI aveva da pochi giorni ribadito nel messaggio per la Giornata mondiale della pace – non è semplicemente assenza di guerra ma è strettamente collegata alla verità. Dove domina la menzogna forse non c’è guerra, ma la pace che sembra regnare è fasulla e non interessa ai cristiani: “sistemi politici del passato, ma non solo del passato, ne sono un’amara esemplificazione”.

E il cuore di una civiltà fondata sulla verità è la libertà religiosa. “Purtroppo – aggiunge Benedetto XVI - in alcuni Stati, anche tra quelli che pure possono vantare tradizioni culturali plurisecolari, essa, lungi dall’essere garantita, è anzi gravemente violata”. Fischieranno le orecchie ai cinesi, che certo hanno una cultura plurisecolare. Ma anche i laicisti francesi e spagnoli non possono pensare che non si parli di loro.