CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
www.cesnur.org

L’Islam a scuola con il problema degli insegnanti

di Massimo Introvigne (L'Indipendente, 10 marzo 2006)

In Italia siamo più smaliziati della Cnn, e non scambiamo la battuta di un cardinale ai margini di un convegno con “l’opinione ufficiale del Vaticano”. Il cardinale Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace, si è detto favorevole all’insegnamento dell’islam nelle scuole. Non è una definizione dogmatica, e i cattolici hanno pieno diritto di dissentire. Ma personalmente non sono scandalizzato dall’ipotesi. Da un certo punto di vista, si tratta di un’ovvietà. Il nostro sistema costituzionale prevede, oltre al Concordato, le Intese con le minoranze religiose, e attraverso queste l’insegnamento scolastico, ove necessario, delle religioni di queste minoranze. Nessuno si è mai scandalizzato per l’insegnamento della religione valdese a Torre Pellice.

Il problema è un altro, ed è di ordine pratico: un ordine che, evidentemente, cade fuori dei principi generali enunciati dal cardinale. Lo Stato tramite il Concordato e le Intese affida l’insegnamento delle diverse religioni a enti ben identificati che selezionano gli insegnanti e ne sono responsabili. Se si tratta di religioni a gerarchia verticale non ci sono problemi: si sa chi guida la Chiesa cattolica o la Chiesa valdese, e si può identificare un organo di rappresentanza delle Comunità ebraiche. Che fare, però, quando ci si trova di fronte a religioni a “gerarchia orizzontale” come l’islam sunnita, che non hanno papi, vescovi, o sinodi rappresentativi e dove il consenso è definito dall’autorità dei “sapienti”, a loro volta difficili da identificare? Tutti i Paesi europei dove si insegna la religione nelle scuole hanno questo problema. Alcuni, come fa la Germania con la Turchia, si affidano a uno Stato straniero, chiedendogli di nominare gli insegnanti.

Da noi in teoria si potrebbe pensare al Marocco, un Paese sufficientemente stabile e moderato e da cui proviene la maggioranza degli immigrati musulmani: ma ormai l’immigrazione si differenzia sempre di più, e un alunno pakistano vive un islam completamente diverso da quello marocchino. Esclusa la scelta delle famiglie, facilmente manipolate da facinorosi (Via Quaranta a Milano insegna), resta l’accordo con un organo rappresentativo, che non può essere la Consulta del ministro Pisanu, che la legge istitutiva definisce esplicitamente “non rappresentativa”, e dove un voto ha un intellettuale che rappresenta se stesso e un voto l’Ucoii che rappresenta centinaia di moschee. Né l’organo può essere una sola delle varie associazioni in dissenso fra loro. La palla dunque non è nel campo dello Stato ma dell’islam italiano: quando questo si sarà dato una rappresentanza sufficientemente unitaria, affidabile quanto ai principi costituzionali, e capace di assicurarsi il consenso di una larga maggioranza dei musulmani, con questa si potrà discutere di insegnamento scolastico, programmi, scelta degli insegnanti. I tempi per la nascita di un soggetto simile in Italia sembrano ancora molto, molto lunghi.