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La Corea di Prodi

di Massimo Introvigne (il Giornale, 14 ottobre 2006)

Tutti nel mondo libero oggi condannano la Corea del Nord e i suoi test nucleari. Proprio tutti? No, purtroppo. Mentre Prodi definisce il nucleare coreano «uno strappo alle regole della convivenza internazionale», peraltro senza chiarire quali conseguenze concrete pensi di trarre da questa dichiarazione, governa sostenuto da alleati - senza i quali non avrebbe la maggioranza al Senato - che inneggiano alla dittatura nordcoreana e commentano la crisi internazionale diffondendo traduzioni dal plumbeo organo ufficiale del regime di Pyongyang, il Rodong Simnum.

A Torino ha sede un «Comitato per la pace e la riunificazione della Corea» che è di fatto una cassa di risonanza del sanguinario governo di Kim Jong Il. Questo Comitato diffonde in lingua italiana i testi della «Associazione di Storiografi della Repubblica Popolare Democratica della Corea» di Pyongyang, che riscrive la storia coreana secondo i dettami della propaganda di regime. Apprendiamo che non dalla Guerra fredda ma da oltre cento anni gli Stati Uniti vogliono impadronirsi della Corea: negli ultimi «140 anni, gli imperialisti yankee non hanno mai abbandonato la politica d'aggressione» ricorrendo a bassezze e atrocità di ogni tipo. Perfino l'occupazione della Corea da parte del Giappone nella Seconda guerra mondiale sarebbe avvenuta «con il pieno appoggio degli Usa» (che per la verità combattevano contro i giapponesi). Comunque, finita la Seconda guerra mondiale, «i selvaggi nordamericani hanno assassinato milioni di abitanti innocenti in tutta la penisola» (coreana), un riassunto come si vede pacato e corretto di quanto avvenne nella Guerra di Corea, che in realtà fu iniziata dai comunisti.

Per fortuna, oggi «il popolo coreano sta saldando il conto di questa politica criminale statunitense levando alta la bandiera del Songun», parola che in coreano significa «dominio», nella fattispecie realizzato tramite le armi nucleari. Una condanna dei test rappresenterebbe solo «la capitolazione di tutti i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite all'imperialismo statunitense», e oggi come in passato la Corea del Nord «rifiuta le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu perché sono un prodotto della politica ostile statunitense, quindi non si sente vincolata minimamente da esse».

In Italia - a differenza di quanto avviene nella Corea del Nord - vige la libertà di manifestare qualunque opinione politica, per quanto delirante, e non è quindi vietato inneggiare alla dottrina nordcoreana del «Songun» e ai sogni di Kim Jong Il di scatenare guerre nucleari globali. Il problema è che gli amici della Corea del Nord fanno parte di partiti che sono al governo con Prodi. Il Comitato pro-Corea del Nord di Torino è un'articolazione del gruppo Nuovi Partigiani della Pace (che sostiene anche Cuba, Bielorussia, la «resistenza» irakena e il Venezuela). Ne fanno parte tredici esponenti di Rifondazione comunista identificati come tali e tre (ma di peso: tutti membri del Comitato centrale) dei Comunisti Italiani. Lungi dall'essere espulsi dai rispettivi partiti, alcuni sono stati candidati alle ultime elezioni politiche e amministrative. Prodi intende chiedere chiarimenti ai suoi alleati della sinistra radicale o pensa di voltarsi, come al solito, dall'altra parte? Quanto ai famosi «moderati» dell'Unione, per quanto tempo vogliono continuare a viaggiare in compagnia di chi inneggia alla Corea del Nord come «ultimo bastione dell'anti-imperialismo»?