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Le idee confuse di Cofferati sulla laicità dello Stato

di Massimo Introvigne (il Giornale, 31 ottobre 2006)

«La censura, il pregiudizio e l'intolleranza rischiano di riportarci ai tempi dei barbari». Parole sante, quelle pronunciate dal sindaco di Bologna - e, a sentire i beni informati, tra gli aspiranti «salvatore della patria» dell'Unione in questi tempi di disunione e di crisi - Sergio Cofferati, se si riferissero agli incendi e agli assassini perpetrati da fanatici musulmani dopo il caso delle vignette danesi o ai preti e suore decapitati o sgozzati dopo il discorso del Papa a Ratisbona. Purtroppo, però, Cofferati - seguito da tutta la stampa nazionale di sinistra - se la prende con il cardinale Carlo Caffarra, cui attribuisce la responsabilità di un testo apparso su Avvenire che protesta contro il patrocinio e il contributo comunale alla manifestazione omo e transessuale Gender Bender promossa dall'Arcigay a Bologna, definita una sagra di «pornostar mascherate da artisti» e «un'invasione barbarica che oltraggia la fede e la ragione dei bolognesi».

Cofferati richiama - al solito - «la laicità dello Stato», ma va completamente fuori tema. Se si trattasse di un convegno accademico o politico a favore del matrimonio omosessuale, certamente anche il cardinale riconoscerebbe che in uno Stato laico si ha tutto il diritto di organizzarlo, salvo naturalmente il diritto simmetrico di Caffarra o di qualunque altro di proporre convegni in cui si prende la posizione opposta, quella contro il presunto diritto degli omosessuali al matrimonio.

Ma il problema è diverso. Qui non si tratta di convegni o di idee. Ci saranno pure artisti «internazionalmente riconosciuti», come dice l'Arcigay, benché una scorsa al programma che promette per esempio un'esibizione della «performer Gloria Viagra» - il nome è già tutto un programma - lasci in effetti qualche dubbio. Ma su che cosa si vedrà a Gender Bender ci sono pochi dubbi: il comunicato contro la Curia della presidenza dell'Arcigay di Bologna parla esplicitamente di «mettere in scena la masturbazione o piccanti rapporti omosessuali», spiegando dottamente che si tratta di un «servizio sociale primario» per cui dovrebbe essere «ovvio» che «spendere denaro pubblico» è, più che lecito, doveroso.

È vero che in Italia ormai si «mette in scena» quasi tutto, ma sulla «masturbazione» e sui «rapporti piccanti» forse Gloria Viagra e compagne rischiano perfino di violare qualche legge. Sarebbe un semplice problema per la Buoncostume, se non fosse che Cofferati, l'Arcigay e l'Unione insistono nella difesa del finanziamento pubblico dell'iniziativa, proprio in concomitanza con una finanziaria da lacrime e sangue accompagnata dalle querimonie degli enti locali che chiedono più e non meno denaro allo Stato per le loro iniziative. Qui l'autogol di Cofferati è clamoroso. Ci avevano raccontato che i ricchi dovevano piangere e Visco spiare i conti correnti di tutti gli italiani per aiutare i poveri, finanziare i servizi sociali e sostenere la cultura. Ora scopriamo che mostrare ai cittadini masturbazioni o rapporti omosessuali sulla scena di un teatro per la sinistra fa parte dei «servizi sociali primari», e che i sacrifici dei contribuenti serviranno anche a pagare le prestazioni della signorina Gloria Viagra. Grazie al cardinale Caffarra per avere avuto il coraggio di una protesta non politicamente corretta. E grazie anche a Cofferati: ora capiamo meglio che cosa intende la sinistra quando ci chiede di sopportare la persecuzione fiscale di Visco in nome della cultura, dello sviluppo e dei servizi sociali.