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Chávez e la singolare vicenda degli indios sciiti nel Venezuela

di Massimo Introvigne (il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 6, n. 12, 24 marzo 2007)

img“Se gli Stati Uniti dovessero attaccare l’Iran, l’unico Stato governato da Dio, li attaccheremo in America Latina e anche all’interno degli Stati Uniti. Abbiamo i mezzi e sappiamo come farlo. Saboteremo il trasferimento di petrolio dall’America Latina agli Stati Uniti. Siete avvertiti”. Il solito comunicato di Ahmadinejad? Sbagliato. Si tratta di un documento di Hezbollah America Latina, nota anche come Hezbollah Venezuela. La firma è quella del “Comandante Teodoro”, cioè Teodoro Rafael Darnott. Nato a Ciudad Bolivar, ha un passato di organizzatore di disordini guevaristi nella zona di Maracaibo e un presente di solida adesione al partito del presidente Hugo Chávez.

Grazie al Comandante Teodoro, tra gli indios goajiros il Venezuela di Chávez e l’Iran hanno in corso un vero e proprio esperimento sociale. Sono noti la corrispondenza fra Chávez e il superterrorista venezuelano Carlos, un marxista convertito all’islam che oggi sconta l’ergastolo in Francia, e l’apprezzamento del presidente del Venezuela per la “dottrina Carlos”, che prevede l’alleanza fra l’ultra-fondamentalismo islamico e l’insurrezionalismo anti-imperialista in nome della comune avversione agli Stati Uniti. È nota anche la dura opposizione dei vescovi cattolici venezuelani a Chávez, che ha cercato più volte di imbavagliare la Conferenza episcopale chiudendo stazioni radio, televisioni e giornali. Chávez, che intrattiene rapporti di cordiale amicizia con Ahmadinejad, non si è convertito all’islam. Ma il suo amico e alleato Comandante Teodoro lo ha fatto.

Chiunque abbia visitato l’America Latina sa che un po’ ovunque nelle zone tribali rimangono aree dove il cristianesimo o è penetrato superficialmente o non è penetrato affatto. La scarsità di clero cattolico rispetto alla vastità delle aree da coprire non è un fatto recente, ma dura da cinque secoli, anche se negli ultimi anni dove non arrivano i cattolici spesso arrivano le missioni protestanti. Con la benedizione del presidente Chávez, e con metodi bruschi da vecchio guerrigliero, il Comandante Teodoro ha dichiarato in una vasta area tribale persone non gradite i missionari cattolici (per non parlare di quelli protestanti, per definizione – di Chávez – agenti dell’imperialismo americano), e graditissimi invece quelli sciiti iraniani. Sui risultati dell’esperimento le cifre divergono – i convertiti sarebbero diverse migliaia secondo Teodoro e l’Iran, meno di un migliaio secondo antropologi e giornalisti penetrati nell’area – ma un’intera tribù, i Wayuu, ha accettato la buona novella proveniente da Teheran. Sulla stampa di regime venezuelana sono cominciate a comparire strane foto di donne indie velate, ma anche di militanti incappucciati che si esercitano con i kalshnikov e persino con le cinture-bomba: non in Libano, ma in Venezuela. L’esperimento sta riuscendo abbastanza bene da aver convinto gli iraniani e Chávez a lanciarne altri due, che sono già bene avviati: Hezbollah Chiapas, nelle zone controllate dal subcomandante Marcos, e Hezbollah El Salvador. Sono state fondate anche una Hezbollah Chile e una Hezbollah Colombia. Considerate le simpatie del presidente della Camera Fausto Bertinotti per Chávez e per il subcomandante Marcos, si attende solo la fondazione di Hezbollah Montecitorio.

 

Il reale pericolo

Ma non è detto che si tratti di gruppi innocui. Il 23 ottobre 2006 la polizia ha arrestato a Caracas uno studente universitario, José Miguel Rojas Espinosa, che si apprestava a fare esplodere due bombe, una contro l’ambasciata americana e un’altra contro quella israeliana. Dopo avere piazzato la prima bomba, Rojas si è spaventato e ha lasciato cadere la seconda fuori da una scuola, il che ha condotto la polizia a rintracciare la prima e a sventare l’attacco. Hezbollah Venezuela ha rivendicato il fallito attentato e definisce Rojas sul suo sito web “il primo mujaheddin esempio di dignità e fortezza nella causa di Allah, il primo prigioniero di guerra in Venezuela del movimento rivoluzionario islamico”. Stranamente, il governo Chávez non ha preso nessun provvedimento contro il Comandante Teodoro e Hezbollah Venezuela, e ha minimizzato gli attentati progettati come “dimostrativi”.

Il Comandante Teodoro è piuttosto di bocca buona quando si tratta di reclutare nemici degli Stati Uniti e di Israele. Così, accanto al Corano e ai proclami di Khamenei, il suo gruppo ripubblica e diffonde testi del defunto sociologo peronista argentino Norberto Rafael Ceresole, un negazionista dell’Olocausto oscillante fra tendenze neo-naziste e i piccoli scismi sedevacantisti che considerano gli ultimi Papi illegittimi in quanto troppo “progressisti” e “favorevoli agli ebrei”, tra l’altro sempre sospettato di contatti, che però la polizia argentina non è mai riuscita a provare, con gli autori dell’attentato all’edificio della comunità ebraica di Buenos Aires del 1994.

I numeri, per il momento, sono contro il Comandante Teodoro. Non solo il saldo radicamento cattolico, ma la stessa spettacolare crescita protestante rendono difficile che la propaganda iraniana produca un numero di musulmani latino-americani che superi qualche zero virgola. L’America Latina non sta per convertirsi all’islam e le iniziative di Chávez oscillano sempre fra realtà, fantasie e una propaganda che sfiora spesso il ridicolo.

Ma per compiere attentati bastano pochi terroristi, e gli indios sciiti sono anche un avvertimento mafioso di Chávez alla Chiesa. Se continua a opporsi al regime, nelle zone tribali i missionari iraniani sono pronti a sostituire quelli cattolici.