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Quelle toghe con la sharia in mano

di Massimo Introvigne (il Giornale, 5 giugno 2007)

Ogni tanto la sinistra estrema o l’islam organizzato si lamentano perché in Italia non c’è una delle Intese previste dalla Costituzione con le confessioni religiose che riguardi i musulmani, mentre - oltre al Concordato con la Chiesa cattolica - hanno un’Intesa i valdesi, i luterani e qualcun altro. L’Intesa con l’islam non c’è per la buona ragione che i musulmani italiani non riescono a darsi una rappresentanza unitaria. Ma sembra che - grazie a certi magistrati - i musulmani abbiano già nella pratica tutti i diritti che deriverebbero da un’Intesa senza essersi assunti i relativi doveri.

Soltanto l’ultima settimana le «toghe verdi», cioè i giudici che ritengono loro dovere proteggere gli imam contro la presunta minaccia dell’«islamofobia», sono state al centro di controversie a Milano e a Bari. A Milano la materia del contendere era l’imam Zergout, che officiava a Varese prima di essere arrestato per fiancheggiamento del terrorismo. Il pubblico ministero ne aveva chiesto e ottenuto l’assoluzione, ma non perché fosse innocente: al contrario, si era dichiarato «convinto di avere in mano elementi di prova della sua colpevolezza» ma aveva fatto rilevare un vizio di forma del processo. Il ministro Amato, per una volta coraggioso, dopo l’assoluzione «tecnica» aveva espulso Zergout: ma la Corte europea dei Diritti dell’uomo, ben nota per il suo buonismo nei confronti dell’ultra-fondamentalismo islamico, aveva bloccato l’espulsione. Il ministro dell’Interno, per evitare di lasciare a spasso nelle nostre strade un estremista della cui colpevolezza per reati connessi al terrorismo la stessa procura di Milano dichiara di «avere in mano elementi di prova», aveva disposto che l’imam fosse condotto in un Cpt, uno di quei Centri di permanenza temporanea che per la sinistra radicale - e per certi giudici - sono lager, ma che con il governo Prodi stanno diventando più o meno delle pensioni dove la sorveglianza si fa sempre più blanda. Ma anche questo è stato considerato eccessivo da un giudice di pace di Milano, che ha annullato il provvedimento che obbligava l’imam a risiedere nel Cpt di Via Corelli. Non c’è scampo: i giudici europei e quelli italiani vogliono che Zergout circoli liberamente in Italia. Forse hanno dimenticato che il leader degli attentatori di Madrid era stato a suo tempo fermato in Spagna, ma il fermo non era stato convalidato per ragioni procedurali.

A Bari è stato rinviato a giudizio Renzo Guolo, stimato sociologo delle religioni, che certamente non è un islamofobo arrabbiato. Il sociologo è incappato nelle ire di Adel Smith, noto protagonista di teatrini televisivi autonominatosi imam (o qualche cosa di simile, perché la confusione è grande) di un gruppo che si chiama Unione musulmani d’Italia. Nonostante il nome magniloquente, si tratta di un’associazione di quattro gatti, considerata non rappresentativa da tutte le altre realtà del variopinto islam italiano.

Ma se uno dice a Smith, appunto, che non rappresenta nessuno, Smith si arrabbia molto, e ritiene che nella sua sacra persona sia stato offeso addirittura l’islam in genere. A Bari Guolo si è così ritrovato accusato di «vilipendio della religione islamica». Ci si chiede quali criteri adotteranno i giudici al processo - applicheranno la sharia? - ma soprattutto perché, mentre si possono far vedere in televisione documentari dove si insulta il Papa affermando falsamente che protegge i preti pedofili, se si critica più o meno blandamente un imam si viene incriminati. Dov’è l’errore?