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Intervista a Marco Respinti: "Con la gente delle chiese"

di Massimo Introvigne (il Giornale della Libertà, anno 1, n. 29, 21 dicembre 2007)

Gli amici lo chiamano “lo zio d’America”. Nel mondo cattolico italiano, Marco Respinti (nato a Milano del 1964), redattore del settimanale di cultura il Domenicale diretto da Angelo Crespi, da anni è una sorta di ambasciatore non ufficiale che fa conoscere presso le grandi fondazioni conservatrici americane, dove è di casa, il nuovo mondo cattolico italiano delle associazioni e dei movimenti, e diffonde in Italia la cultura americana religiosa e vicina al centrodestra, che non è quella dei film di Hollywood. Studioso di fama internazionale del pensiero conservatore anglo-americano, Respinti è Senior Fellow presso il Russell Kirk Center for Cultural Renewal di Mecosta, nel Michigan,e fa parte del consiglio direttivo della sezione italiana dell’Acton Institute.
Inizio la conversazione con Respinti da un libro sul conservatorismo appena uscito negli Stati Uniti, L’ascesa dei conservatori di Donald Critchlow, pubblicato dalla prestigiosa Harvard University Press. Il testo ci ricorda che è scontato che tra gli aventi diritti al voto negli Stati Uniti ci sia una maggioranza che noi chiameremmo di centrodestra. Ma il centrodestra non vince sempre perché molti si astengono e non vanno a votare. Ed è proprio nel “popolo delle chiese”, quella maggioranza di americani che è religiosa e praticante, che molti diffidano della politica e delle elezioni. E in Italia? “Anche da noi – risponde Respinti – il problema è portare a votare il popolo delle chiese, dove si annida in gran parte un’astensione fondata sullo scetticismo verso la politica. Se votasse, questo popolo voterebbe in gran parte il centrodestra, ma è diffidente, e indisponibile a compromessi sui principi”.
Mentre molti italiani pensano che le elezioni USA siano decise dalla politica estera, Critchlow dimostra che è vero il contrario. Bush padre, che aveva vinto la prima guerra in Iraq, perse le elezioni del 1992 sulla politica economica. Bush figlio nel 2004 era impantanato nella seconda guerra in Iraq ma ha vinto perché ha saputo portare al centro delle elezioni la campagna sui valori morali, in particolare la lotta contro l’aborto e le unioni omosessuali. E da noi? Secondo Respinti “c’è una certa differenza. Negli Stati Uniti i cristiani conservatori sono riusciti a trasformare l’aborto in una grande questione politica, in Italia non è così. Tuttavia su temi come la fecondazione artificiale e il riconoscimento delle unioni omosessuali qualcosa sta cambiando, e il ‘popolo delle chiese’ ha lanciato dei segnali evidenti, con il referendum sulla legge 40 e con il Family Day”.
Però – obietto –, mentre da noi c’è chi pensa che il bipartitismo elimini le coalizioni eterogenee, la storia del Partito Repubblicano americano mostra che grandi partiti sono in realtà contenitori al cui interno ci sono idee molto diverse. Per esempio, i repubblicani vogliono meno tasse. Ma dall’altra chiedono una politica estera forte e più sicurezza nelle strade. Dal momento che esercito e polizia costano, le due esigenze entrano in conflitto. Anche da noi nel centrodestra c’è chi insiste sul principio di sussidiarietà e vuole far dimagrire lo Stato e chi accetterebbe uno Stato meno magro purché s’investa nella sicurezza e nella giustizia. Come farli stare insieme? “La cosa curiosa – secondo Respinti –  è che le due posizioni sono incarnazioni storiche diverse di princìpi comuni.. Il pensatore irlandese Edmund Burke, padre settecentesco di tutti i conservatori, diceva che cambiare è il segreto per conservare. Il conservatorismo all’antica che insiste sullo ‘Stato minimo’ e il neoconservatorismo che chiede investimenti sulla sicurezza possono e devono trovare un punto di compromesso in un’analisi moderna e condivisa dei problemi nazionali e internazionali”.
Critchlow parla di una seconda divisione tra i conservatori: ci sono i “libertari” per cui fra le libertà ci sono quelle di abortire, di drogarsi, di vedersi riconosciuto pubblicamente uno stile di vita omosessuale; e i “conservatori morali” per cui invece aborto, droga e unioni omosessuali sono desideri individuali e non vere libertà. Per vincere in America bisogna che queste due anime, tanto diverse, votino lo stesso partito. E da noi? Si possono tenere insieme Capezzone e i cattolici? “La domanda – mi risponde Respinti – andrebbe posta all’amico Capezzone, il quale sa bene che nella cultura americana ci sono i libertari di destra e quelli di sinistra. Alla fine, quando arrivano le elezioni, bisogna scegliere: l’esperienza americana dimostra che un pensiero antistatalista, favorevole al mercato libero in economia e ai diritti umani può vincere solo stando insieme a chi difende la vita e la famiglia. Con Capezzone abbiamo fatto insieme tante battaglie sui diritti umani, a partire da quella per i montagnard cattolici del Vietnam perseguitati dai comunisti. Posso solo invitarlo a continuare il cammino, in direzione di quello che in America chiamano ‘fusionismo’: mettere insieme le diverse anime del mondo conservatore e di centrodestra per sconfiggere la sinistra. Insomma, torniamo a Burke”.
Negli Stati Uniti si dice già che un eventuale candidato repubblicano abortista e tiepido sui principi religiosi come Giuliani potrebbe non convincere il popolo delle chiese ad andare a votare, con il risultato paradossale di consegnare il paese ai democratici, le cui idee pure sono minoritarie. E in Italia, Respinti, come si portano i cattolici tentati dall’antipolitica a votare?  “Invitandoli. Ma quando s’invita qualcuno a cena, poi non lo si mette a tavola con la tovaglia sporca, le posate unte e servendogli minestre riscaldate. È quanto ha fatto il centrosinistra, generando enorme delusione nei cosiddetti teodem, invitati a gran voce e poi trattati come i classici utili idioti. Un errore che il centrodestra non dovrebbe ripetere. Aggiunga un posto a tavola per i cattolici degno del ruolo storico e sociale che hanno nel Paese. Dopo tante delusioni, verranno volentieri”.