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Vercelli Book, i valori straordinari della nostra civiltà

Massimo Introvigne
Intervento in occasione della proroga della mostra Vercelli Book. Percorsi straordinari
Seminario Arcivescovile, Vercelli, 5 ottobre 2010

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Una circostanza veramente felice ci porta a riflettere sul Vercelli Book a pochi giorni dalla visita in Gran Bretagna di Benedetto XVI. Infatti, il Vercelli Book è un testo essenziale per comprendere le radici cristiane dell’Inghilterra. Risale al decimo secolo ed è uno dei quattro più antichi codici poetici in inglese, essenziali per lo studio della formazione di questa lingua, senza che si possa dire con certezza quale di questi quattro testi sia il più antico. La presenza a Vercelli di questo libro, casuale o se si preferisce provvidenziale, è dovuta a un intreccio di strade che portavano monaci e pellegrini dalla lontana Gran Bretagna a Roma e ritorno, già di per sé un elemento che mostra l’unità spirituale dell’Europa del Medioevo. Il Vercelli Book è una prova particolarmente eloquente, che ancora oggi possiamo vedere e consultare, delle radici cristiane della Gran Bretagna e dell’Europa. I temi che tratta sono profondamente religiosi e cristiani, e nello stesso tempo profondamente britannici ed europei. Le storie dei santi e dei primordi della Cristianità intrecciano elementi biblici e altri che derivano dai poemi epici celtici, non giustapposti ma fusi insieme armonicamente. Dalle pagine del Vercelli Book esce viva una cultura che è insieme celtica e cristiana, formata nei monasteri, e che ci ricorda come alle radici greche, romane e bibliche dell’Europa se ne aggiunga, a formare la Cristianità, una quarta, anglo-germanica e appunto celtica, che non va mai trascurata.

In qualunque Paese di tradizione cristiana si siano recati, il venerabile Giovanni Paolo II (1920-2005) e Benedetto XVI sempre hanno insistito sul fatto che le origini e la storia di questo Paese sono segnate dall’opera dei santi. Infatti, «le antiche nazioni dell'Europa hanno un’anima cristiana, che costituisce un tutt’uno col “genio” e la storia dei rispettivi popoli, e la Chiesa non cessa di lavorare per mantenere continuamente desta questa tradizione spirituale e culturale» (Benedetto XVI, 2010d).

Benedetto XVI è tornato sistematicamente nel suo recente viaggio al tema della «lunga storia dell’Inghilterra, così profondamente segnata dalla predicazione del Vangelo e dalla cultura cristiana dalla quale è nata» (Benedetto XVI 2010c), e delle «profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica» (Benedetto XVI 2010a). Il Papa ha richiamato il ruolo essenziale svolto per la nascita delle nazioni che compongono la Gran Bretagna dai «monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino [di Canterbury, 534-604] nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba [521-597], che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide [ca. 512-601] e ai suoi compagni nel Galles» (Benedetto XVI 2010b).

E nel secolo successivo all’epoca d’oro dei santi inglesi, il settimo, il Papa evoca la figura del benedettino san Beda il Venerabile (672-735), dalla cui testimonianza preziosa ricaviamo qualche notizia sui primi grandi poeti cristiani in lingua inglese, Cynewulf e Caedmon, i cui testi più antichi ci sono conservati nel Vercelli Book: Il destino degli Apostoli, Elena e forse Andreas per Cynewulf, Il sogno della croce per Caedmon, senza peraltro che le attribuzioni siano del tutto sicure. Certo invece è che questa altissima poesia nasce come si è accennato dall’incontro fra l’epica celtica e la lettura della Bibbia nei monasteri, nell’epoca d’oro del primo cristianesimo inglese.

«Fu l’impegno dei monaci nell’imparare la via sulla quale incontrare la Parola Incarnata di Dio che gettò le fondamenta della nostra cultura e civiltà occidentali» (Benedetto XVI 2010b). In Inghilterra il Papa ha specificamente richiamato il suo discorso del 12 settembre 2008 al Collège des Bernardins a Parigi (Benedetto XVI 2008), da molti giudicato uno dei grandi discorsi del suo pontificato insieme a quello del 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona che lo precede esattamente di due anni. Al Collège des Bernardins il Papa fa notare che le radici cristiane dell’Europa sono, più precisamente, radici monastiche.

Le «radici della cultura europea» si trovano nei monasteri, i quali «nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi» non solo conservano «i tesori della vecchia cultura» ma insieme ne formano una nuova (ibid.). Per la verità, i monaci non avevano come scopo la cultura: «si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio» (ibid.). Non si trattava però di una ricerca senza bussole né di «una spedizione in un deserto senza strade» (ibid.). Al contrario, «Dio stesso aveva piantato delle segnalazioni di percorso» e dato ai cercatori una via: «la sua Parola», consegnata agli uomini nelle Sacre Scritture (ibid.).

La cultura dei monaci era così necessariamente una «cultura della parola», e i monaci avevano bisogno di studiare le «scienze profane», a partire dalla grammatica, non perché coltivassero la scienza per la scienza ma perché per la loro ricerca di Dio avevano bisogno di comprendere la Scrittura, e questo non poteva avvenire senza le scienze. Benedetto XVI cita ripetutamente lo storico benedettino dom Jean Leclercq, O.S.B. (1911-1993), per il quale nell’esperienza dei monaci del Medioevo désir de Dieu e amour des lettres procedevano necessariamente insieme. Così, ogni monastero aveva sempre una biblioteca e una scuola, perché senza questi strumenti era impossibile prepararsi e preparare a comprendere la Parola di Dio e quindi cercare Dio. Dunque, anche se lo scopo dei monaci non era creare la cultura europea di fatto essi furono condotti a crearla e a trasmetterla alle generazioni successive.

Per comprendere bene la Parola di Dio e per annunciarla i monaci dovevano studiare il greco, il latino, la cultura biblica e anche le tradizioni dei popoli in mezzo ai quali vivevano e cui dovevano annunciare il Vangelo. Nasce qui quel grande dialogo fra tradizione culturale celtica e sapienza biblica della cui espressione in forma poetica il Vercelli Book è eloquente testimone. Si pensi al primo poema del Vercelli Book, Andreas. Qui sant’Andrea, il santo patrono della Scozia la cui crux decussata o croce diagonale, su cui fu martirizzato, costituisce la bandiera scozzese ed è parte della bandiera britannica detta Union Jack, cerca di salvare il collega apostolo san Matteo che è stato rapito dai cannibali Mirmidoni. Del leale equipaggio della sua nave – un tipico comitatus, o gruppo di uomini, come s’incontra tanto spesso nella letteratura celtica e britannica – fanno parte un timoniere e due marinai, che sono in realtà Gesù e due angeli sotto mentite spoglie. Ma sant’Andrea non lo sa, e annuncia loro il Vangelo. Gesù ne è così soddisfatto che gli concede prima il dono dell’invisibilità, grazie al quale sant’Andrea riesce a penetrare nelle terre dei Mirmidoni, poi la forza – quando è scoperto – di resistere alle loro torture e infine di convertire i cannibali al Vangelo e liberare san Matteo. Anche questo poema ci fa vedere come nasce l’Europa nei monasteri: le radici della storia sono greche e derivano dagli Atti di Andrea nel quarto secolo, con un’ovvia eco dell’Odissea di Omero, ma la materia è rielaborata con l’andamento fiero e quasi militare delle epopee celtiche, su una base che rimane quella della Bibbia e della storia della salvezza cristiana.

E il messaggio è cristiano. I Mirmidoni che si cibano della carne degli uomini rappresentano, come il drago ucciso da san Giorgio, il paganesimo con i suoi sacrifici umani e con tutti i suoi aspetti oscuri che il cristianesimo sconfigge e incatena. Ma i Mirmidoni non sono il drago, cioè Satana: sono uomini, vittime del drago. Sant’Andrea dunque li sconfigge, ma non li distrugge: li converte. Così fa il cristianesimo europeo, che non distrugge l’eredità precristiana ma la purifica dai suoi aspetti inaccettabili e, convertendola, la preserva e ne fa una componente del tessuto dell’Europa.

Non potendo citare tutti i testi del Vercelli Book, vorrei fare almeno un riferimento a Elena, capolavoro di Cynewulf che vi appone anche la sua firma, una classica storia di inventio di una reliquia, anzi della reliquia per eccellenza, la Santa Croce, da parte di sant’Elena (ca. 250-330), madre dell’imperatore Costantino (272-337). L’episodio è storico, come la grande passione di sant’Elena per le reliquie, ma il poema è deliziosamente anacronistico, perché mette in scena nella Gerusalemme dei tempi di Costantino gli Unni e i Franchi. Sant’Elena è trasfigurata in una tipica eroina della mitologia celtica. Arriva a Gerusalemme alla testa di un’armata e compie diverse azioni eroiche e meritorie per ritrovare la Vera Croce, compresa la conversione di quello che emerge come il suo principale oppositore, l’ebreo Giuda. Alla fine di una ricerca davvero epica, in cui Satana stesso ostacola l’intrepida Elena, si scoprono non una ma tre croci, e nessuno sa quale sia quella di Gesù Cristo. Sono poste sopra un morto, e solo la Vera Croce lo fa risorgere. La Elena guerriera e nordica si trasfigura in una zelante ed eloquente predicatrice della verità del cristianesimo.

Forse il testo del Vercelli Book che ha avuto la maggiore influenza nella formazione della cultura britannica è The Dream of the Rood, talora tradotto come «Il sogno della croce».  Rood è il legno dell’albero da cui è tratta la Vera Croce, oggetto di una visione in cui il legno stesso appare, parla e racconta la storia della crocefissione dal punto di vista della Croce stessa. Ora, un albero che vive e parla è un elemento tipico del folklore celtico, e se ne ritrovano le tracce ancora nell’opera di John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973). Ma i tentativi moderni di ridurre The Dream of the Rood a un testo pagano non possono che fallire. Lo specifico albero da cui è tratta la Vera Croce è eminente per il suo rapporto con la Passione di Gesù Cristo, e il suo messaggio annuncia Cristo crocifisso e destinato a risorgere, non gli alberi o un mito pagano della natura. Contrapporre la radice celtica e quella cristiana del poema è, anche qui, un errore. I due elementi vivono e compongono un gioiello della poesia europea proprio in quanto stanno insieme.

Porzioni di The Dream of the Rood sono incise sulla croce di Ruthwell, un’opera dell’arte anglo-sassone dell’ottavo secolo che è una vera Biblia pauperum e corrisponde a un vasto programma catechistico sviluppato attraverso le immagini. È significativo che la croce sia stata distrutta da protestanti iconoclasti nel 1664, i quali però provvidenzialmente non ne dispersero i pezzi, così che nel secolo XIX è stato possibile il restauro dell’opera che oggi si trova nella chiesa scozzese di Ruthwell.

Il Vercelli Book non contiene solo poesia. C’è anche prosa: in particolare, una vita di san Guthlac di Croyland (673-714), un santo tuttora molto venerato nell’Inghilterra Orientale. San Guthlac ci richiama a un’altra radice del cristianesimo inglese ricordata da Benedetto XVI nel suo viaggio, quella regale e nobiliare. Rivolgendosi alla regina Elisabetta II il Papa così si è espresso: «I monarchi d’Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai primissimi tempi ed includono straordinari Santi come Edoardo il Confessore [1002-1066] e Margherita di Scozia [1045-1093]. Come Le è noto, molti di loro hanno esercitato coscienziosamente i loro doveri sovrani alla luce del Vangelo, modellando in tal modo la nazione nel bene al livello più profondo. Ne risultò che il messaggio cristiano è diventato parte integrale della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di queste isole per più di un millennio. Il rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno» (Benedetto XVI 2010a).

San Guthlac, nobile guerriero imparentato con re degli antichi popoli inglesi e maestro di futuri re come Etebaldo di Mercia (?-757), conclude – come altri nobili inglesi di quell’epoca – la sua vita diventando monaco, nutrendosi – come ci assicura il Vercelli Book – di pane ed acqua e vestendosi di sole pelli di animale. A riprova dell’intreccio culturale di cui il libro è testimone, il testo di Vercelli deriva da una più antica Vita Sancti Guthlaci in latino, quasi contemporanea al santo e per questo particolarmente attendibile. Insieme, la duplice vita di san Guthlac come guerriero e come monaco ci richiama alla complessità delle radici dell’Europa, la cui identità è stata difesa contro tanti nemici, con le armi e con i libri. In questo senso, la riflessione sulle radici monastiche e regali della cultura europea costituisce un nuovo richiamo a riscoprire quel segreto dell’Europa, l’armonia fra fede e ragione, fra religione e vita civile che già era al cuore del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona.

 

 

 

Riferimenti

Benedetto XVI. 2008. Incontro con il mondo della cultura al Collège des Bernardins. Discorso del Santo Padre, Parigi, 12-9-2008.Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/6d9grq.

Benedetto XVI. 2010a. Visita a Sua Maestà la Regina e incontro con le Autorità nel Parco del Palazzo Reale di Holyroodhouse a Edimburgo, del 16-9-2010. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/326oxo3.

Benedetto XVI. 2010b. Incontro con il mondo dell’educazione cattolica nella cappella e nel campo sportivo del St Mary’s University College a Twickenham (London Borough of Richmond), del 17-9-2010. Indirizzo agli insegnanti ai religiosi. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/3xlcshd.

Benedetto XVI. 2010c. Celebrazione Ecumenica nella Westminster Abbey (City of Westminster), del 17-9-2010. Parole introduttive nella recita dei Vespri. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/38438hj.

Benedetto XVI. 2010d. Il viaggio apostolico nel Regno Unito, Udienza generale in Piazza San Pietro, del 22-9-2010. Disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato http://tinyurl.com/34qjaxw.