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CESNUR - center for studies on new religions

Aspetti spirituali dei revival celtici e tradizionali in Lombardia

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"La nostra patria si chiama Langbard": intervista alla Comunità Odinista

 

PierLuigi Zoccatelli

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Risponde alle domande Hundingr-Gisulf (Paolo Gauna), direttore della Comunità Odinista e ispiratore dei gruppi presenti a Varese, Como, Lecco e Milano.

Domanda: Com’è possibile definirsi "celti" o "pagani" nel XXI secolo?

Io mi chiedo, piuttosto, come si possa non essere pagani nel XXI secolo. Mentre assistiamo a una rinascita delle fedi neo-ancestrali e native, osserviamo la crisi del cristianesimo dopo nemmeno duemila anni di vita. Coloro che sentono vive in sé le proprie radici lottano per mantenerle sane e bene affondate nella propria Terra; quelli che hanno perso il senso d’appartenenza a una "comunità di popolo" si abbandonano alle dottrine universaliste: in entrambi i casi la fuga dal monoteismo religioso e culturale si presenta come un dato palpabile e incontrovertibile. La riscoperta di sé attraverso il proprio sangue genera un’autoconsapevolezza dei propri valori spirituali, delle proprie potenzialità, e di conseguenza nasce un forte e assoluto orgoglio.

Definirsi "celti", "pagani" o, come preferiamo noi, "odinisti", significa entrare a far parte di una comunità spirituale ristretta e, necessariamente, uscire dalle regole di una società che si autodefinisce "civile". Noi siamo gli uomini che gli inquisitori anglofoni definivano "heathens", quelli che stanno al di fuori dei centri abitati, nelle brughiere, nei boschi e in mezzo alle rocce. Questa condizione è la medesima se paragonata al nostro stato interiore; non è più un luogo, è - appunto - uno "stato". Noi siamo al di fuori delle regole. La nostra posizione è simile a quelle degli antieroi dei romanzi noir: sempre al di fuori della legge, fuorilegge "al di sopra della legge". Certo, siamo gente che lavora e ha una vita comune, che rispetta le leggi e le elementari regole di comportamento; ma questo atteggiamento è dovuto al nostro realismo e alla nostra misticità, che raramente si abbandona a manifestazioni esteriori.

Domanda: Com’è nata la Comunità Odinista?

Da una chiamata spirituale. Per quel che mi riguarda, credo che la Comunità Odinista sia un essere vivente che segue un ciclo di Vita-Morte-Rinascita: questo essere è costituito da uomini e donne che si sforzano di costituirne l’ossatura quale "comunità di famiglie".

La mia prima attrazione verso certe tematiche avvenne secondo i criteri di un attacamento affettivo: tipico di un pagano "non militante" quale ero dall’età di diciotto anni. Solo in seguito al raggiungimento di un obiettivo realizzai quale potesse essere la via longobarda all’odinismo.

Ho sempre inteso il concetto di viaggio (da un punto geografico a un altro) anche secondo la sua valenza di viaggio spirituale, di viaggio interiore. Questa fu la condizione nella quale mi trovai nel 1994 in Islanda.

Le caratteristiche di questa chiamata restano troppo intime per essere qui definite; le circostanze restano chiare nella mia mente, come pure tutto il cammino interiore che mi portò a essere lì per ricevere la chiamata degli Dei: è quello che noi definiamo Wyrd e che ha nulla o poco a che vedere con il concetto di destino conosciuto nella nostra cultura giudaico-cristiana.

Domanda: Qual è la sua funzione all’interno della Comunità Odinista?

Ha detto bene: "funzione". Io ho solo la funzione Gothi ("invocatore", il sacerdote) e di Allsherjargothi della Comunità Odinista: ciò significa che sono l’Invocatore di tutto il Popolo durante i Blótar. Questo mio atteggiamento è dovuto alla reverenza che ho nei confronti di figure come quella di Sveinbjörn Beinteinsson, uno dei padri della nostra Rinascita. Sarebbe grottesco definirmi ora, appena trentunenne, un Gothi… Sono gli Dei che ci scelgono, noi non abbiamo facoltà di scegliere nulla.

Domanda: In che modo conciliate questa tradizione germanica con il substrato celtico della vostra terra?

Noi non desideriamo essere diversi da ciò che il nostro imprinting genetico ci impone: quello che i tedeschi chiamano "Ahnenerbe", l’eredità ancestrale. Basta guardarci negli occhi durante i nostri Blótar per comprendere che siamo l’essenza e la nuova avanguardia di un popolo. In noi il riconoscimento di comuni tratti etno-spirituali è portato all’estremo e ogni sociologo navigato vedrebbe in noi le caratteristiche tipiche di una Tribù.

In noi sentiamo lo stesso sangue che scorre nella terra al di sotto dei nostri piedi: noi portiamo dentro l’eredità spirituale e genetica dei celti cisalpini come pure quella consistente dei germani delle migrazioni. Essi sono con noi in spirito durante la riunione del nostro Popolo per i Riti, essi sono costantemente con noi perché il loro corpo mortale è andato a rinvigorire la Terra, gli alberi che ci circondano e che ci offrono una parte di loro per alimentare i nostri fuochi solstiziali. Guerrieri celti e longobardi sono al nostro fianco durante i Thing della Comunità Odinista; essi continuano a onorare i nostri Alti Dei e Dee.

Domanda: Che importanza ricopre il Rito nella vostra Comunità?

Un’importanza essenziale. È un dovere per la formazione di una nuova tradizione. L’andare in un bosco con qualsiasi tempo: sole e caldo torrido, neve, gelo o pioggia fredda, è una necessità alla quale noi fronteggiamo la nostra essenza guerresca, ma al contempo è anche un’immensa gioia. Noi torniamo rinvigoriti perche costruiamo ogni giorno il nostro tempio, il nostro hof agli Aesir. È un atteggiamento non comune che ci ricorda di essere parte di un popolo. Questo atteggiamento genera una selezione e l’eliminazione dei più deboli, esattamente secondo la logica della legge naturale: coloro che non sentono in sé la propria potenza interiore (Megin), i tiepidi e i finti odinisti, lasciano in breve la nostra comunità. Essi non oppongono, o lo fanno raramente, obiezioni di carattere teologico e culturale: semplicemente si stancano di vivere secondo usanze tribali. Noi, di certo, non forziamo questi individui a rimanere; la logica del numero non ci appartiene.

La nostra comunità, attraverso i rituali, si forgia come una spada: noi siamo le molecole che si saldano le une alle altre, come se il martello che ci battesse nella forgia rovente fosse proprio il martello di Thór. Noi, i Fedeli agli Aesir, ci uniamo e ci fortifichiamo nella Comunità Odinista, le molecole più deboli saltano via, sfuggono e tornano a essere parte di un gorgo indefinito: tornano nella società civile.

Non abbiamo altri sentimenti che indifferenza verso di loro: hanno guardato la loro funzione nella Comunità Odinista con gli occhi della logica, non con quelli dell’istinto primordiale che ci muove.

Domanda: Quale relazione c’è tra rito odinico e luogo sacro?

Un rapporto strettissimo, soprattutto per quel che riguarda la nostra comunità, se teniamo presente che non abbiamo mai praticato un Blót al coperto, in una sala chiusa o sotto una tenda. Anche sotto la pioggia i nostri rituali sono avvenuti regolarmente all’aperto.

Attualmente abbiamo concentrato le nostre attenzioni su quello che è da sempre il luogo deputato ai nostri rituali più importanti, dai Blótar ai Thing: si tratta di una pietra, un altare druidico eretto da una tra le più fiere tribù celtiche cisalpine. Questa tribù è stata protagonista della resistenza antiromana; è un onore per noi essere i custodi di questa pietra carica di forza. Essa ha superato pressoché indenne l’invasione romana e secoli di furore cristiano.

Domanda: Dove è situata questa pietra?

Ci dispiace, ma preferiamo non indicare il luogo esatto. Vorremmo evitare orde di curiosi e famigliole in cerca di luoghi dove campeggiare. È situata in un’area alpina e basterà dire che è stata studiata e le sue dimensioni e posizioni dettagliatamente rilevate da diversi istituti.

Domanda: Può spiegarci meglio cosa sono e come si svolgono i rituali Blótar e Thing?

I nostri sacrifici, i Blótar (al singolare Blót), si svolgono solitamente di notte. Tale periodo della giornata non è scelto in base alla necessità di creare un effetto scenico (o peggio, quasi gotico, come sarebbe nelle intenzioni di gruppi improvvisati): noi prediligiamo la notte in ragione della sensibilità tutta germanica e celtica che erano convinti - come testimonia Tacito nella sua Germania - fosse "la notte a portarsi dietro il giorno".

Sommariamente, e molto semplicemente, un Blót può essere suddiviso in questa struttura di base: un momento di purificazione (silenzio e meditazione per tutti i partecipanti) e di seguito l’iniziale "condivisione", vissuta come un atto di fede nei confronti degli Aesir e dei Vanir. L’accensione del Fuoco sacro simboleggia la nostra comunione con la Madre-Terra, perché noi, come il Fuoco, bruciamo su di essa e in essa. Segue la suggestione runica, che avviene secondo modalità diverse in ogni occasione e si basa sulle Rune del futhark (alfabeto runico) cosiddetto "antico". La bevanda, che sia idromele o birra, viene consacrata col "Segno del Martello", simbolo di vita ma anche di riscatto contro la fede straniera; in seguito la bevanda viene condivisa tra gli affiliati presenti al Blót. Questo liquido, che dona conoscenza e ci ricollega alla nostra pura essenza, viene sparso sul luogo di culto, a testimonianza del costante collegamento fra essenza etno-spirituale e Terra. Un tempo questa aspersione veniva fatta col sangue delle vittime sacrificali: oggi noi sacrifichiamo la nostra essenza.

La nostra struttura rituale, raccolta nel testo I Fuochi di Gambara, comprende Blótar stagionali (in corrispondenza di cicli e ricorrenze stagionali), e "maggiori", cioè quelli dedicati a particolari figure divine. Va aggiunto che abbiamo celebrato e celebreremo matrimoni, funerali e imposizioni del nome sui bambini presenti nella Comunità Odinista.

I Thing sono riunioni che hanno lo scopo di regolare l’organizzazione interna della Comunità Odinista, come le attività esterne. Il Thing è un’occasione per sottoporre a giudizio ogni membro della Comunità Odinista. Diversamente dal tradizionale Thing islandese (ritenuto - a torto o a ragione - una fra le più antiche forme di democrazia), quello longobardo può avvenire anche con la presenza di affiliati armati di simboli quali spade o lance, come era tradizione degli antichi Germani continentali.

Le nostre armi sono simboliche e gli abiti hanno lo scopo di metterci in relazione con i nostri antenati anche attraverso una condivisione di usanze tribali, come quella di un comune abbigliamento. Durante una festa neoceltica in Valle d’Aosta, una giornalista milanese mi chiese perché noi della Comunità Odinista non avessimo, come altri partecipanti, abbigliamenti "di scena" druidici o celtici. Risposi che era nostra abitudine mascherarci solo a carnevale: i nostri abiti sono abiti rituali, non li mettiamo in occasione di feste che consideriamo carnevalate, e questo perché siamo Ásatrúar e di conseguenza persone serie. Attraverso i vessilli che esponiamo al Blót o al Thing noi esprimiamo una comune appartenenza; mediante simboli quali spade e lance la nostra essenza guerriera; attraverso l’abbigliamento la nostra anima legata alla Ur-Heimat longobarda ("Patria originaria"); e mediante il nostro sacrificio durante il Blót il nostro spirito di fedeltà agli Dei.

Domanda: Esistono delle difficoltà nel definirsi "Odinisti"?

La nostra è una Fede ma è anche uno stile di vita. Non ci autodefiniamo una religione, poiché siamo tutto fuorché una realtà istituzionalizzata. Non escludo che questo problema verrà posto, ma solo in futuro.

Nel momento in cui si aderisce con il proprio stile di vita ai principi di una Fede come quella odinica, le azioni e le scelte di comportamento che ne scaturiscono potranno non essere in linea con i principi del mondo moderno. L’adesione pura e semplice al trinomio "Fede-Volk-Famiglia" ("Fede-Popolo-Famiglia") non rappresenta certo un buon biglietto da visita in una società alla deriva verso un generico spiritualismo universalista, verso una mondializzazione delle coscienze e verso lo smembramento della società in "famiglie aperte".

Le difficoltà sono fatte per essere superate: noi portiamo sempre il Martello di Thor al collo, e lo sentiamo come un obbligo sentito anche se non imposto, tanto che lo mostriamo fieri durante l’attività lavorativa, il divertimento, la vita in famiglia, ecc. Noi abbiamo il dovere al combattimento e il mostrare questo simbolo di Fede e di vita non è solo il portare al collo un simbolo etnico: questo si chiama dovere della testimonianza.

Le nostre nove virtù nobili non rappresentano per noi dei "comandamenti", ma semplicemente la coerenza con il proprio sangue e il proprio spirito. Quando agiamo secondo i criteri di coraggio, verità, onore, fedeltà, disciplina, ospitalità, operosità, autostima e perserveranza, lo facciamo più o meno inconsciamente, poiché questo è uno stile di vita proprio di uomini fieri.

Noi abbiamo rifiutato un Dio straniero, per il quale è necessario un comandamento per imporsi sui suoi fedeli ("Non avrai altro Dio all’infuori di me"), per cui sarebbe un controsenso citare queste "virtù nobili" come pure regole, se esse non fossero già scritte, col sangue, nel nostro spirito.

Domanda: Si nota nel suo discorso l’accomunare del concetto di sangue e spirito. Secondo quali criteri sussiste questo parallelismo nella vostra visione del mondo?

Non secondo i criteri tipici dei "tradizionalisti" italiani (gli "evoliani", per essere chiari). Secondo noi non esiste differenza tra sangue e spirito: tra identità etnica ed essenza spirituale. Noi ci guardiamo allo specchio, al mattino, e siamo fieri di ciò che vediamo: il volto di un vero longobardo. Allo stesso modo, quando facciamo meditazione runica, nei nostri boschi, non vediamo più nulla; a occhi chiusi e nel silenzio del sottobosco, nel buio della notte, noi portiamo a galla dalla nostra anima le Rune. In quel momento non vediamo, dicevo, ma piuttosto sentiamo in noi, viva, l’essenza dell’appartenenza a un "qualcosa" di più grande, che accomuna i nostri ascendenti e i nostri discendenti e che ci porterà verso la riunione con loro, alla fine dei tempi.

Nella nostra vita sangue e spirito sono uniti: noi non ci siamo avvicinati all’Ásatrú per semplice spirito di curiosità: c’è stata una chiamata. Noi non abbiamo abbracciato la Fede straniera di un altro popolo: facciamo parte di un popolo, di questo popolo. Nella vita di tutti i giorni, nella nostra esperienza più intima, accade quello che avviene durante ogni Blót. Conosce la teoria matematica del paradosso spazio-temporale? Durante i nostri rituali il tempo e lo spazio vengono azzerati. Noi siamo insieme ai nostri morti, con noi stessi e insieme agli Aesir e ai Vanir, ai nostri Dei. Anche nella vita di tutti i giorni questi livelli, in maniera più impercettibile, coincidono, ci offrono l’autocoscienza di noi stessi.

Domanda: Quale importanza ricopre la pratica magica nella vostra vita?

Direi che sussiste un’importanza soggettiva per quel che riguarda la pratica magica. Non tutti i nostri affiliati sono interessati ad approfondire le arti della magia nordica (Seithr, dal norreno "seduta"). Del resto non sarebbe nemmeno permesso oltre certi limiti: in passato abbiamo visto individui eccedere in grossolani errori o in eccessive semplificazioni, abbandonandosi così a pratiche magico-rituali discontinue e grossolane, utilizzando le Rune senza alcun approccio sacrale. Queste persone sono diventate vittime di se stesse e ci hanno costretto ad allontanarle dal movimento.

La pratica magica all’interno del nostro Volk non è "per tutti". Essa veniva originariamente praticata dalle donne. Se un uomo si avvicina alla pratica del seithr deve essere certo delle proprie potenzialità, della sua identità sessuale e dei rischi ai quali potrà andare incontro. Personalmente ho notato questa predisposizione femminile verso la magia, e la frequentazione di una persona con tali qualità (völva, la veggente) può aiutare un uomo nell’amplificare certe percezioni; nulla di più. Del resto sono poche le donne che hanno ricevuto questo dono dagli Dei, e forse questa è la principale ragione dell’esiguo numero di donne nella comunità Odinista/Ásatrú internazionale.

Non voglio sostenere la nota teoria secondo cui la pratica magica si sia "evoluta" in religione. Lo sciamanesimo è una parte dell’Odinismo/Ásatrú, non ne costituisce la totalità. Anche durante i nostri sacrifici noi intoniamo i Galdar (canti magici), ma il Blót mantiene il suo carattere di sacrificio agli Dei, non di pratica rituale magico-operativa. Anche la consuetudine dello Stödhur (postura runica) è tanto importante quanto limitata all’interno della nostra attività rituale. Noi non desideriamo saltare alcun passaggio in ogni aspetto della nostra ricerca: la fretta è tipica dello stupido che vuole elevarsi al rango di mago o grande stregone.

Abbiamo il privilegio di vivere in una terra che ha le prime testimonianze di iscrizioni runiche: ciò equivale a una grande responsabilità quali custodi di questi simboli viventi della forza odinica. Questa responsabilità ci impone un rigore estremo nella nostra ricerca interiore. Potrei sintetizzare questo concetto dicendo che, come la nostra Fede non è per tutti, anche la magia, all’interno della nostra Comunità, non è per tutti.

Domanda: Figure di donne che aderiscono a queste caratteristiche?

Il primo nome che mi viene in mente è quello di Else Christensen, che con la pubblicazione del suo Sunwheel Magazine, nei primi anni 1970, ha dimostrato che la forza di volontà permette di superare ogni ostacolo. Non mancano riferimenti storici ben precisi; basti pensare che il primo e più importante capo-popolo del Volk longobardo del quale abbiamo notizia non fu un uomo, ma una donna, Gambara. Lei, la portarice dell’asta runica (Gandr) aveva funzione di sacerdotessa e di capo. Gambara, al pari di altre donne - come Veleda o Ganna dei Galli Senoni -, veniva venerata come madre del popolo, veggente in contatto con gli Dei e il mondo degli spiriti; queste consuetudini ci vengono - del resto - tramandate da storici come Tacito ["Credono anzi che vi sia in esse qualcosa di santo e di antiveggente; non ne disprezzano i consigli, non ne trascurano i responsi. Vedemmo, sotto il divo Vespasiano, Veleda considerata da molti come una divinità; anche in altri tempi venerarono Albruna e parecchie altre non per cortigianeria né per farne delle dee" (Germania VIII)].

Paradossalmente poi vi sono poche donne che dimostrano l’equilibrio necessario per essere accomunate alle loro antenate. Nei gruppi universalisti (dove molti si definiscono "Ásatrú " pur mescolando altre tradizioni) vi sono diverse donne, e molto spesso questi gruppi sono costituiti quasi solamente da una o due donne, con uno o due consorti al seguito... Casi curiosi di inversione delle caratteristiche sessuali!

Domanda: Figure maschili?

Ve ne sono diverse e differenti. Va detto che la nostra Rinascita si è basata spesso sulla libera ed eroica iniziativa di avanguardie coraggiose. Persone che hanno sacrificato gran parte della loro vita, se non tutta, alla causa degli Dei: quale miglior concetto di "sacrificio"?

Penso a Sveinbjörn Beinteinsson, che da alcuni venne definito come un tipo che non era mai stato "bravo a far soldi", o a Stephen A. McNallen con la sua Asatru Free Assembly degli esordi.

La chiamata impone a certuni di non badare ai soldi investiti, al tempo impiegato, alle delusioni derivanti dall’impatto con materiale umano scadente. Tratto comune è l’assenza di qualsiasi investitura a "santone" o a "papa pagano".

Se dovessi individuare una figura-chiave per quel che riguarda il nostro movimento longobardo, di sicuro indicherei Gualtiero Cìola (Walto Hari, 1925-2000). Lo studio delle sue opere, la sua conoscenza e l’amicizia che ne derivò hanno sicuramente segnato la strada della Comunità Odinista. Lui ci ha apertamente supportati, ci ha sostenuti e mi ha sempre consigliato nel migliore dei modi. È stato senza dubbio un padre spirituale per la Comunità Odinista e per tutto il nostro Volk. Nel 1987 scrisse un libro, Noi, Celti e Longobardi, divenuto più tardi un best-seller nell’area "padanista". Ha sempre avuto una grande umiltà e un’onestà culturale senza pari; tutte caratteristiche che, insieme a una certa combattività dettata dall’amore per la libertà e la verità, non gli hanno mai fatto guadagnare alcun riconoscimento.

Domanda: Lei è un uomo di fede?

Ho una Fede, combatto per questa e mi sacrifico per essa. I miei Dei sono costantemente accanto a me. Non riesco a credere sino in fondo a tutto. Sono e resto un uomo libero; così mi vogliono gli Dei.

Attingiamo alla tradizione eddica non secondo principi dogmatici, viviamo la Fede coscienti che questa non è una religione. Mi sento spesso agnostico e realista, diffido dei super-convinti, dei super-fedeli... sono i primi a cedere. Non so cosa mi accadrà dopo la morte del mio corpo fisico. So che si spegneranno le luci e la mia vita finirà: se andrò nel Valhalla oppure, come desidero, alla corte di Freyja... lo saprò solo quando mi accadrà.

Durante una trasmissione radiofonica presso l’emittente Radio Padania, dell’agosto 2001, ci telefonò un radioascoltatore che si dichiarava "ateo da sempre"; rimanemmo poi felicemente stupiti nel sentirgli dichiarare la sua felicità nell’udire "finalmente qualcuno parlare di fede".

Domanda: Qual è il vostro atteggiamento al riguardo del nascente neoceltismo e delle sue manifestazioni (riviste, musica, festival celtici, feste irlandesi, ecc... )?

Dipende da ciò che si intende per "neoceltismo". Molti degli organizzatori di questa new wave confondono e mescolano celtismo e tradizione nordica, oppure eliminano del tutto la seconda. Se poi si accenna all’eredità di altre stirpi, come quella ligure o venetica, allora si sconfina, poiché queste non costituiscono sostanza appetibile per nuove "mode". Questo non corrisponde al materiale spirituale che costituisce le nostre genti autoctone. Un "rituale", un gesto, un fuoco acceso in comune può avere una pura valenza estetica per costoro anche se fatto per suscitare emozioni legate a un’atmosfera "celtica".

Questo neoceltismo non affonda le proprie radici in una "nuova rinascita", non è l’espressione dell’orgoglio di popolo; sembra piuttosto il risultato evidente di una strategia di marketing. Basta osservare quante persone in kilt possiamo incontrare in queste feste: c’è una grande confusione tra Vercingetorix e Braveheart, tra musica "celtica" e folk irlandese... In definitiva questi miscugli danneggiano anche il possibile merito di dar vita manifestazioni di "living history". Poca essenza e molta apparenza.

Domanda: Come si pongono gruppi come il vostro nei confronti di queste manifestazioni?

Secondo i principi derivanti da un rifiuto totale di tutto ciò. Far convergere verso tali iniziative tante genti appassionate dell’Irlanda, della birra Guinness, di musica, di magia spicciola, ecc., non rientra nella nostra visione del mondo. Noi siamo estremamente selettivi e ci regoliamo secondo criteri meritocratici: la nostra Fede non è per tutti, la nostra Fede è etnocentrica... quanto di meno commerciale vi sia. Siamo, in questo senso, decisamente "selvatici".

Per parafrasare Ezra Pound [1885-1972], in questi tempi di revival, noi preferiamo opporre il Sangue all’oro.

Ma tale fenomeno è comprensibile: viviamo in un mondo dove vale la regola del "tutto e subito" e ci troviamo spesso in difficoltà nello spiegare ai giovani che il cammino della Comunità Odinista, i risultati di una qualsiasi ascesi personale non sono immediati e nemmeno indolori. Dunque ci sorprenderemmo se questo tipo di manifestazioni non avessero successo, oggi.

Il termine che ho usato prima, "Megin", oltre che forza significa anche l’essenza. Ripeto: per quel che ci riguarda noi insegnamo ai nostri giovani a essere, non ad apparire. Differenza importante!

Puoi vestirti da celta, impararne persino la lingua, ma se non hai il sangue di un gallo cisalpino, o di un bretone armoricano... allora sei solo la caricatura di un qualcosa che non ti apparterrà mai.

Per quel che riguarda l’aspetto puramente spirituale, noi siamo dispiaciuti e divertiti quando sentiamo di Druidi che hanno raggiunto la consacrazione grazie a corsi per corrispondenza, ed è capitato!

Domanda: E nei confronti dei tentativi di stabilire un sincretismo tra odinismo, druidismo e cristianesimo?

A parte il noto precedente storico, il tentativo dello gnosticismo di fondere filosofie pagane e cristianesimo, attualmente tale tendenza è tiepidamente supportata nell’ambiente politico della destra radicale italiana. Questo è un ambiente che con noi non ha nulla a che fare. Solitamente sono dei buoni politici o politicanti a parlare in questi termini, preoccupati di ingraziarsi le frange aderenti al cattolicesimo tradizionalista. L’Italia è un paese nel quale nessuno ha le idee chiare o il coraggio delle proprie azioni: non ci sono nemmeno più cristiani o pagani, ma pagano-cattolici. Eppure anche lo gnosticismo prima di loro, pur affondando le proprie radici nell’ellenismo aveva forti influenze giudaiche: in quella stessa cultura dalla quale proviene il dio straniero che ha "colonizzato" le anime delle nostre genti, naturale che anche coloro che si ergono a difensori delle nostre identità si rivelino figli di una cultura straniera.

Certo noi dobbiamo studiare i simboli depredati e assunti dalla Chiesa, dobbiamo studiare ciò che nelle dottrine "cristiane" più vicine al popolo e nelle cosiddette dottrine eretiche mantiene qualche elemento pagano, ma questa è una ricerca nell’ambito dell’archeologia, della storia dell’arte, ecc.; nulla a che vedere con una ricerca spirituale.

Come scrive Otto Rahn [1904-1939], in Crociata contro il Graal, al riguardo dei catari, certamente vi fu nella società celto-iberica e nella sua cerchia druidica un atteggiamento di estrema apertura nei confronti della nuova fede straniera, ma la storia del catarismo si conclude con un massacro, a riprova della assoluta incompatibilità tra Fedi native e religioni rivelate.

Domanda: Qual è allora il vostro atteggiamento nei confronti di entità nazionali, regionali, ecc.?

Noi viviamo su un territorio posto sotto il controllo amministrativo italiano. Ai nostri occhi questo è semplicemente irrilevante. L’immagine del "Belpaese" è quella del buon cibo e dei binomi Chiesa-mafia, pizza-spaghetti, sole-mare: quanto di più distante vi sia dal nostro essere. Quando nel 1994 (Anno 2244 dell’Era Runica) iniziammo a pubblicare il nostro organo - L’Araldo di Thule -, intendevamo rendere omaggio alla mitica patria iperborea. Ma Thule non è solo un’isola, non è solo cibo per gli archeologi; noi intendevamo la nostra "Thule interiore", un’isola verso la quale andiamo come fecero i colonizzatori d’Islanda, per sfuggire alla fede straniera che veniva loro imposta in patria. Noi cerchiamo la nostra Thule secondo i criteri del "viaggio spirituale interiore" al quale accennavo prima.

I moderni Stati nazionali, basati su un obsoleto nazionalismo di stampo ottocentesco, non tengono conto delle diverse sostanze etno-spirituali dei popoli che li compongono. A noi non interessa la tradizione italico-romana come quella ellenica: possiamo rimanere semplicemente nel campo dello studio, senza nemmeno appassionarci più di tanto.

La nostra patria si chiama Langbard: i Longobardi avevano capito che vi era una comunanza di sangue che andava dal Ticino alla Toscana e dalla Valle d’Aosta al Friuli; per questo non ebbero nessuna difficoltà nel sentirsi "a casa". Tutto questo anche a loro spese, purtroppo, tant’è che i ducati del Sud non fecero mai parte integrante della Langobardia Major.

In questo senso l’Odinismo/Ásatrú è molto meglio di un partito o di una dottrina politica: è la nostra connessione con il passato e con le nostre radici ancestrali.

Per quel che riguarda la regione, sono affettivamente legato all’idea di una regione basata sul concetto di unione di genti fondata sull’etnia.

Domanda: Dunque vi sentite senza una patria?

Questo concetto - del quale parlavamo nelle nostre prime riunioni in diversi pub, tra una birra e l’altra -, ovvero quello della Thule interiore, è stato teorizzato dalla comunità Odinista/Ásatrú internazionale nel concetto di "Nazione di Odin". È un’entità sovrannazionale, alla luce delle nazioni attuali. È la nostra Nazione Sacra, prescinde da confini geografici e si basa sulla comunanza etno-spirituale.

Domanda: Come inquadrate la vostra comunità umana in questa "Nazione di Odin"?

Esiste forse una particolarità che rende "magica" l’intera Comunità Odinista: il rispetto verso lo Spirito Animale che si cela in ognuno di noi. Noi, al pari dei cinocefali longobardi [quelli tramandati nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono], ci consideriamo un vero e proprio branco. Di conseguenza, è un dato di fatto, noi ci sentiamo molto più simili agli animali che non alla gran parte degli uomini che ci circondano. L’attingere all’essenza del proprio spirito animale è una fase cruciale della pratica magica nordica. I cinocefali sono l’archetipo mitico di ciò che noi siamo: uomini che usano l’istinto (animale), possedendo una testa di cane, non una logica umana.

Naturalmente, per quel che mi riguarda, è molto più difficile fare il pastore di lupi, che non il pastore di pecore... ma forse è anche più soddisfacente!

Domanda: Dunque voi non praticate il sacrificio di animali...

No, lo combattiamo decisamente. Sarebbe comprensibile e giustificablie in una società rurale, dove il contadinato e la società vivono secondo i ritmi legati al ciclo delle stagioni. In una società (in)civile come la nostra nessuno dei fautori dei sacrifici animali si azzarderebbe a sacrificare un oggetto del valore monetario corrispondente a un bue o a un cavallo dell’Alto Medioevo; semplifico e faccio un esempio molto "materiale". Nessuno dei vari satanistelli para-pagani distruggerebbe la propria auto nuova di zecca: è un discorso terra-terra, ma efficace.

Noi facciamo sacrificio di noi stessi durante il Blót. Attingiamo alla conoscenza come fece Odin stesso, dividiamo l’Idromele o la Birra bevuta in Comunità con gli Dei, con la Madre Terra. In quei momenti fungiamo da catalizzatori di forza. Il fenomeno è simile a ciò che avviene durante un temporale, e questo testimonia la compresenza del livello divino con quello umano: quando una corrente ascendente incontra la corrente discendente si ha la scarica, il fulmine. Questo è il fenomeno più evidente della potenza vitale di Thór. Poniamo il fenomeno in termini spirituali, non parlerei di "energia". Questa è una parola legata alla fisica e l’energia non viene generata dal nulla: noi siamo portatori di una forza interiore, di una potenza chiamata megin; nel momento del sacrificio essa si incontra e fa da tramite tra la legge primordiale (Örlog) e Asgard. Secondo queste modalità noi impariamo a sacrificare noi stessi e a rendere il nostro rito odinico comunitario un momento prezioso per tutti gli affiliati presenti all’assemblea.

Attingiamo alla conoscenza anche in questo modo, mediante il sacrificio; l’auto-immolazione secondo l’esempio di Odin. Ma in quel momento noi diventiamo il corno per bere di Odin.

Noi lasciamo la più ampia libertà di coscienza ai nostri affiliati anche per ciò che riguarda l’alimentazione: solitamente in corrispondenza dei Blótar, durante le feste, viene consumata carne di maiale, anche se io credo di essere l’unico esempio al mondo di odinista che segue una dieta "vegan", rifiutando ogni tipo di carne, latte, latticini o uova per la mia alimentazione. Decisamente: mi sento un animale, con poco o nulla a che fare con la gran parte degli "uomini" che incontro nella vita di tutti i giorni.

Domanda: Voi vivete secondo questo ciclo delle stagioni di cui parlava?

Noi abbiamo Blótar stagionali ben precisi, scadenze che ci sentiamo di rispettare anche perché ci ricordano il mondo dal quale proveniamo. Sarebbe utopico pensare di vivere anche solo come i nostri nonni e bisnonni, figuriamoci come i nostri Antenati più lontani: essi stabilivano un vero rapporto con il Sole, il cielo nuvoloso, la terra secca o fertile, erano sostanzialmente dei pagani. La vita urbana, gli elettrodomestici e le regole civili costituiscono un cordone ombelicale con uno stile di vita a noi alieno.

L’odinista vede il ciclo di nascita-vita-morte e rinascita nel ciclo delle stagioni come nella vita umana, come nell’essenza di tutte le cose. Ma sono concetti che Beinteinsson ha esemplificato molto meglio di me.

Siamo coscienti che la nostra è una "nuova tradizione", e siamo coscienti che questa definizione può apparire paradossale, ma questa è la nostra forza, ci rende uomini in grado di vivere in questa società mantendo i caratteri distintivi di appartenenti a un Popolo.

Domanda: Esiste una pratica rituale famigliare del culto odinista?

Certo. Tutti i nostri sforzi sono diretti nella costruzione di una comunità di famiglie. Non forziamo nessuna coppia alla procreazione, ma questo è l’obiettivo di ogni uomo e donna della Comunità Odinista. Va detto che abbiamo assistito a un certo numero di separazioni, e io stesso sono separato. È il prezzo che molti di noi pagano per uno stile di vita non-conforme. Noi non solo pratichiamo la nostra Fede, ma la viviamo; abbiamo sotto agli occhi l’esempio dei giovani cattolici che praticano ma che hanno difficoltà nel vivere secondo i principi che la Chiesa cattolica impone, soprattutto in materia sessuale. Per noi non è difficile vivere secondo la legge di Odin. È un onore combattere tutti i giorni contro la legge innaturale del mondo moderno.

Non riusciamo a praticare tutti i nostri Blótar in comunità, questo non è sempre possibile, e ce ne rammarichiamo. Riusciamo a vederci una o due volte al mese solamente. Tutte le restanti festività sono buone occasioni per praticare il culto in forma privata o famigliare, nel proprio hof ("tempio"). È una pratica necessaria, che a volte può dare molto conforto.

Domanda: Siete persone pericolose?

Cosa si intende per "persona pericolosa"? Noi siamo un branco. Genericamente i lupi sono schivi e non si può addebitare loro una certa pericolosità se essi debbono essere aggressivi per difendersi o sfamarsi. Il branco diventa pericoloso solo se altri individui dall’esterno cercano di forzarne le regole.

Non siamo pericolosi per la società che ci ospita, per la gente comune o per le signore che vanno a messa la domenica mattina. Reagiamo alla falsificazione storica e combattiamo coloro che riteniamo non degni di assumersi l’esclusiva della nostra eredità culturale. Esiste un preciso diritto di sangue secondo il quale una persona può definirsi erede della civiltà celtica o germanica; non basta nemmeno essere nati qui.

In poche parole: si può combattere utilizzando un organo di stampa, una trasmissione radiofonica, armi dialettiche, ecc. In questo senso abbiamo sempre combattuto sedicenti "pagani", coloro che praticano sacrifici di animali o universalisti che, di fatto, intendono distruggere il nostro popolo.

A pensarci bene, ritengo molto più "pericolosi" di noi certi uomini d’affari incravattati. Per quel che riguarda poi i nostri rapporti con i cristiani, vorrei rassicurare tutti: noi combattiamo anche per la loro libertà religiosa. La Chiesa quale istituzione ci lascia semplicemente indifferenti.

Noi portiamo al collo il Martello di Thor, Mjöllnir: questo è un simbolo di vita, di forza e di potenza vitale. I cristiani, per esempio, portano al collo un simbolo di morte... mi sembra che questo paragone sia sufficiente a chiarire quanto sia labile la definizione di "persona pericolosa".

Domanda: Perché usate il termine "odinista"?

Per noi le parole non hanno grande importanza, nonostante il nostro organo L’Araldo di Thule abbia raggiunto un certo livello culturale pur rifiutando, come è nostro stile, ogni tendenza para-accademica. Non abbiamo un "libro" ripieno di dogmi e misteri della fede, questo semmai è tipico della Wicca o di altri gruppi; la parola scritta non ha questa ossessiva importanza che ritroviamo, per esempio, nella tradizione giudaico-cristiana.

Non credo che, nella sostanza, vi possano essere differenze in base a una semplice definizione etimologica. Certo, Odin è il patrono dell’ispirazione artistica, e forse non è del tutto un caso se la chiamata sia stata accolta da un pittore quale sono io. Il termine "odinista", in questo senso, mi sembrava il più naturale. Altri termini... irminista, wotanista, armanica, ecc., sarebbero stati egualmente efficaci per definire la nostra Comunità, ma noi Longobardi, in fondo, siamo l’unico caso di popolo germanico che abbia ricevuto il proprio nome da Odin stesso: tale scelta non è stata priva di logica.

Domanda: Con quali gruppi intrattenete contatti?

Abbiamo ottimi contatti con i confratelli inglesi dell’Odinic Rite; con gruppi di pagani austriaci della Carinzia, con bavaresi o gli alto-tedeschi dell’Artgemeinschaft. Siamo in buoni contatti con i Druidi del Groupe Druidique des Gaules, i quali svolgono un ottimo lavoro in merito allo studio del celtico antico e della spiritualità celtica. Abbiamo ottimi contatti con i francofoni Fils des Ases (Figli degli Asi), gruppo composto da fiamminghi, valloni e da qualche francese. Vorrei citare anche i russi dell’Unione Valad. Questi sono i gruppi con i quali intratteniamo i rapporti più stretti, ma vi sono molti altri gruppi con i quali esiste un rapporto epistolare e di scambio proficuo ormai da anni. Molti nostri affiliati abitano all’estero, abbiamo affiliati in Germania, in Argentina e in Messico, tutti di origine longobarda: essi appartengono anche ai loro diversi gruppi locali e danno il loro contributo in questo modo alla crescita della Nazione di Odin. Coloro che vivono lontani dall’Europa, in un contesto dove gli euro-americani sono in netta minoranza, si occupano sia di druidismo sia di odinismo, come nel caso di un nostro affiliato che vive e lavora in Messico.

Domanda: E con altri fedeli di altre religioni, avete dei rapporti?

Non sussiste alcun rapporto. Certo, guardiamo con interesse tutte le Fedi native, l’induismo, lo scintoismo, la fede dei Kalash, vittime dell’intolleranza islamica, ma siamo coscienti delle diversità che ci separano. Abbiamo tratti in comune con un certo atteggiamento di chiusura nei confronti degli estranei: i native americans, per esempio, non gradiscono che dei bianchi partecipino o siano presenti ai loro rituali; anni fa una pagana universalista mi citava questo fatto con tono rassegnato, ma tutto sommato accondiscendente. Quando le dissi che quella era la nostra stessa politica essa si dimostrò immediatamente stupita e preoccupata: il diritto alla libera espressione religiosa degli Indiani si trasformava in xenofobia in noi bianchi. Noi abbiamo in comune con le diverse comunità "pagane" del mondo delle caratteristiche essenzialmente tribali.

Domanda: Quali sono le priorità nell’attuale organizzazione della Comunità Odinista?

Attualmente stiamo organizzando delle persone nelle aree di Varese, Como e Lecco. Abbiamo già celebrato dei Blótar nei boschi al di sopra del Lago di Como e diversi anche in Ticino. L’area ticinese è considerata, da noi, parte integrante della Langbard: non sussistono particolari differenze fra noi e gli abitanti del Ticino, per quel che riguarda la nostra eredità ancestrale longobarda.

Stiamo valutando attentamente quali possono essere dei nuovi luoghi, in quest’area, nei quali praticare i Blótar. Una volta individuato un luogo adatto decidiamo in base a semplici criteri pratici e persino "sentimentali": non esiste un luogo infestato da energie positive o energie negative, in particolare se i nostri Padri lo hanno scelto per praticarvi i loro Riti. Esistono linee di forza che scorrono sulla nostra terra e attraverso essa, è dimostrato, ma queste non hanno nulla a che vedere con un dualismo bene/male che non appartiene alla nostra Fede e nemmeno alla nostra Weltanschauung.

Domanda: Intendete diventare una fede di massa?

Assolutamente no. Le cosiddette "grandi religioni" figlie del monoteismo mosaico se la stanno vedendo brutta nella loro costante guerra fratricida, oggi sotto gli occhi di tutti.

L’Occidente cristiano non genera fierezza, ma solo alienazione. I cristiani di oggi non sono dei fedeli; semplicemente sanno di appartenere a una religione. Da molti musulmani l’Occidente cristiano viene considerato, per questo atteggiamento, un’avanguardia del moderno ateismo. Gli islamici sono vittime del loro misticismo estremo: è lo spazio lasciato vuoto dai cristiani che hanno relativizzato la loro esistenza, ma il loro fondamentalismo è l’altra faccia della medaglia della rilassatezza occidentale. Altri ancora preferiscono adorare il Vitello d’Oro...

Noi non abbiamo una ricetta per fermare questa decadenza: non siamo portatori di Verità assolute. La nostra Fede non è per tutti e gli appartenenti al nostro Popolo e i Fedeli agli Asi sono una minoranza etnica e religiosa. Non apparteniamo alle masse, le masse non ci appartengono; solamente, è triste vedere gli effetti del monotesimo sulla nostra terra.

Domanda: Dunque siete pessimisti?

Direi di no. Siamo gente che pensa a vivere in modo gioioso. Un nostro simbolo cosmico è Mi_gar_sormr, il serpente che abita le profondità del mare, e che mordendosi la coda rappresenta l’equilibrio naturale autosufficiente. È quello che i naturalisti definiscono "ecosistema". Quando il Serpe di Midgard smetterà di mordersi la coda e risalirà dagli oceani questo sarà uno dei segni della fine dei tempi. Il Martello di Thór sarà il garante dell’equilibrio cosmico, lo stesso martello che noi portiamo al collo come simbolo di Fede. Thór combatterà come fece contro il dio degli schiavisti, il dio straniero, ma questa volta morirà garantendo la ricostituzione del ciclo. Da questo esempio si evince il nostro spirito ottimista e la nostra guerresca gioia di vivere.

Lungi da noi la volontà di rappresentare una corrente "apocalittica" (e nemmeno una "integrata") o un paradossale e improbabile "giansenismo pagano". Noi siamo coscienti di vivere già in un crepuscolo, quello che noi definiamo con il termine di "Età del Lupo", ma continuiamo a vedere il sacro ovunque anche nel mondo che ci circonda. Le nove notti di Odin passate in sacrificio ad attingere le Rune, i nove mondi e le nove radici dell’albero cosmico citate nella Völuspá (Predizione dell’Indovina), le nove madri del Dio-guardiano Heimdall: questo numero rappresenta la compiutezza di un ciclo, e noi lo osserviamo nei nove mesi necessari per far nascere un bambino. Questa parte di sacro donata a noi uomini nel momento del trionfo della Vita, ci fa comprendere bene che siamo i custodi della Rinascita. Di fatto l’ecosistema è malato e questa malattia chiamata civiltà, urbanizzazione, monoteismo, ecc., è al suo stadio terminale. Noi vogliamo, tramite la nostra Comunità Odinista, una comunità di famiglie, garantire la Rinascita e il perpetuarsi del nostro sangue in essa e attraverso essa.

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