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Ancora pazzi per la strega?

Una lettura di "Blair Witch 2 (BW2) -- Il libro segreto delle streghe"

di Andrea Menegotto

Dicembre 2000: sbarca in Italia la sequel di The Blair Witch Project. Film discusso e talvolta contestato dal pubblico delle sale cinematografiche anche per il suo discostarsi dal genere horror convenzionale, esso ha rappresentato il più grosso affare nella storia del cinema. In effetti, gli addetti ai lavori statunitensi accompagnano con commenti ironici l’uscita della sequel, sottolineando soprattutto l’aspetto economico della questione: quando un film costato 35.000 dollari incassa diecimila volte tanto le possibilità di una sequel sono senza dubbio alte.

La Artisan con l’affare The Blair Witch Project (su cui si veda l’analisi di Massimo Introvigne, Tutti pazzi per la strega: una lettura di The Blair Witch Project) è divenuta -- da piccola casa di distribuzione -- una realtà importante e indipendente del mercato cinematografico. Dal momento che Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez, gli autori originali, risultavano già occupati nella produzione di una commedia (Heart of Love), la Artisan -- dopo avere ottenuto il loro consenso insieme all’accordo per una prequel di The Blair Witch Project -- ha ingaggiato Joe Berlinger, che per la prima volta si cimenta con un film di fiction. Tuttavia, come ci fa notare Scott Askew in Caltanet Cinema "[...] In coppia con il fidato Bruce Sinofsky, Berlinger aveva firmato però alcuni documentari molto apprezzati, ma anche criticati perché accusati di manipolare la realtà. Uno di questi, Paradise Lost, racconta le vicende di tre ragazzi appassionati di heavy metal accusati di aver ucciso tre loro coetanei durante un rituale satanico. Una delle prove presentate contro di loro in tribunale era un libro sulle streghe trovato a casa di uno degli imputati chiamato Book of Shadows". Vale peraltro la pena di notare che l’espressione "Book of Shadows" (ben nota anche agli spettatori televisivi di Charmed, in Italia "Streghe") rappresenta il sottotitolo originale della pellicola Blair Witch 2.

Berlinger, mettendosi immediatamente all’opera, ingaggia -- con la sola eccezione di Jeff Donovan -- degli attori praticamente sconosciuti, i cui nomi reali vengono mantenuti nella pellicola all’insegna del realismo. Le cronache dietro al set raccontano di un clima teso e di litigi continui degli attori che si immedesimano troppo nella parte. Probabilmente, neppure a livello amministrativo sono assenti problemi in casa Artisan, che all’uscita del film si sarebbe quotata in borsa, dunque il successo al botteghino sarebbe stato una condizione fondamentale per fare una buona figura a Wall Street. Anche in Italia l’uscita di Blair Witch 2 è all’insegna delle polemiche: i critici cinematografici italiani non hanno avuto la possibilità di vedere il film in anteprima in quanto la Filmauro -- che cura la distribuzione per l’Italia -- dichiara di avere a questo proposito "problemi tecnici", la qual cosa non è stata evidentemente molto gradita dai critici stessi.

La sequel prende le mosse dal successo di The Blair Witch Project e dalla fama che il villaggio di Burkittsville acquista come meta turistica per curiosi e fans del film, che accorrono per acquistare dagli improvvisati venditori locali gadget e souvenir e per essere portati sui luoghi delle riprese.

I personaggi di Blair Witch 2 sono a vario titolo legati al film che li precede: Erica è una giovane adepta dei rituali neo-pagani della Wicca, che senza alcuna remora definisce se stessa come una strega e ritiene che The Blair Witch Project sia diffamatorio nei confronti della categoria cui appartiene, Kim è una dark appassionata del film che possiede qualche abbozzo di potere divinatorio e paranormale, Stephen e Tristen sono una coppia che sta scrivendo un libro sulla strega di Blair e Jeff è un ragazzo di Burkittsville che cerca di sfruttare il fenomeno organizzando tour sui luoghi resi famosi dal film.

Blair Witch 2 si basa sul complesso intreccio di tre differenti piani temporali e racconta -- ma non è per nulla intenzione del sottoscritto svelare la trama della pellicola togliendo agli appassionati il piacere della visione -- della tragica avventura dei cinque giovani di cui sopra, che decidono di trascorrere un periodo nei luoghi dove è stato girato The Blair Witch Project e dunque si mettono in viaggio ben forniti di birra e telecamere. Accampatisi per trascorrere la prima -- e unica, poiché il resto del film è ambientato nell’originale dimora di Jeff -- notte nel bosco di Burkittsville presso i resti della casa che fu dell’eremita assassino Rustin Parr, si risvegliano al mattino non ricordano più nulla della notte trascorsa. Le videocassette, registrate dalle telecamere piazzate sul luogo dai ragazzi, sono ritrovate grazie ad una intuizione paranormale di Kim. Tutto il resto del film si concentra -- con salti temporali continui -- su rapide scene che mostrano la sorte futura dei protagonisti, su altre che mostrano la fine tragica dei precedenti visitatori del bosco di Burkittstville e, soprattutto, sullo sforzo di decifrazione di una parte delle videocassette, il cui contenuto, che contiene la "chiave" del film, rimane oscuro fin quasi ai titoli di coda, quando la vicenda trova il suo epilogo amaro e la sua spiegazione "razionale" o, meglio, misteriosa. Il tutto è frammisto a inspiegabili eventi e incidenti -- che trovano comunque la loro ragione alla luce della soluzione finale -- e da una serie di scene dove si verifica la comparsa e il susseguirsi di fenomeni che la vulgata corrente definirebbe con l’aggettivo "paranormali".

La pellicola di Berlinger abbandona la veste del film artigianale e le immagini sono ferme, per cui nessuno spettatore viene più colto in sala dal mal di mare. Dal punto di vista contenutistico, Blair Witch 2, rispetto al film di Myrick e Sanchez -- che andava piuttosto nella direzione di un thriller psicologico -- concede qualcosa di più al genere horror tradizionale, anche se verosimilmente lo spettatore alla ricerca di brividi e dell’horror "duro e puro" troverà più convincente la versione integrale e con suono digitale de L’Esorcista, diffuso nelle sale italiane quasi contemporaneamente a Blair Witch 2. Non mancano riferimenti a temi in qualche modo impegnativi quali l’illusione collettiva, l’isteria contagiosa, la persecuzione sociale, ma questi rimangono solo accenni.

Non sono neppure assenti agganci e paralleli sia con The Blair Witch Project sia con la storia che fa da base a tale pellicola: dalla pazzia che accomuna il bambino sopravissuto a Rustin Parr e Jeff (ritratto in manicomio nelle scene che si riferiscono al futuro dei protagonisti) al fatto che le azioni malvagie di Tristen -- e che la stessa fa compiere agli altri del gruppo -- sono in realtà guidate dalla voce della strega, così come fu per l’eremita.

Comunque sia, come nel caso del precedente film, anche questa pellicola non può non interessare gli studiosi di movimenti magici e di stregoneria. La presenza della strega rimane sullo sfondo, seppure essa è il vero e proprio deus ex machina di tutta la vicenda. Di fatto, però, è interpretabilissimo il suo ritratto di archetipo del male, che seduce, attira, uccide e con la sua malvagità guida la volontà dei protagonisti a compiere azioni di cui essi non sono consapevoli. Certamente, questa immagine -- peraltro convenzionalmente diffusa già dalle favole -- che associa la figura della strega ad una personificazione del male, continuerà a suscitare le lamentele di alcuni specialisti che oppongono ad essa l’idea contraria oggigiorno ampiamente diffusa dal movimento della Wicca. Di tale idea è portatrice nel film la giovane Erica che, giunta a Burkittsville per dimostrare la bontà dell’essere strega e le menzogne circa la malvagità della strega locale, a suo parere diffamata dal film di Myrick e Sanchez, appare forse come la vittima più debole (perché più illusa) dell’intera vicenda.

Seppure dal punto di vista socio-culturale l’associazione della malvagità alla figura della strega appare passata di moda in quanto non si addice più all’immagine diffusa dalle moderne correnti neo-stregoniche e neo-pagane della Wicca, essa -- anche ai nostri giorni -- indubbiamente conserva tutto il suo valore pedagogico su un piano archetipico (che è, beninteso, diverso dal piano di una valutazione sociologica e anche solo fenomenologica del diverso fenomeno della Wicca), riportando una netta e chiara distinzione fra il bene e il male nella cultura popolare post-moderna, dove spesso questa distinzione sparisce, quando non si assiste ad un vero rovesciamento nel campo dei valori.


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