CESNUR - center for studies on new religions

Nel rapporto 2001 finiscono sotto accusa anche Francia e Belgio: favoriscono troppo il laicismo

«La libertà religiosa continua a essere in pericolo»

L’allarme dell’Osservatorio cattolico: l’Asia il continente più a rischio

di Marco Tosatti ("La Stampa", 2 luglio 2001)

CITTÀ DEL VATICANO La libertà religiosa è ancora in pericolo in molti Paesi del mondo. E’ la denuncia del rapporto 2001 sul tema, preparato dall’organizzazione cattolica «Aiuto alla Chiesa che Soffre»; ma non sono solo i cattolici o i cristiani oggetto dell’attenzione di quello che diventerà, sin dal prossimo anno, un vero e proprio «osservatorio» specializzato. L’Asia è il continente più disastrato (oltre ad alcuni paesi a maggioranza islamica) per i credenti in ogni dio. Ma anche nella libera e laica Europa si avvertono - in Francia, in Belgio, e nella parte orientale del continente, l’ex Urss - segnali preoccupanti.
Oltralpe il problema è l’iper-laicità. In Belgio i nuovi movimenti religiosi passano un brutto momento, perché il governo continua ad adottare misure poliziesche per contrastare la loro diffusione. Una legge del 1998 ha istituito un Centro di osservazione sulle sette, che sta per diventare operativo, con una sede spaziosa a Berkendaalstraat. Il Ministro della Giustizia coordinerà il lavoro; il governo ha già designato un magistrato nella Corte distrettuale di prima istanza, per monitorare i casi riguardanti le «sette». Ma sono entrati in gioco anche i servizi di sicurezza, compilando una «lista nera» di cosiddetti movimenti pericolosi: una cinquantina, di cui fanno parte Scientology, Sahaja Yoga, la Chiesa Universale di Dio e gruppi satanici o apocalittici. Non è chiaro quali siano i criteri di pericolosità.
In Francia invece assistiamo alla rinascita di una figura ben conosciuta da noi, ma ormai desueta: il plagio. Una legge, approvata di recente, aumenta le restrizioni nei confronti delle organizzazioni religiose. La vera novità - l’istituzione del reato di «manipolazione mentale», punibile con cinque anni di carcere, per chi «causa uno stato di soggezione» - è scomparso nella seconda bozza della legge, ma la sostanza è rimasta; rendendo vulnerabili in pratica tutti i movimenti religiosi, chiesa cattolica compresa. La polemica è in corso, vivacissima, mentre la «Missione interministeriale di lotta contro le sette» ha presentato al governo un rapporto segreto, in cui si consiglia l’abolizione per legge di una gran parte di movimenti.
Problemi da ricchi, se si guarda l’Asia, in particolare Cina e Corea del Nord, le vere «maglie nere» di questa classifica dell’illiberalità, insieme ad Afghanistan, Pakistan, Sudan e Yemen. Tutte le chiese, ma specialmente i cattolici e il «Falun Gong» sono nel bersaglio di Pechino. Circa trentacinquemila aderenti alla nuova religione sono stati arrestati nell’ultimo anno; la repressione non rinuncia all’uso di strumenti medievali, come la gogna. Almeno ventiquattro membri del Falun Gong sono morti mentre erano nelle mani della polizia, dal luglio del 1999 ad oggi. Nel mirino anche i cattolici e i protestanti non ufficiali: un pastore, Li Dexian, che già conosceva le galere cinesi, è stato imprigionato per quindici giorni, obbligato a rimanere in una posizione rannicchiata, con polsi e caviglie ammanettati insieme, senza poter dormire o usare i servizi igienici.
Anche dalla Corea del Nord filtrano, a fatica, notizie pessime. Sette cristiani, di età compresa fra i quindici e i cinquantotto anni, sono stati uccisi ad aprile; negli ultimi sette mesi, secondo un’altra fonte, almeno venti cristiani sarebbero stati giustiziati pubblicamente. Dei pochi preti cattolici presenti prima della guerra non si ha più notizia, così come di cinquanta seminaristi di cui non si conosce la sorte. A Pyongyang c’è una chiesa cattolica, priva di sacerdote. La vera «new entry» riguarda però l’India, dove le violenze anticristiane si stanno moltiplicando.
I paesi islamici presentano una situazione in genere difficile; molta attenzione ha destato il caso, in Yemen, di Mohammed Omer Haji, un rifugiato somalo convertito al cristianesimo. Torturato per rivelare i nomi dei suoi «complici», Haji avrebbe rifiutato di abiurare la nuova fede. A luglio il giudice gli ha intimato di professare - per tre volte - il suo ritorno all’Islam, pena la morte. Infine, anche in seguito alle pressioni internazionali, Haji è stato espulso dallo Yemen, ed è stato accolto in Nuova Zelanda.

Anti-Cult Law in France - Index Page
Full text of the law in French


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