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Sai Baba

"Osama Story. Corano, bombe e videotape
Il testo integrale del video di Bin Laden diffuso dal Pentagono. Più due nuovi libri su di lui. I migliori sinora pubblicati"

di Sandro Magister ("L'Espresso" online, 14 dicembre 2001)

Due libri e un videotape vengono a svelarci qualcosa di più dell’enigma Osama Bin Laden.

Il videotape è quello diffuso dal Pentagono il 13 dicembre 2001. Con Bin Laden che chiacchiera con uno sceicco e altri suoi collaboratori.

E a colpi di sogni e visioni fa balenare l’idea che la guerra da lui scatenata discenda da Allah.

Di questo videotape trovate qui a portata di mouse il testo integrale in inglese, nella traduzione vidimata dal Pentagono. Preceduta dalla trascrizione in italiano dei passi salienti:


Osama dal vivo. «Ci hai dato la speranza e noi ringraziamo Allah per te...»


I due libri, invece, sono l’uno di Ahmed Rashid, pakistano, corrispondente della "Far Eastern Economic Review" e del "Daily Telegraph" per l’Asia Centrale, e l’altro di Massimo Introvigne, direttore del Cesnur, uno dei più accreditati centri studi mondiali sulle religioni.

Diversi gli autori. E molto diversi i due libri. Quello di Rashid è sicuramente la ricostruzione più accurata e attendibile finora apparsa sulla nascita del fenomeno dei Talebani e sul suo incrociarsi con le ambizioni di Osama Bin Laden.

Quello di Introvigne punta invece sulle radici specificamente religiose, apocalittiche, del progetto di Bin Laden. Mostrandone la connessione con importanti correnti della fede islamica.

Nelle pagine finali, documentarie, il volumetto di Introvigne pubblica la traduzione annotata dei testi principali di Bin Laden. Tra cui un importante inedito per l’Italia: le cosiddette “Epistole ladenesi” del 1996, cuore del suo progetto terroristico.

Qui di seguito, potete leggere invece un passaggio tratto dal primo capitolo, che tratteggia lo sfondo sul quale entra in scena l’apocalittica di Bin Laden:


LE DUE BRANCHE DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO


Il sociologo italiano Renzo Guolo ha esaminato l’evoluzione del movimento storico chiamato fondamentalismo islamico come segnato, nel suo divenire nel corso del XX secolo, da una divisione fra un’ala «radicale» e una «neotradizionalista». Se il fine ultimo, infatti, è lo stesso – la costruzione di un soggetto musulmano unitario governato dalla legge islamica, la shari’a, e da un leader unico, il califfo, nella prospettiva millenarista ultima di una islamizzazione del mondo intero – diverse sono le strategie attraverso cui è perseguito.

Per l’ala «radicale» si tratta di una «islamizzazione dall’alto», cioè di acquisire subito la titolarità del potere politico: nella maggior parte dei paesi, tramite una rivoluzione o un colpo di Stato, considerando irrecuperabili alla causa le autorità costituite, mentre in altri non è esclusa la partecipazione a elezioni.

Per l’ala che Guolo chiama «neotradizionalista» si tratta invece di una «islamizzazione dal basso» che – prima di affrontare qualunque ipotesi di conquista della titolarità del potere – ritiene necessaria una paziente opera di nuova diffusione della cultura islamica tramite una fitta rete di moschee e la penetrazione delle idee fondamentaliste così fra gli studenti e intellettuali come nel mondo del lavoro e delle professioni, secondo modelli che si sarebbe tentati di paragonare alla «nuova evangelizzazione» richiesta ai cattolici da Giovanni Paolo II o ancora alla strategia dell’egemonia di Antonio Gramsci (1891-1937).

Naturalmente il fatto che il fine ultimo sia comune porta a non esagerare la profondità delle divisioni fra le due branche, che in diversi paesi possono allearsi per il raggiungimento di obiettivi comuni, così come gruppi «neotradizionalisti» e «conservatori» possono coesistere nell’ambito di una stessa organizzazione.

Per esempio, dopo la morte di Qutb, la maggioranza dei Fratelli Musulmani si schiera decisamente – secondo Guolo – sulle posizioni che egli chiama neotradizionaliste, e denuncia le posizioni più estremiste soprattutto attraverso la pubblicazione di una serie di critiche ad aspetti del pensiero di Maududi. In questa chiave, alcuni dirigenti dei Fratelli Musulmani stabiliscono alleanze con gruppi conservatori, prendono le distanze dal radicalismo e condannano (senza che in diversi casi ci siano ragioni per dubitare della loro sincerità) il terrorismo.

Ma il mondo dei Fratelli Musulmani non è privo di sfumature e contrasti al suo interno. Don Augusto Tino Negri ricorda che, anche in tempi recenti, militanti dei Fratelli Musulmani «sono gli autori di vari attentati terroristici». In Sudan, l’influente leader dei Fratelli Musulmani Hassan al-Turabi, l’architetto della rivoluzione islamica sudanese, ha accolto bin Laden nel paese nel 1992 e, in genere, è certamente esponente della corrente radicale. Peraltro, all’interno dei Fratelli Musulmani sudanesi, Turabi (arrestato nel 2001 con diversi seguaci, dopo essere stato a lungo l’«uomo forte» del regime) è stato accusato di «revisionismo» da Sadukabd el-Mayid, il quale rappresenta un’ala dei Fratelli che chiede un’applicazione ancora più stretta della shari’a in Sudan.

Tutto questo non fa venire meno l’utilità della distinzione fra neotradizionalisti e radicali, ma mostra come la sua applicazione – così nei paesi islamici come nelle terre di emigrazione – non sia sempre, caso per caso, facile e immediata. A proposito dei Fratelli Musulmani, essi sono passati attraverso quelle che Bourgat chiama una «diversificazione interna» e una «autonomizzazione dottrinale parziale», così che oggi il loro movimento non può che essere esaminato paese per paese. Se in Giordania, dove dal 1991 i Fratelli partecipano al governo, «la loro rivendicazione "islamista" – come nota Edgard Weber – è naturalmente moderata dal pragmatismo e dall’elasticità che la responsabilità di governo e la partecipazione al potere esigono», in altri paesi le cose non stanno affatto così.

Quanto alla corrente radicale, che sostiene l’islamizzazione «dall’alto», da un certo punto di vista si potrebbe ritenere che il suo trionfo sia stato rappresentato dal successo nel 1979 della rivoluzione islamica in Iran guidata dall’ayatollah Ruhollah Khomeini (1901-1989).

In realtà, tuttavia, la corrente radicale non considera unanimemente l’Iran khomeinista un modello, sia per i suoi relativi insuccessi in politica interna ed estera, sia per il fatto che molti radicali, sunniti, sono tradizionalmente sospettosi nei confronti dell’islam sciita, di cui la Repubblica Islamica dell’Iran rappresenta oggi non solo un’espressione, ma una guida internazionale. Peraltro, nel mondo del fondamentalismo islamico, le divergenze teologiche e ideologiche s’incontrano spesso con problemi politici squisitamente nazionali e regionali, determinando rotture fra gruppi che sembrerebbero dottrinalmente affini e, nello stesso tempo, strane alleanze che pure potrebbero apparire concettualmente impossibili.

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I libri:

Massimo Introvigne, “Osama Bin Laden. Apocalisse sull'Occidente”, Elledici, Leumann (Torino), 2001, pagine 136, lire 12.586.

Ahmed Rashid, “Talebani. Islam, petrolio e il Grande scontro in Asia Centrale”, Feltrinelli, Milano, 2001, pagine 312, lire 31.948.



Collana "Religioni e Movimenti"


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