CESNUR - center for studies on new religions

Hamas più pericoloso di Arafat per la pace

di Andrea Morigi (Libero, 2 marzo 2003)

Introvigne: il leader dell’Anp ha accettato di trattare, i Fratelli musulmani non lo faranno mai

Hamas non va confuso con un qualsiasi gruppo terroristico islamico. L’Harakat al-Muqawama al-Islamiyya (movimento di resistenza islamico), dice Massimo Introvigne, direttore del Cesnur, «non è al Qaeda, per quanto Osama Bin Laden sia stato avviato all'esperienza jihadistica e terroristica da un palestinese, Azzam. Si definisce nel suo statuto come una branca palestinese dell'organizzazione dei Fratelli musulmani, il maggiore gruppo fondamentalista mondiale. È una delle tre radici del fondamentalismo internazionale insieme all'associazione islamica di Mawdudi e all'impegno politico degli imam sciiti delle città sante che poi sfocia nella rivoluzione iraniana. I Fratelli musulmani hanno sempre avuto un forte interesse per la Palestina, che nasce da motivi religiosi. La Palestina è il luogo a cui si rivolgeva la preghiera prima della Mecca, è il punto di partenza dell'ascensione – cioè del viaggio estatico in cielo del Profeta. Una delle conclusioni del mio libro (Hamas. Fondamentalismo islamico e terrorismo suicida in Palestina, Elledici, ndr) è che, fin dagli anni Trenta se non dagli anni Venti, il movimento fondamentalista si internazionalizza proprio intorno alla causa palestinese. Hamas è il risultato di una decisione politica presa dalla dirigenza dei Fratelli musulmani, quando scoppia la prima Intifada nel 1987, di darsi un'altra sigla che però statutariamente rimane legata a loro, per condurre delle operazioni di tipo militare».

Ma i Fratelli Musulmani sono diffusi anche in Occidente, in Europa e in Italia in particolare...

«Si definiscono una federazione di organizzazioni nazionali indipendenti fra loro, ancorché ci siano dei centri, come per esempio quello di Londra, che ricevono offerte dalla maggior parte dei membri "ricchi" del movimento e poi le inviano a diversi recipienti, fra cui ci sono i Fratelli musulmani italiani (l'Ucoii, ndr) e c'è anche Hamas. Di fatto, tutti i Fratelli musulmani, anche quelli – e non c'è ragione di dubitare della loro buona fede – italiani che dichiarano di ripudiare la lotta armata come mezzo per raggiungere gli scopi dell'associazione, poi fanno un'eccezione per Hamas, dicendo che si tratta di una risposta alla violenza israeliana. Un caso, quest'ultimo, così particolare, da giustificare le forme suicide di terrorismo».

Se Hamas è un caso, limite, vi sono caratteristiche comuni tra le diverse realtà nazionali?

«Direi l'atteggiamento neotradizionalista. In realtà, il progetto originario è di tipo insurrezionale. Ma fallisce per l'astuzia di Nasser (già affiliato in gioventù ai Fratelli musulmani), che se ne serve per realizzare il suo colpo di Stato, ma poi si smarca, adotta un atteggiamento "laico", per quanto questo sia possibile nei Paesi islamici, e inizia a perseguitarli. Questo scacco porta i Fratelli musulmani a scegliere una nuova strategia: la cosiddetta "islamizzazione dal basso". Prima di arrivare alla "stanza dei bottoni", cioè, si dà il via alla creazione dei sindacati islamici, l'associazione degli avvocati islamici, dei giudici islamici e così via. Una strategia che noi diremmo – ma anche loro perché sono lettori attenti di autori marxisti – gramsciana piuttosto che leninista. Questa è anche la scelta dei Fratelli musulmani palestinesi, che dal 1957 al 1987 si dedicano a fare altre cose: moltiplicano per due il numero delle moschee presenti nei Territori, creano la più grande Università islamica del settore. E proprio questa scelta, nel 1957, determina l'abbandono di una parte del loro movimento giovanile che, insieme con Arafat, che aveva anche lui frequentato i Fratelli musulmani quando era universitario al Cairo, fonda al Fatah. Per trent'anni, sono le componenti "laiche" – che poi confluiranno nell'Olp – a fare la lotta armata e anche il terrorismo, accusando i "religiosi" di perdere tempo a pregare. Dopo trent’anni di attività nascosta, questa scelta si rivelerà vincente nel momento in cui il movimento nazionalista laico di Arafat è indebolito e costretto a venire a patti con Israele. Così, nel 1987, i Fratelli musulmani decidono che i tempi sono maturi. Ormai la rete c'è e costituiscono Hamas per inserirsi sull'Intifada. Contrariamente a quanto dicono, non l'hanno organizzata loro, anche se l'hanno cavalcata proprio nel giro di uno o due giorni. Da quel momento, comunque, inizia una politica di attentati più aggressiva rispetto a quella delle forze nazionaliste e marxiste».

Più aggressiva fino al punto da utilizzare gli attacchi suicidi? È questo il cambiamento principale rispetto alle azioni terroristiche di al Fatah?

«Questi sono di derivazione sciita. La teologia che li sostiene all'origine è elaborata da ayatollah iraniani, prima per sostenere una forma di violenza, suicida sì, ma gestita da uno Stato, che è quella delle bombe umane che si lanciano contro le linee irachene nella guerra tra Iran e Iraq, poi la violenza di un'organizzazione privata, che è quella degli hizbollah sciiti in Libano. E Israele, deportando nel sud del Libano un certo numero di dirigenti fondamentalisti palestinesi sunniti, tra cui quelli di Hamas, ne ha favorito il contatto con gli Hezbollah che stavano nel sud del Libano. E dagli Hezbollah, i palestinesi di Hamas e di altri gruppi più piccoli, come il jihad islamico, apprendono la tecnica, che è relativamente semplice, e la teologia che giustifica ed esala questa forma che loro chiamano di martirio».

mormoni
Nuovo volume della collana "Religioni e Movimenti":
Massimo Introvigne, Hamas. Fondamentalismo islamico e terrorismo suicida in Palestina
Elledici, Leumann (Torino) 2003

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