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La figlia di Arafat tra soldi e politica

di Massimo Introvigne (il Giornale, 19 novembre 2004)

Il testamento di Yasser Arafat contiene un'interessante clausola, che è sfuggita a molti osservatori, e che vincola la moglie Suha - a pena di perdere la cospicua eredità - a fare educare la figlia del rais, Zahwa, che ha attualmente nove anni e cui negli ultimi scritti del padre sono attribuiti un ruolo e un'importanza crescenti, sotto la supervisione del generale Ben Ali, presidente della Tunisia.
Zahwa è stata spesso in Tunisia e sembra chiami “zio” il generale Ben Ali. La clausola testamentaria ha tuttavia un preciso significato politico.
Nel mondo islamico si contrappongono almeno dagli inizi del Novecento nazionalisti - che vogliono limitare il ruolo dell'islam in nome dell'ideale laico di uno Stato nazionale - e fondamentalisti islamici, che chiedono uno Stato confessionale musulmano.
I nazionalisti hanno suscitato grandi speranze, ma quasi ovunque sono stati travolti dalla corruzione, dall'affarismo e dalla catastrofica scelta di legarsi al socialismo e all'Unione Sovietica.
Caratteristico dei nazionalisti è il nepotismo: dopo Assad è diventato presidente della Siria il figlio, lo stesso dovrebbe succedere in Egitto con Mubarak, e ai figli Saddam si apprestava a lasciare l'Irak.
L'esempio che Arafat aveva più chiaramente in mente è quello del Pakistan, turbato da lotte fra nazionalisti e fondamentalisti assai simili a quelle palestinesi. Qui il principale leader nazionalista, Zulfikar Ali Bhutto, è stato impiccato nel 1979 da un regime militare sostenuto dai fondamentalisti; cresciuta, la figlia Benazir Bhutto è riuscita a vendicarsi diventando primo ministro nel 1988, anche se lo è rimasta per soli due anni.
In Indonesia dopo molti anni la bambina che il presidente nazionalista Sukarno teneva per mano, Megawati Sukarnoputri, è diventata presidente del Paese, anche se non ha ottenuto la riconferma nelle elezioni di quest'anno.
Nei sogni di Arafat, anche se dal caos che lascia in eredità ai suoi successori dovesse emergere una Palestina governata dai fondamentalisti islamici, la piccola Zahwa va preparata a un futuro ritorno trionfale non appena sia grande abbastanza per rivendicare l'eredità paterna.
A che tipo di politica papà Arafat voglia formarla emerge dalla scelta del tutore. Il generale Ben Ali è il classico nazionalista arabo che governa attraverso la repressione di qualunque tipo di movimento politico a base musulmana, dai più estremi ai più moderati.
Controlla il paese sulla punta delle baionette, con l'aiuto di un consolidato sistema di corruzione, e con l'appoggio quasi incondizionato della Francia.
È ai vertici delle classifiche internazionali della corruzione e delle violazioni dei diritti umani stilate da organismi umanitari indipendenti. I suoi affari sporchi con la Francia e il ricorso sistematico alla tortura e alla “sparizione” degli oppositori sono stati documentati nel libro Notre Ami Ben Ali scritto, con Nicolas Beau, dal giornalista di Le Monde Jean-Pierre Tuquoi, che non è certo un oppositore per principio della politica estera francese.
Può darsi che Zahwa Arafat - cui Ben Ali potrà insegnare il volto più basso e feroce della politica araba - cresca decidendo di fare semplicemente la miliardaria (i soldi non le mancheranno) e di tenersi alla larga dalla perigliosa politica palestinese.
Anche se fosse così, la scelta di Ben Ali come tutore e mentore politico della figlia ci dicono qualcosa su come il futuro che Arafat immaginava per la Palestina non passasse certo per le vie della democrazia.

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