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Cuba e l'Iraq: "Se Castro dà lezioni di diritti umani"

di Massimo Introvigne (il Giornale, 21 dicembre 2004)

Destano scandalo negli Stati Uniti le immagini di giganteschi cartelloni fatti erigere da Fidel Castro a Cuba, che mostrano una svastica accompagnata dalla scritta “Made in USA” e da alcune delle più sconcertanti fotografie delle violenze nel carcere di Abu Ghraib.
Le truppe americane in Irak sono accusati di essere una banda di “torturatori” e “sfruttatori sessuali” del popolo iracheno.
Detto tutto il male possibile delle vicende di Abu Ghraib, avvicinandosi il Natale vale però la pena di ricordare a Fidel Castro l’insegnamento di quel Qualcuno che invitò a non guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello senza vedere la trave che c’è nel proprio.
Secondo denunzie di esuli cubani – che trovano sostanziale conferma nei documenti delle associazioni internazionali di difesa dei diritti umani, molte delle quali sono tutto meno che filo-americane – dalla presa del potere di Castro a Cuba sono stati fucilate più di 50.000 persone, nelle prigioni del regime sono passati più di 400.000 prigionieri politici, e un milione e mezzo di cubani se ne sono andati in esilio. Quanto allo “sfruttamento sessuale”, ci sono certo stati episodi disgustosi ad Abu Ghraib, ma dal pulpito di Fidel Castro non può venire nessuna predica credibile.
Un campione della lotta per i diritti umani a Cuba scomparso un anno fa, il vescovo cattolico Eduardo Boza Masvidal (1915-2003) dichiarava in un’omelia che “si calcola che solamente all’Avana vi siano circa 35.000 prostitute, che trasformano Cuba nel paradiso del turismo sessuale. Per il governo, se entrano dollari, siano benvenuti, anche se a costo della dignità della donna cubana. Cuba ha pure il livello più elevato di suicidi dell’emisfero”.
“L’aborto delle minorenni – continuava il coraggioso prelato – è praticato ampiamente con il pieno appoggio del governo. Un terzo delle giovani fra i 15 e i 19 anni ha fatto almeno un aborto. In totale, ogni dieci nascituri, sei vengono abortiti. È la maggiore percentuale dell’emisfero e forse di tutto il mondo”.
Tutta colpa dell’embargo americano? Ascoltiamo un altro vescovo cattolico, monsignor Alfredo Petit Vergel, vescovo ausiliare de L’Avana: “Il blocco degli Stati Uniti contro Cuba è stato un fallimento totale perché è eluso da molti paesi, comunque la colpa della povertà e delle limitazioni vissute a Cuba è dell’amministrazione pubblica”; “la verità di quanto accade a Cuba non è nota perché si fa una grande propaganda a favore del governo cubano, rafforzata dal fatto che vengono invitati stranieri, che sono ospitati in buoni alberghi e si mostra loro un paese irreale. Il popolo è stato sprofondato nella miseria e nelle privazioni dai fallimenti dell’amministrazione governativa”.
I colpevoli delle malefatte di Abu Ghraib sono, almeno, finiti davanti ai tribunali militari americani; i colpevoli delle fucilazioni, dell’organizzazione della prostituzione minorile e della miseria a Cuba sono al governo, difesi in Italia da persone che spesso fanno parte insieme delle associazioni Italia-Cuba e di quelle che sostengono i terroristi della “resistenza” in Irak.
Fidel Castro può però consolarsi: nella classifica dei capi di Stato e di governo più ricchi del mondo stilata da Forbes era al settimo posto, e la morte del ricchissimo Arafat gli fa guadagnare una posizione: resta comunque davanti a George Bush e anche a Silvio Berlusconi.
Una grande soddisfazione per il suo popolo “sprofondato nella miseria” e per le ragazzine cubane costrette a vendersi per pochi dollari.

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