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Una strage annunciata: ecco le prove

di Massimo Introvigne (il Giornale, 20 marzo 2004)

imgPer primo, questo giornale aveva fatto notare come nel dicembre 2003 era apparso in Irak un libro clandestino di una cinquantina di pagine, Il jihad in Irak, pubblicato da un “Centro di servizi per i mujaheddin”, una vecchia sigla di Al Qaida, con esplicite minacce alla Spagna. Ora spunta un nuovo documento – preservato e diffuso dai ricercatori israeliani del Prism (Project for the research of islamist movements) – che conferma come quella di Madrid fosse una strage annunciata. Il documento era stato diffuso dall’agenzia jihadista Global islamic media l’8 dicembre 2003, ma era sparito dal suo sito dopo poche ore. Era quindi apparso su un altro sito jihadista, al-Farouq, ma anche stavolta per breve tempo. Il testo era stato compilato agli inizi di dicembre 2003, pochi giorni dopo l’assassinio di sette “spie spagnole” in Iraq e va nella stessa direzione del libro Il jihad in Irak. Al di là delle sigle di chi lo firma, il testo sembra emanare dallo stesso gruppo saudita di Al Qaida che ha prodotto Il jihad in Irak, riconducibile a discepoli dello shaykh Yousef al Ayiri, ucciso dalla polizia saudita nel giugno 2003, e in precedenza uno dei responsabili della propaganda clandestina di al-Qa’ida.
Il nuovo documento, intitolato “Un messaggio al popolo spagnolo” è datato 3 dicembre 2003, e inizia con una serie di violente e consute tirate contro gli Stati Uniti. Definisce quindi quello spagnolo “un governo criminale di bugiardi” e Aznar un “criminale di guerra”. Loda il popolo spagnolo per le dimostrazioni pacifiste, ma ne rileva i limiti: “Fino a oggi non abbiamo visto uno sforzo serio per rovesciare il governo dei criminali di guerra”. Se gli spagnoli non mandano a casa il governo Aznar, seguirà il castigo: “Se il popolo spagnolo vuole salvare la pelle dei suoi figli, li faccia tornare dall’Irak prima che li rimandiamo noi alle loro famiglie sotto forma di cadaveri bruciati, prima che questi cadaveri siano calpestati dai piedi dei nostri bambini che hanno visto i loro padri calpestare cadaveri di americani”. Non solo: “I battaglioni della Resistenza irachena e i loro sostenitori fuori dell’Iraq sono pronti ad aumentare la dose”, e a mirare al cuore della stessa “sicurezza nazionale spagnola”.
Strage annunciata, dunque e ancora una volta, da un documento che appare più credibile di altri sbucati post factum. Conferma, inoltre, del fatto che rovesciare governi occidentali alleati degli Stati Uniti e sostituirli con altri più accomodanti è ormai uno scopo dichiarato di Al Qaida. Con qualche informazione in più. Senza nessuna nostalgia per Saddam Hussein e per il suo governo “dell’oppressione, della tirannia e dell’ingiustizia”, Al Qaida lascia intendere che sta cercando di radicare le sue principali basi operative non solo nelle zone tribali del Pakistan (come si vede in questi giorni, non più tanto sicure) ma nel caos delle zone più agitate dell’Irak. Se ne possono e devono trarre due conseguenze. In primo luogo, è difficile pensare che una presenza in Irak del genere che il documento lascia supporre sia stata improvvisata in pochi mesi. Curiosamente, si parla sempre e solo delle armi di distruzioni di massa, e assai poco invece della presenza di terroristi in Irak già prima dell’intervento americano, di cui continuano a emergere indizi. In secondo luogo, andarsene ora dall’Irak “senza se e senza ma” vorrebbe dire lasciare ad al-Qa’ida un paese che sarebbe rapidamente trasformato in una portaerei: da cui far partire attacchi sempre più frequenti e più letali.

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