CESNUR - center for studies on new religions

Quelle toghe campioni del pregiudizio

di Massimo Introvigne (il Giornale, 12 luglio 2004)

Per fortuna abbiamo imparato in Italia che lo slogan secondo cui “le sentenze non si commentano, si rispettano” è solo la maschera dietro cui una certa sinistra nazionale e internazionale nasconde l’uso politico della giustizia: summum ius, summa iniuria. Siamo dunque in una situazione migliore di altri per non farci impressionare da termini altisonanti come “sentenza della Corte Internazionale dell’Aja” e “decisione delle Nazioni Unite” a proposito del muro che Israele sta costruendo per proteggersi dagli attacchi terroristi palestinesi. Sul muro, naturalmente, si possono avere opinioni diverse: la stessa Corte Suprema israeliana ne ha criticato il percorso, e ordinato modifiche di cui Sharon terrà conto.
Un punto, tuttavia, è chiaro: l’“opinione non vincolante” – questa è infatti l’espressione giuridicamente corretta – espressa dalla Corte Internazionale su richiesta dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite, a sua volta sollecitata da alcuni paesi arabi, rappresenta un’anomalia giuridica e un precedente pericoloso. La Corte non si è mai occupata nella sua storia di “eccessi di difesa” di un paese minacciato dalla guerriglia o dal terrorismo. L’opinione che stavolta colpisce Israele domani potrebbe colpire gli Stati Uniti, il nuovo governo irakeno, o chiunque altro. È scandaloso che – tranne un obliquo riferimento a “tensioni” nella zona – l’opinione dell’Aja non dica una parola sulle oltre mille vittime dal 2000 ad oggi del terrorismo palestinese che uccide israeliani di religione ebrea o musulmana, turisti, passanti, donne incinte e da ultimo perfino bambini degli asili. Di tutto parlano le “toghe verdi” dell’Aja – condizionate dai paesi a maggioranza islamica – tranne che dei ventimila attacchi terroristici partiti dai Territori contro Israele in quattro anni, che sono precisamente la ragione per cui qualcuno ha pensato alla soluzione estrema del muro.
Desta poi una strana espressione sentire il presidente della Corte dell’Aja, un cinese, declamare di fronte alle televisioni di tutto il mondo che si tratta di proteggere i diritti umani dei palestinesi, quando un complesso sistema di baratti fra mondo arabo, paesi comunisti e alcuni Stati europei guidati dalla Francia ha finora impedito con successo alla Corte e alle Nazioni Unite di occuparsi dei diritti umani dei tibetani e delle minoranze religiose cui non è riconosciuto il diritto legale all’esistenza in Cina. Quanto alle Nazioni Unite, hanno una lunga e poco onorevole tradizione di pregiudizio anti-israeliano e talora di vero e proprio anti-semitismo, da ultimo documentata da Fiamma Nirenstein nel suo libro Gli antisemiti progressisti.
Di fatto l’opinione della Corte Internazionale non avrà alcun effetto. Israele, che si è rifiutato di partecipare alla procedura, la ignorerà. Negli Stati Uniti sia Bush sia Kerry hanno subito assicurato che non ne terranno conto, e che gli Stati Uniti porranno il veto a ogni risoluzione del Consiglio di Sicurezza sul punto. L’opinione serve solo alla piazza araba per agitarsi – a danno degli stessi governi che hanno promosso la procedura, e che rischiano di vedere incrementato il dissenso fondamentalista –, ad Arafat e ai terroristi palestinesi per giustificare il terrorismo, e a una certa sinistra nostrana per attaccare Israele, gli Stati Uniti, e il governo italiano che li sostiene. “Antisemiti progressisti”, appunto, per dirla con Fiamma Nirenstein.

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