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Il terrore non fa sconti

di Massimo Introvigne (il Giornale, 5 febbraio 2005)

Il rapimento della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena – che speriamo possa risolversi in tempi brevi come il sequestro del 18 gennaio scorso dell’arcivescovo siro-cattolico di Mosul monsignor Casmoussa, che rientrava piuttosto nella categoria degli avvertimenti mafiosi – ha un significato politico preciso. Dimostra, come nel caso tragico di Enzo Baldoni e in quello delle due Simone, finito bene per fortuna anzitutto delle protagoniste (che in seguito hanno perso qualche buona occasione per tacere), che il terrorismo non fa sconti di nessun tipo a chi dichiara di comprenderne le ragioni e lo chiama “resistenza”. Non fa sconti ai singoli e non fa sconti alle istituzioni.

Giuliana Sgrena è una giornalista chiaramente schierata contro l’occupazione americana e a favore dei gruppi sunniti che hanno boicottato le elezioni. Non è una ragione per noi per non esprimerle una convinta solidarietà, ma non è stata neppure una ragione per i terroristi per non rapirla. Di sinistra e contro gli americani era Enzo Baldoni, come lo sono le due Simone e i giornalisti francesi rapiti di ieri e di oggi. Non serve, e non garantisce l’immunità. Anzi, sembra ormai che ci sia una perversa logica del terrorismo nel rapire proprio persone che fanno parte dello schieramento pacifista, per confermare ancora una volta l’avversione a qualunque occidentale, di destra o di sinistra, “buono” o “cattivo”, per il solo fatto di essere occidentale. Per Al Qaida e per la sua filiale Ansar al-Islam – lo ha detto chiaramente lo stesso al-Zarqawi nel suo messaggio pre-elettorale – l’unico occidentale buono è quello morto.

Ma gli sconti non valgono neppure per le istituzioni e gli Stati. Sono state colpite, fin da subito, le organizzazioni caritative e le Nazioni Unite. La posizione prudente della Santa Sede non ha evitato gli assalti alle chiese e il martirio di centinaia di cattolici irakeni. La Francia di Chirac si è vista rapire giornalisti come l’Inghilterra di Blair. E all’Italia non ha giovato l’estrema tolleranza mostrata da certi nostri giudici nei confronti del marocchino Mohammed Daki, un esponente di Ansar al-Islam tra i più pericolosi secondo i servizi della Spagna di Zapatero, che non sono la CIA.

Di nuovo, fa chiarezza il messaggio di al-Zarqawi che di Ansar al-Islam è l’ideatore, essendo riuscito a suo tempo a farla nascere mettendo insieme diverse organizzazioni ultra-fondamentaliste curde che in precedenza si sparavano fra loro. Le differenze fra i vari paesi dell’Occidente per lui sono irrilevanti: sono tutti infedeli, politeisti maledetti da Dio che pretendono di sostituire la teocrazia con la democrazia.

La Francia ha capito l’antifona e ha reagito in un modo giusto e uno sbagliato. I suoi giudici hanno cominciato a mettere dentro senza complimenti chi recluta terroristi per l’Irak e la sua UCLAT (Unità per il coordinamento della lotta al terrorismo) a collaborare seriamente con americani e sauditi per stroncare le cellule di Al Qaida. Più discutibile è l’appello di Chirac e Raffarin ai giornalisti francesi perché tornino a casa da un Irak diventato troppo pericoloso. Sul punto nessun paese ha seguito la Francia, e la democrazia irakena ha un disperato bisogno del giornalismo internazionale per confermare al mondo che esiste. Tuttavia, la pur discutibile mossa francese ricorda a tutti i giornalisti in Irak che occorre cautela quando si cercano contatti con organizzazioni di “esuli da Falluja” pericolosamente vicine al terrorismo.

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