CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Non storcete il naso di fronte ai ragazzi con il videotelefono

di Massimo Introvigne (il Giornale, 16 aprile 2005)

Si tiene in questi giorni a Cracovia quello che è di fatto il primo convegno sull’eredità di Giovanni Paolo II. Organizzato da mesi presso il Santuario della Divina Misericordia, sorto per volontà di Papa Wojtyla intorno alla tomba di santa Faustina Kowalska, la suora e mistica polacca a lui carissima e da lui canonizzata, e consacrato alla “nuova evangelizzazione”, il convegno internazionale che riunisce teologi, esperti di pastorale e sociologi di tutti i continenti non poteva non trasformarsi in un primo bilancio del pontificato appena concluso.

Lo impone – a noi relatori e ai partecipanti – anzitutto Cracovia: una città composta e corale nel suo lutto che continua, con migliaia di strisce e bandierine nere che accompagnano un vessillo polacco o vaticano, o un immagine di Giovanni Paolo II, nelle vetrine, per le strade, nei ristoranti, alle finestre o dai balconi delle case. Lo impone il luogo, il santuario che per volere di Papa Wojtyla celebra quest’anno il suo giubileo per i cento anni dalla nascita di santa Faustina.

Quello che vediamo a Cracovia – folle di giovani che si muovono verso i luoghi che ricordano Papa Wojtyla e la tomba di santa Faustina – ripropone all’analisi del convegno l’interrogativo che si è già posto a proposito di quel che è successo a Roma.

Si tratta di una festa dell’effimero, di un semplice desiderio di non mancare l’evento del secolo, o di vero risveglio della fede? Molti – anche fra i sacerdoti – hanno storto il naso di fronte ai ragazzi con il videofonino che scattavano fotografie a San Pietro, e filosofi e teologi si sono chiesti se questi giovani prima e dopo “l’evento” sono davvero cattolici.

Ma lo scetticismo è in gran parte ingiustificato. Come proprio Giovanni Paolo II ha insegnato, canti, musica moderna e – sì – anche i videofonini non sono incompatibili con la fede. Pure a Cracovia – in una Polonia che è ormai Unione Europea – le ragazzine bionde e i loro coetanei si fotografano a vicenda con i cellulari di fronte alla tomba di santa Faustina. Ma poi si fermano a pregare, molti per tutta la notte.

In Polonia – lo spiega al convegno il vescovo ausiliare di Cracovia, monsignor Jan Szkodón – la Chiesa sapeva che le percentuali record di partecipanti alla Messa degli anni 1980 derivavano dal desiderio di testimoniare un’identità nazionale di fronte all’oppressione comunista, e che sarebbero calate con la libertà. Sono diminuite, poi risalite e si sono ora assestate. Dopo Malta, la Polonia ha il record europeo di partecipanti regolari alla Messa domenicale: oltre il cinquanta per cento della popolazione, il quaranta per cento fra i giovani. E la diocesi di Cracovia ha il record dei seminaristi e studenti di scienze religiose: quasi tremila, di cui quasi cinquecento candidati al sacerdozio fra diocesani e religiosi, mentre in molte grandi diocesi europee non si arriva a trenta.

Certo, anche qui rimane il problema di come tradurre la pratica religiosa in comportamenti morali conseguenti, in un paese dove aumentano i divorzi e gli aborti e comincia a preoccupare la droga. Ma la Polonia aspetta il conclave con serenità: non si appassiona al dibattito fra centralismo vaticano e autonomia degli episcopati nazionali. Il suo pluralismo – così simile a quello italiano, dove pure le statistiche mostrano segni di risalita, e testimoniano che l’effetto Giovanni Paolo II c’è stato davvero – si esprime piuttosto nella pluralità di movimenti, comunità, ordini religiosi che marciano divisi per evangelizzare uniti.

Tutti sanno che non ci sarà un secondo Papa polacco: ma il modello polacco di Chiesa ha ancora molto da dire.