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Il mondo islamico non deve aver paura di Benedetto XVI

di Massimo Introvigne (il Giornale, 27 aprile 2005)

Il 25 aprile, ricevendo i responsabili di varie comunità religiose non cattoliche, Benedetto XVI si è detto “particolarmente grato per la presenza in mezzo a noi di esponenti della comunità musulmana” e ha assicurato che “il dialogo fra cristiani e musulmani” continuerà “a tutti i livelli” secondo le linee tracciate da Giovanni Paolo II. Il Papa ha però subito richiamato due linee-guida di questo dialogo: il ripudio della violenza, che ha definito un “dovere”, che vincola “specialmente coloro che dichiarano di appartenere a tradizioni religiose”, e “il rispetto della dignità di ogni persona umana, creata – come noi cristiani fermamente crediamo – a immagine e somiglianza di Dio”.

Papa Ratzinger, nei primi giorni di pontificato, ha più volte ripreso un’indimenticabile espressione di Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura”. Anche l’islam è sfidato da Benedetto XVI a non avere paura. A non temere, anzitutto, il Papa, che alcuni media islamici stanno cercando di demonizzare attribuendogli, del tutto a torto, un’ostilità preconcetta nei confronti dell’islam.

Soprattutto, i musulmani sono invitati a non avere paura di aprirsi a un dialogo globale cui il Papa li invita, ma che richiede da parte loro alcuni passi, fin da subito ricordati.

Il primo è la condanna del terrorismo, senza riserve e senza ambiguità. Passando per esperienze tragiche e per il “secolo dei martiri” (così il nuovo Papa ha chiamato il XX secolo) l’Occidente ha imparato dalla pratica la verità di quanto la teologia cristiana aveva indicato fin dal Medioevo: il fine non giustifica i mezzi. Ci sono mezzi illeciti e vergognosi di per sé, che nessun richiamo a un fine legittimo o glorioso può giustificare. Nessuna causa, anche eventualmente giusta, può legittimare il terrorismo.

La riflessione musulmana sul punto non si è finora espressa con la stessa chiarezza. Qui, anzitutto, i dirigenti dei paesi musulmani non devono avere paura di sfidare una momentanea impopolarità. Ne otterranno i benefici duraturi di una partecipazione permanente al dialogo globale di chi lotta contro i terroristi per la vera pace, che a differenza del pacifismo presuppone lo sradicamento del terrorismo.

In secondo luogo, il “Non abbiate paura” del Papa riguarda i diritti umani, la dignità di ogni uomo e di ogni donna. Come Benedetto XVI ha subito ricordato nelle prime omelie, questi diritti comprendono la libertà religiosa: libertà di missione e di evangelizzazione e non solo di culto. I musulmani non devono avere paura di avanzare sulla strada di una libertà che la Chiesa non chiede solo per i cattolici ma per tutti. Certamente questa apertura si scontrerà con resistenze che derivano da secoli di discriminazione. Si tratterebbe però di un gesto di coraggio che permetterebbe a quei paesi musulmani che davvero volessero compierlo di diventare partner a pieno titolo dello sforzo mondiale per la diffusione della libertà. I musulmani ne ricaverebbero anche una più ampia solidarietà nei paesi in cui è la loro stessa libertà di religione a essere messa in pericolo da leggi e regimi laicisti.

Criticando la legge francese sul velo, l’anno scorso il cardinale Ratzinger ricordava che “almeno in parte il fondamentalismo è alimentato dall'accanimento laicista”, e che la risposta alla “sfida terribile del fondamentalismo” non va cercata nel laicismo ma in un “senso religioso razionale, unito alla ragione”. È di questo accostamento “razionale” alla religione che l’islam del XXI secolo non deve avere paura.