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Così Zarqawi vuole battere l’Occidente

di Massimo Introvigne (il Giornale, 25 agosto 2005)

Il superterrorista Abu Zarqawi, l'uomo che guida il terrorismo in Irak, ha deciso di concedere - beninteso, in gran segreto - un'ampia intervista a un noto giornalista arabo, il connazionale giordano Fuad Hussein. Ne è nato un libro, «Al-Zarqawi: la seconda generazione di Al Qaida», appena pubblicato in arabo e di prossima traduzione in inglese.

Una prima ammissione cruciale del terrorista è quella secondo cui egli si è sempre considerato parte della «seconda generazione» di Al Qaida, ed è in contatto con Bin Laden da anni. Si tratta di una smentita clamorosa a chi - in America e altrove - continua a ripetere che tra Saddam Hussein e Al Qaida non c'erano legami, dal momento che esistono prove certe che Saddam abbia ospitato e finanziato Zarqawi, lo abbia curato nei suoi ospedali, utilizzato per operazioni contro i curdi e incaricato di preparare una sorta di «Gladio verde» da attivare in caso di occupazione americana.

Zarqawi spiega anche il progetto politico di Al Qaida, dividendone la storia in sette tempi. Il primo, «Il risveglio», è il periodo in cui con l'attentato dell'11 settembre 2001 il mondo islamico prende coscienza di essere in grado di colpire l'America, e della capacità operativa internazionale di Al Qaida. Il secondo tempo, «L'apertura degli occhi», va dal 2002 al 2006, e - tramite gli attentati di Madrid, di Londra e altri già da ora in programma - mira a terrorizzare gli elettori europei e americani. Lo scopo è convincerli che solo eleggendo uomini politici che sostanzialmente si disinteressino di chi governa i Paesi arabi potranno sfuggire a uno stillicidio di attentati sempre più sanguinosi.

Una volta «persuasi» gli elettori occidentali a liberarsi dei politici «interventisti» in Medio Oriente - i vari Bush, Blair e Berlusconi - partirà la terza fase, «L'insorgenza», in cui tra il 2007 e il 2010 una campagna terroristica senza precedenti cercherà di ridurre ai minimi termini il potere di Israele (indebolito anche da elementi demografici) e di spazzare via la principale minaccia per il fondamentalismo all'interno del mondo islamico, il governo moderato della Turchia.

Se l'identificazione del primo avversario, Israele, è ovvia, l'odio espresso nei confronti dell'Islam moderato turco è assai significativo. Una volta neutralizzate le capacità di reazione militare israeliane e turche, con l'Occidente colpito da nuovi attentati ogni volta che fosse tentato di abbandonare l'isolazionismo, gli ultra-fondamentalisti contano di andare al potere tra il 2010 e il 2013, rovesciando due monarchie considerate ostili in Paesi arabi di cruciale importanza: l'Arabia Saudita e la Giordania.

L'entusiasmo scatenato da queste vittorie renderebbe possibile fra il 2013 e il 2016 l'adesione a un nuovo califfato capace di unire tutto il mondo islamico della gran parte dei Paesi musulmani, i cui governi cadrebbero vittima di rivolte popolari. E dal 2016 potrebbe finalmente ripartire il programma di lotta totale per islamizzare il mondo intero, «temporaneamente» interrotto dalle sconfitte musulmane in Europa nel XVII secolo.

Conquistare alcuni Paesi arabi, unirli e ricostruire il califfato, riprendere la lotta per la conquista islamica del mondo sono i tre obiettivi enunciati già nel 1928 dalla casa madre del fondamentalismo, i Fratelli Musulmani, nella sua carta di fondazione. Zarqawi dà loro ora una nuova concretezza. Se gli obiettivi lontani sembrano utopici, quelli vicini sembrano pericolosamente vicini alla realizzazione.