CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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"Le religioni in Italia": censite oltre 600 fedi e "vie spirituali"
Intervista a Massimo Introvigne, Direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR)

di Mirko Testa (Zenit.org, 11 dicembre 2006)

ROMA - Un rapporto di ben 1.152 pagine, che censisce le oltre 600 fedi e “vie spirituali” non religiose presenti nella nostra Penisola. Sono queste le cifre de “Le religioni in Italia”, l’enciclopedia curata dal Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) e presentata a Torino questo lunedì presso il Centro Incontri Terrazza Solferino.

Edita da Elledici-Velar, l’opera è stata realizzata sotto la direzione editoriale di Massimo Introvigne e di PierLuigi Zoccatelli – rispettivamente Direttore e Vicedirettore del CESNUR – ed è frutto del quotidiano monitoraggio svolto da questo Centro Studi a partire dal 1988.

Il rapporto, non è un mero aggiornamento della “Enciclopedia delle religioni in Italia” pubblicata nel 2001, ma uno strumento nuovo che include nuovo materiale, presentandolo anche in maniera diversa. E’ arricchito da ampie introduzioni storiche, dati statistici finalmente attendibili, indirizzi, numeri di telefono, collegamenti Internet e analisi dottrinali divise in 40 categorie.

Per saperne di più ZENIT ha intervistato il professor Massimo Introvigne.

Dall’Enciclopedia che avete pubblicato nel 2001, qual è stato il cambiamento registrato fra le religioni tradizionali, le minoranze religiose e le cosiddette “nuove religioni”, e in che misura ha influito l'immigrazione?

Introvigne: I cambiamenti più importanti attengono precisamente alle religioni che crescono grazie agli immigrati. Così i musulmani sono passati da 580.000 a 850.000. Si noterà che il nostro dato differisce da quello, più alto, della Caritas, la quale adotta un metodo di conteggio diverso. Parte dalle statistiche ufficiali diffuse dai governi di Paesi di emigrazione e le applica agli immigrati in Italia. Così, se il governo egiziano dichiara che il 98% degli egiziani sono musulmani, il 98% degli immigrati egiziani in Italia sono automaticamente considerati musulmani. Questo dato però (e la Caritas ne è consapevole, così che definisce i suoi dati “indicativi”) porta a sovrastimare i musulmani, sia perché per ragioni politiche il numero dei non musulmani in genere e dei cristiani in particolare è sottostimato da alcuni governi, compreso appunto quello egiziano, sia perché è possibile che i non musulmani, discriminati in patria, emigrino di più dei musulmani.

Infine, anche se il fenomeno non va sopravvalutato, ci sono immigrati che perdono ogni contatto con la religione. Per esempio, molti albanesi sono considerati “musulmani” nelle statistiche, e talora si dichiarano tali, ma non sono in grado di indicare neppure quali siano i precetti fondamentali dell’islam. Noi preferiamo basarci su dati statistici che derivano da inchieste relative ai musulmani immigrati in Italia. Non consideriamo come discriminante la frequentazione delle moschee (che è molto bassa, ma che secondo molte scuole giuridiche non è neppure obbligatoria per i musulmani) ma la pratica della preghiera e del digiuno, in assenza delle quali è difficile dire che un immigrato è ancora “musulmano”.

Adottiamo lo stesso criterio per gli ortodossi, e qui il nostro dato – sempre più basso di quello Caritas – registra comunque un aumento spettacolare, trascurato da molta stampa che guarda solo ai musulmani: in cinque anni, da 140.000 a 420.000. Viceversa, per quanto riguarda la conversione di cittadini italiani nati da genitori italiani ad altre fedi in cinque anni ci sono stati solo piccoli spostamenti. Tra i cittadini dotati di passaporto italiano (da non confondersi con i residenti sul territorio, che comprendono anche gli immigrati) gli aderenti a religioni diverse dalla cattolica rimangono grosso modo gli stessi rispetto al 2001 e rappresentano l’1,9%. Ci sono però degli spostamenti all’interno di questa percentuale. Per esempio aumentano i buddhisti, grazie soprattutto alla crescita importante del movimento giapponese Soka Gakkai, che in cinque anni è passato da 21.000 a 40.000 membri.

All’interno del protestantesimo diminuisce il peso delle confessioni “storiche” e aumenta quello dei pentecostali e dei Fratelli: un dato di cui prende atto la stessa Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che riunisce i protestanti “storici” e oggi ammette che questi ultimi sono solo il quindici per cento dei protestanti italiani, e ha eletto alla sua presidenza un mese fa l’ex-parlamentare Domenico Maselli, da sempre fautore di un’apertura ai Fratelli e ai pentecostali. Si tratta tuttavia pur sempre di piccoli fenomeni, in un Paese che conta 58 milioni di cittadini.

Quali sono le religioni in Italia che nei prossimi decenni potrebbero espandersi più rapidamente?

Introvigne: Anche qui bisogna distinguere fra immigrazione e conversione. L’immigrazione ovviamente è governata in buona parte dalle leggi. Se, come sembra, il nuovo governo aumenterà le quote di immigrati di qui a cinque anni potremmo avere due milioni di musulmani e sfiorare il milione di ortodossi. Viceversa, la conversione di italiani a nuove fedi rimarrà verosimilmente un fenomeno di minoranza. Da molti anni oscilla intorno al due per cento, con spostamenti non tanto in questa percentuale ma all’interno del numero relativamente piccolo di italiani disposti ad abbracciare una fede diversa dalla cattolica, e non c’è ragione di prevedere che le cose possano cambiare nel medio periodo.

So che parte della vostra ricerca è dedicata a gruppi di satanisti italiani o che praticano l'occultismo o anche ad antipapi. Mi può spiegare in sostanza di cosa si tratta?

Introvigne: La domanda è interessante perché proprio in questi giorni, in relazione a iniziative di polizia, sono circolate cifre assolutamente fantastiche che parlano di seicentomila o anche di ottocentomila italiani coinvolti nel fenomeno delle “sette sataniche”. Sul punto bisogna intendersi. Se chi dà queste cifre vuole parlare degli aderenti a forme di religiosità alternativa fortemente critiche nei confronti della Chiesa cattolica la stima è realistica, ma bisogna includere anche i Testimoni di Geova, i mormoni, i movimenti New Age, quelli del potenziale umano e molti altri gruppi che propongono dottrine certamente inaccettabili dal punto di vista cattolico, che è anche il mio, ma che certamente non adorano il Demonio.

Se parliamo di satanisti, dobbiamo distinguere ancora fra il satanismo organizzato – composto da associazioni che si costituiscono come tali davanti a Notaio, pubblicano un bollettino, hanno magari anche un sito Internet – che coinvolge prevalentemente adulti ed è semmai un fenomeno in diminuzione, ridotto a poche centinaia di aderenti, e il satanismo non organizzato dei gruppi composti prevalentemente (anche se non esclusivamente) da giovani, che traggono le loro informazioni sul demoniaco da una certa musica o da Internet, sono numerosi ma piccoli (in media da cinque a dieci membri), non hanno struttura giuridica e di solito sono scoperti solo quando commettono reati.

Il caso delle Bestie di Satana di Varese scoperto nel 2004 (tre omicidi accertati e due suicidi sospetti, il leader condannato a trent’anni di carcere nel 2006) dimostra che il fenomeno è grave e non è da sottovalutare. Anche se si tratta di piccoli gruppi difficili da scoprire o da censire, e che fanno parte più della galassia della devianza giovanile (è rarissimo trovarne dove non circoli anche droga) che non di quella della religione in senso stretto. Estrapolando dal numero di incidenti scoperti ogni anno, e da dati stranieri che ci dicono che per ogni caso scoperto ce n’è in media uno che non si scopre, è realistico pensare che i giovani coinvolti siano circa un migliaio. Una cifra non bassa, anzi molto alta, che darebbe all’Italia un primato mondiale in materia e giustifica una seria azione di polizia, dal momento che molti di questi gruppi commettono reati e alcuni, come si è visto, reati gravissimi. Ma certamente non ci sono seicentomila o ottocentomila persone coinvolte in questo satanismo “selvaggio” il che vorrebbe dire, considerato che la fascia d’età coinvolta non è quella della totalità della popolazione, che c’è un satanista in ogni condominio: il che mi sembra molto, molto esagerato.

Quanto agli “antipapi” ce ne sono diversi al mondo, e alcuni anche in Italia o con seguaci italiani. Si tratta di frange estreme di movimenti che criticano la Chiesa – per usare un linguaggio politico che deve essere inteso in senso metaforico, ma che rende l’idea – o dall’estrema destra (rifiutando il Vaticano II e la riforma liturgica) o dall’estrema sinistra (chiedendo l’abolizione del celibato sacerdotale o l’ammissione delle donne al sacerdozio), e che talora si strutturano in veri e propri scismi, in casi estremi arrivando a proclamare i loro leader come “Papi” alternativi. Si tratta di un fenomeno in lieve crescita, interessante perché rimane spesso sommerso e poco studiato: ma in cifra assoluta i numeri non sono particolarmente alti.

In che modo venite a conoscenza o entrate in contatto con i membri di nuove realtà religiose o spirituali? Seguite anche i loro incontri o le loro pratiche religiose?

Introvigne: Sì. Quasi tutti i gruppi censiti nell’enciclopedia sono stati contattati direttamente e, quando le cifre da loro fornite ci sono parse dubbie, abbiamo seguito i loro incontri. A prescindere dalle convinzioni personali del sottoscritto o di altri, il CESNUR, che ha un comitato scientifico dove sono rappresentate le più prestigiose università internazionali che hanno centri che si occupano di minoranze religiose, e dove siedono persone di molte diverse convinzioni religiose (o di nessuna), è noto da anni come un centro che segue con scrupolo la regola delle scienze sociali, che descrivono senza dare giudizi di valore né prendere in giro le convinzioni di nessuno, per quanto bizzarre. Per questo su centinaia di gruppi sono meno di una decina quelli che si rifiutano di collaborare e di lasciarci accedere alle loro attività.

Quali sono i gruppi religiosi o le religioni che si mostrano più ostili nei confronti della Chiesa cattolica e in che modo?

Introvigne: Proprio perché l’Italia è un Paese dove oltre l’80% della popolazione si dichiara cattolico e poco meno del 40% dichiara di andare a Messa almeno una volta al mese (anche se le indagini più recenti fanno stato di una quota consistente di over-reporting, cioè c’è chi dice di andare a Messa agli intervistatori ma poi non ci va), dei gruppi religiosi nuovi si può dire con l’espressione francese che pour se poser, ils s’opposent, ovvero, in termini che riflettono la teoria sociologica dell’economia religiosa – che personalmente prediligo e che usa volentieri metafore economiche (semplici metafore, beninteso, che non hanno nessuna intenzione di equiparare la fede a un prodotto come gli altri) –, che per entrare su un mercato religioso dove c’è una posizione di semi-monopolio ogni nuova azienda deve fare della pubblicità comparativa, e cominciare con il parlare male del semi-monopolista, che in questo caso è la Chiesa cattolica. Quando poi le nuove presenze si consolidano, possono passare da questa fase – in un certo senso immatura –, dove prevale l’opposizione, a una più istituzionale in cui prevale la proposta.

Se guardiamo alla storia, per esempio, degli avventisti del Settimo Giorno in Italia notiamo precisamente questo fenomeno: trent’anni fa il Papa era presentato come l’Anticristo, oggi in molte diocesi gli avventisti partecipano ad attività e commissioni di tipo ecumenico. Naturalmente, ogni singolo nuovo convertito deve compiere questo processo di maturazione nel suo atteggiamento individuale. Rimangono poi alcuni piccoli gruppi – non solo i satanisti, ma anche molti neo-pagani, movimenti di origine cristiana come Vita Universale o un culto dei dischi volanti come i Raeliani – che cercano di impressionare l’opinione pubblica soprattutto attraverso virulenti attacchi ala Chiesa cattolica, un “fondo di commercio” che almeno consente loro di farsi notare dai giornali.

Qual è il numero dei musulmani italiani e quali sono i diversi volti dell’islam che emergono dalla vostra ricerca?

Introvigne: È possibile che i dati dell’enciclopedia, che si riferiscono a inizio 2006, siano già superati con il nuovo decreto flussi (in pratica, una sanatoria mascherata) del ministro Ferrero e che i musulmani siano già ora intorno al milione. Se la politica di revisione della legge Bossi-Fini annunciata dal governo andrà avanti, la crescita potrebbe essere molto più rapida di quanto previsto dalla maggioranza dei sociologi. Tuttavia – per quanto io personalmente sia preoccupato dalla prospettiva di una crescita troppo repentina dell’immigrazione musulmana, che potrebbe scatenare fenomeni del tipo di quelli visti nelle banlieue francesi e in certe città britanniche – è importante ricordare che non tutti i musulmani sono fondamentalisti, e non tutti i fondamentalisti sono terroristi. La nostra enciclopedia Le religioni in Italia vorrebbe dare un contributo a superare la semplificazione secondo cui i musulmani in Italia si dividono in due categorie: i “moderati” (in genere identificati con i musulmani “laici”, che considerano l’islam una semplice eredità culturale, ma hanno abbandonato la pratica della religione, sul modello di qualche giornalista, imprenditore o docente universitario di successo) e i “terroristi”.

La realtà è molto più complessa. Se l’“islam laico” appare un fenomeno di minoranza, sovra-rappresentato dai media ma con scarso seguito fra gli immigrati, il panorama italiano presenta una vasta gamma di islam, distinti sia per provenienza geografica (un musulmano senegalese o turco non è uguale a un musulmano marocchino) sia per orientamento culturale. Se il problema delle associazioni consiste nel fatto che le più rappresentative hanno una dirigenza fondamentalista e quelle che hanno una dirigenza non fondamentalista sono poco rappresentative, resta vero che la maggioranza degli immigrati non è in contatto con alcuna associazione e che c’è una “maggioranza silenziosa” che non è né “moderata” nel senso che a questo termine danno i talk show televisivi né fondamentalista, ma conservatrice: fortemente ancorata a valori e simboli islamici (l’ostilità a ogni tipo di accostamento storico-critico al Corano, il velo) ma nello stesso tempo aperta all’integrazione o almeno al dialogo con la democrazia italiana su temi quali i diritti umani o lo statuto da attribuire alle donne e ai non musulmani.

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