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Il Papa e i nemici del Natale: "La festa degli scemi"

di Massimo Introvigne (il Giornale, 20 dicembre 2006)

Non tutti gli scemi vengono per nuocere. Mentre la scuola islamica di Via Ventura a Milano celebra il Natale chiamandolo con il suo nome con albero, panettone e spettacolo, la scuola italiana che vedo dalle finestre del mio studio a Torino espone solo un orribile straccio giallo che augura «Buona Festa della Luce». Per la verità, i primi a sostituire il Natale con la Festa della Luce furono i nazisti, ma immagino che la preside non lo sappia. Così il sindaco di Chicago, che vieta i manifesti del film Nativity «per non offendere i musulmani», non sa che nell'islam (che ha semmai qualche problema con la passione e la resurrezione, non con Natale ma con Pasqua) la nascita miracolosa di Gesù da Maria è ammessa senza problemi.

Ma gli episodi di idiozia che si moltiplicano nel mondo hanno almeno fornito a Benedetto XVI l'occasione per una stupenda lezione sulla laicità dello Stato. Certo, il Papa non può permettersi di dare dell'idiota agli idioti, anche se quando era il cardinale Ratzinger coniò la famosa formula secondo cui «un'idea cattolica non può essere stupida, e un'idea stupida non può essere cattolica». Si limita dunque a parlare di «degenerazioni dell'intelletto»: espressione che è peraltro quasi un sinonimo di «deficienza».

Ricevendo la settimana scorsa l'Unione dei Giuristi Cattolici Italiani il Papa ha, come aveva già fatto altre volte, rivendicato quello della laicità come un valore originariamente cattolico. Il Vangelo insegna a dare a Cesare quello che è di Cesare, e il magistero rispetta sia «la legittima autonomia delle realtà terrene» sia i diritti delle minoranze religiose.

Tuttavia, il rispetto dei diritti delle minoranze non esclude il non meno importante rispetto dei diritti delle maggioranze, anzi lo richiede: solo una maggioranza rispettata nelle sue convinzioni sarà disponibile a riconoscere pacificamente alle minoranze i loro legittimi diritti. In un Paese come l'Italia dove - non lo afferma il Papa, ma i sondaggi periodici dell'Eurisko - oltre l'ottanta per cento dei cittadini si dichiara cattolico, «l'esclusione dei simboli religiosi dai luoghi pubblici», a Natale e anche passato il Natale, secondo Benedetto XVI «non è espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo».

Quando una religione è ampiamente maggioritaria in un Paese, il bene comune e le esigenze della pace religiosa - beni che, come tali, tutelano anche i non credenti e le minoranze - impongono che quella religione non sia «confinata al solo ambito privato» ma sia «riconosciuta come presenza comunitaria pubblica», sia quanto ai suoi simboli sia quanto alla sua «rilevanza politica e culturale» e al «diritto di coloro che legittimamente la rappresentano di pronunziarsi sui problemi morali che interpellano la coscienza dei legislatori e dei giuristi», dai Pacs all'eutanasia.

Si tratta di un discorso che non è in contraddizione con le aperture all'islam del viaggio in Turchia. Qui il Papa ha chiesto con forza libertà religiosa per le minoranze che riconoscono i principi universali del bene comune (dunque non per i terroristi): vale per i musulmani rispettosi della legge in Italia, ma vale anche per i cristiani in Turchia. Ma ha anche - nella terra del laicismo dell'Atatürk - riaffermato l'opportunità che lo Stato, senza discriminare le minoranze, riconosca pubblicamente i diritti delle maggioranze religiose e i loro simboli: mezzelune in Turchia (lo Stato turco è laico, ma la mezzaluna resta nella bandiera), croci e presepi in Italia. Altro che Festa della Luce.