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Massimo Introvigne, La Turchia e l'Europa. Religione e politica nell'islam turco

di Mario Secomandi (Ragionpolititica.it, 28 novembre 2006)

Il rapporto tra la Turchia e l'Europa e l'ipotesi d'ingresso di quella in questa, è, secondo Massimo Introvigne, questione tutt'altro che semplice e banalizzabile, poiché si vanno ad investire problematiche multiformi, dall'economia ai fenomeni migratori passando per la politica estera fino, e soprattutto, ai nodi posti dal risveglio della religione islamica. Cominciamo col dire che sarebbe in errore sia chi rifiutasse a priori una qualsiasi possibilità di dialogo ed incontro con quella che è una nazione collocata in una posizione geografica e geopolitica strategica - ossia tra i tre continenti, europeo, asiatico ed africano -, magari non del tutto a torto temendo il volgersi delle masse islamiche verso l'Europa, sia, di contro, chi, più che altro per meri interessi di bottega o di spicciole alleanze, minimizzasse e sottovalutasse la questione religiosa, che sempre più assume contorni spinosi. E' per tamponare e contenere proprio questi contorni che l'esigenza maggiore è oggi quella di arginare l'espandersi del fondamentalismo islamico e, ad un tempo, promuovere più reali condizioni di democrazia e libertà.

Va tenuto conto, ad ogni modo, del fatto che la Turchia sia un Paese complesso, già sede degli imperi plurisecolari dei sultani-califfi (Impero Ottomano su tutti), la cui identità si è andata definendo rispetto alla propria eclatante sconfitta subita a Vienna nel 1683 ad opera della difesa cristiana organizzata dal cappuccino (beatificato sotto il pontificato di Giovanni Paolo II) Marco D'Aviano. In buona sostanza, le classi dirigenti turche negli ultimi secoli hanno cercato di tratteggiare ed abbozzare i caratteri della propria visione e ragione politica dapprima in giustapposizione alla Cristianità europea medievale, ed quindi rispetto alla modernizzazione e secolarizzazione dell'Occidente (mix di progresso scientifico-tecnologico e potenza economica), quello al di qua ed al di là dell'Atlantico. E' necessario allora vedere, senza paraocchi ideologici, quali siano i caratteri della Turchia attuale e del suo islam, per capire se sia impossibile e totalmente negativo, o se si possa invece ragionare su un suo ingresso nell'Unione Europea, dal momento che dal 2004 hanno di fatto preso il via i negoziati per un percorso di verosimile futura adesione turca all'Ue.

La Turchia non può considerarsi un Paese islamico tout court, in quanto dagli anni '20 del secolo scorso, in coincidenza col regime di Kemal Ataturk, preponderante nelle stanze dei bottoni vi è stata, per più lustri, una corrente nazional-laicista, con influssi massonici, che ha cercato, se non di combattere apertamente l'islam, almeno di riportarlo sotto il controllo centralista del governo. Ed è così che è stato abolito il sultanato ed il califfato, e nel '24 è stato introdotto il regime repubblicano, «uno ed indivisibile». La Costituzione e le leggi kemaliste, d'impronta secolarista e laicista, danno la misura di come il maggior problema sul tappeto non è tanto e solo l'islam radicale, ma proprio l'ideologia laicista che ha cercato di indottrinare, nelle scuole di Stato, le giovani menti in senso anti-religioso o semplicemente a-religioso, peraltro senza riuscirvi, dato il palese riemergere della religione islamica. Possiamo ricordare come il genocidio degli armeni (questione tutt'ora aperta che non manca di suscitare sempre nuove polemiche) si sia consumato proprio in un contesto di regime (quello radical-massonico dei Giovani Turchi) fortemente laicista. In seguito, nondimeno, la Turchia ha avuto modo di avvicinarsi, a livello di alleanze, agli Stati Uniti ed al mondo occidentale più in generale, suggellato dal suo ingresso nella Nato negli anni '50.

Da tempo il Paese sul Bosforo è in cerca di una sorta di punto d'equilibrio e congiunzione tra la sua tradizione e radici islamiche e l'approdo completo alla modernità ed alle libertà che ne conseguono. Ma è proprio con l'ascesa al potere dell'ex sindaco di Instanbul, l'attuale premier Erdogan, che si ha una novità di assoluto rilievo per la Turchia: l'affermarsi di un islam politico conservatore capace di porre un argine sia al laicismo kemalista (ancora presente e forte nella potente «casta» dei militari) sia al fondamentalismo filo Al-Qaeda (che può attecchire da un momento all'altro nelle masse più disagiate). Nel mentre i fondamentalisti non accettano che vi sia, tra religione, cultura e politica, né distinzione né separazione, ma ne propugnano la confusione e fusione più totale ed assoluta, mentre i laicisti ne propongono la separazione netta; i «neo-conservatori islamici», che, in solido con la borghesia liberal-popolare, protagonista dell'ultimo boom economico, hanno per l'appunto in Erdogan il loro massimo punto di riferimento politico, hanno in animo di non separare ma di distinguere tra la sfera religiosa e quella politica, dunque appaiono essere come i più «laici» in circolazione, ossia quelli maggiormente disposti a coniugare fede e ragione, tradizione e modernità. Ad esempio, a fronte delle leggi di derivazione kemalista contro il velo negli edifici pubblici, il gruppo di Erdogan ne vuole proporre l'uso in assoluta libertà.

Solo con la Turchia «erdoganiana», alleata agli Usa e vicina all'Occidente, è possibile un dialogo ed un incontro vero da parte europea, stante la sua apertura a maggiori tutele delle libertà e dei diritti civili ed umani, in una parola, ad una democrazia più compiuta. Bisognerebbe tuttavia far fronte al fatto che la Turchia sia ancora una «semi-democrazia», poiché sussiste un Consiglio costituzionale dove siedono i gerarchi militari (molti ancora di fede kemalista) con potere di veto su governo e parlamento. Sono, inoltre, da risolvere i nodi connessi alle questioni cipriota e curda. L'Europa, da parte sua, è chiamata al duplice impegno di difendere le proprie radici giudaico-cristiane e la libertà religiosa anche in Anatolia, ed allo stesso tempo di tendere la mano al più volte tirato in ballo islam moderato, che è ivi l'islam neo-conservatore di Erdogan, per contenere e respingere l'islam fondamentalista e radicale.

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Massimo Introvigne
La Turchia e l'Europa. Religione e politica nell'islam turco
Sugarco, Milano 2006