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Tra i sunniti e gli sciiti spunta un terzo terrorismo

di Massimo Introvigne (il Giornale, 7 febbraio 2007)

Il caso di Jamal Jafaar Mohammed, eletto in Parlamento in Irak nella coalizione del primo ministro al-Maliki e ora denunciato dall’intelligence americana come uno dei responsabili degli attentati del 1983 alle ambasciate americana e francese in Kuwait non riguarda solo la lontana giovinezza di un parlamentare iracheno minore. Mohammed ha infatti una sua organizzazione khomeinista, che coltiva idee apocalittiche sulla fine del mondo ed è sospettata di sostenere milizie sciite responsabili di atti di terrorismo. La vicenda conferma quello che la leadership sciita del governo iracheno solo ora sta cominciando ad ammettere: dietro ai recenti fatti di terrorismo in Irak non ci sono solo due gruppi - i nostalgici sunniti di Saddam ed Al Qaida - ma tre. C’è anche un terzo terrorismo, composto da frange sciite che aspettano l’imminente fine del mondo. A questa corrente apparteneva anche il gruppo debellato prima che realizzasse il mese scorso una strage a Najaf in occasione della festa dell’Ashura e l’assassinio delle massime autorità sciite irachene.

Gli sciiti si separano dai sunniti nel 661 sulla questione della guida della comunità islamica, che per i sunniti risiede in un califfo elettivo mentre per gli sciiti è riservata in permanenza ai discendenti diretti del profeta Muhammad lungo la linea della figlia prediletta Fatima e del marito Alì. L’ultimo discendente diretto di Alì, al-Muntazar, nasce nell’868 e scompare a sei anni nell’874. Per gli storici è ucciso dai sunniti, ma per gli sciiti al-Muntazar è il Mahdi, il Messia, che non è morto, anzi è diventato immortale, è entrato in «occultamento» e si manifesterà alla fine dei tempi.

In ambiente sciita nella storia sono sempre emersi personaggi che hanno dichiarato o di essere il Mahdi o di preparare la strada al Mahdi, peraltro due pretese molto diverse, così come per i cristiani c’è una notevole differenza fra il Messia, Gesù Cristo, e il precursore, Giovanni Battista. Sia Khomeini sia Ahmadinejad si sono presentati come precursori del Mahdi, e alle loro pretese si rifà il millenarismo del deputato Mohammed. Anche i diversi movimenti di Muqtada al-Sadr e di Mahmud al-Hasani (il terrorista ucciso a Najaf in gennaio) considerano i loro leader precursori del Messia. Si tratta di variazioni di un estremismo che nella linea principale cerca un difficile dialogo con la gerarchia sciita irachena filo-governativa, e nella linea estrema è passata al puro terrorismo.

C’è in Irak un altro movimento molto più grande e più radicale, che fa capo ad Ahmad al-Hasan (nome simile, ma idee diverse rispetto a Mahmud al-Hasani) nato nel Sud dell’Irak, ma con migliaia di seguaci in tutto il Paese. Al-Hasan non si accontenta di presentarsi come un annunciatore del Mahdi ma si pretende un personaggio di origine divina e per i suoi seguaci è il Mahdi in persona. Ne consegue che nell’islam odierno per al-Hasan non esiste più nessuna gerarchia e l’unica voce autorizzata a interpretare il Corano è la sua.

A differenza del deputato Mohammed, al-Hasan nega legittimità anche alle autorità sciite iraniane, perché ogni autorità risiede nello stesso al-Hasan. Tuttavia nella fioritura di movimenti apocalittici - che aprono un terzo fronte del terrorismo in Irak - l’Iran, referente principale del gruppo del parlamentare bombarolo Mohammed, può ampiamente pescare nel torbido, anzi lo sta già facendo. Le migliaia di miliziani di al-Hasan per ora si sono limitati a scaramucce con gli inglesi. Se insorgessero in forze, sarebbero guai per tutti.