CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
www.cesnur.org

Guerra di primavera

di Massimo Introvigne (il Giornale, 28 febbraio 2007)

Il sanguinoso attentato suicida che ha colpito la base americana di Bagram, in Afghanistan, ha lasciato fortunatamente illeso il vice-presidente americano Cheney. Non si sa, invece, se lascerà illeso Prodi. Non si tratta infatti di un gesto dimostrativo, ma dell'inizio di quella guerra di primavera in Afghanistan che i talebani annunciavano per il 20 marzo 2007. Il 20 marzo in Afghanistan è capodanno. Finisce l'anno 1385 secondo il calendario persiano in uso sia in Iran sia in Afghanistan, e questa è la data fissata dal Patto per l'Afghanistan firmato a Londra il 1° febbraio 2006 per la verifica del controllo del governo sul territorio, cui 64 Paesi donatori condizionano gli aiuti o almeno il loro ammontare.

Quando Prodi e D'Alema continuano a parlare di conferenze di pace, si dimenticano che ce ne sono già state due. La prima si è tenuta a Bonn nel 2001 e ha portato all'attuale Stato afghano. Il Patto per l'Afghanistan del 2006 è stato preceduto dalla cosiddetta «Bonn II», cioè da una serie di incontri cui hanno partecipato non solo i partiti e movimenti afghani che erano stati protagonisti della prima conferenza di Bonn, ma anche quei talebani che hanno accettato di deporre le armi, beneficiare di una generosa amnistia e partecipare alle elezioni. Non si capisce bene a che cosa servirebbe una terza conferenza, né i terroristi - se qualcuno per assurdo li invitasse - vi parteciperebbero, dal momento che il loro scopo non è favorire un processo di pace, ma impedirlo. Lo prova la scelta degli obiettivi, che si è concentrata sulle scuole e gli ambulatori. Dal gennaio 2006 al gennaio 2007 sono state colpite - e di conseguenza chiuse - in Afghanistan 208 scuole, mentre gli attacchi ai convogli che portano medicine e alle unità sanitarie che si occupano di vaccinazioni hanno moltiplicato per sei in un anno i casi di poliomielite. In più, gli attentati hanno colpito leader popolari, concentrandosi soprattutto sulle donne, che i talebani intendono escludere di nuovo dalla vita politica a colpi di bombe.

Non meno ipocrita - o tagliata su misura per i problemi interni della politica italiana - è la tesi secondo cui si deve diminuire la presenza militare e intensificare quella umanitaria. Le organizzazioni non governative non chiedono più personale - una delle più attive in Afghanistan, Mercy Corps, al contrario lo ha ridotto della metà - ma che questo personale sia protetto da militari, i quali dovrebbero anche impedire che i ragazzi e soprattutto le ragazze che si recano alle scuole e ai dispensari faticosamente costruiti siano massacrati dai terroristi. Senza protezione militare costruire scuole e ospedali è uno sforzo poco più che inutile, perché appena costruiti gli ospedali e le scuole saranno attaccati dai terroristi e costretti a chiudere.

Mentre Prodi e D'Alema in Italia discutono di un'inutile terza conferenza di pace, i talebani, Al Qaida e le milizie loro alleate al soldo della criminalità organizzata internazionale, le quali proteggono una produzione che nel 2006 è salita a 6.100 tonnellate di oppio, la base del 92% del traffico mondiale di eroina, hanno avviato a suon di bombe la fase due della guerra, in cui non ci si limita agli attentati ma si cerca di conquistare città e villaggi. Un osservatorio internazionale assai moderato come l'International Crisis Group chiede all'Italia di prenderne atto e di «dire chiaramente se l'obiettivo è la vittoria o la protezione dei propri soldati da ogni rischio». Come risponderà il governo Prodi?