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Adamo di Ted Dekker: “Una fede da romanzo”

di Massimo Introvigne (Avvenire, 28 gennaio 2010)

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Un serial killer (maschio) si fa chiamare «Eva» e uccide una ragazza a ogni luna piena, iniettandole un virus che scatena quella che sembra una rara forma di meningite letale. Due agenti dell’FBI e una donna avvocato in carriera – moglie divorziata dell’agente che ha fatto di «Eva» la sua ossessione – gli danno la caccia. Sembra l’ennesima trama alla Jeffery Deaver o alla Michael Connelly. Invece Adamo di Ted Dekker, tradotto ora in Italia da Mondadori, è qualcosa di diverso. Perché l’agente ossessionato è anche uno scrittore e conferenziere a favore dell’ateismo, una specie di Odifreddi all’americana. Perché alla fine del mistero si viene a capo solo rivolgendosi a un prete cattolico esorcista e scavando in oscure storie di teologia e di seminaristi. Ma soprattutto perché «Eva» esiste davvero e no, non è il soprannome dell’assassino. È un diavolo che lo possiede come aveva posseduto la donna che l’aveva rapito da ragazzino insieme alla sorella e aveva abusato di lui per anni. Lo stesso diavolo s’impadronirà facilmente anche dell’agente dell’FBI, perché i fanatici dell’ateismo – lo dirà «Eva» stessa all’esorcista – sono le prede più facili per il Diavolo. Con qualche sorpresa – che sarebbe di cattivo gusto rivelare al lettore – il serial killer sarà messo in condizioni di non nuocere, ma i tanti atei del romanzo dovranno prima ammettere che il Diavolo esiste ed è dunque probabile che esista anche Dio.

È la Christian fiction, la narrativa «cristiana» che da qualche tempo vende benissimo negli Stati Uniti e che ora si tenta d’importare in Italia. Funzionerà? Adamo è ben scritto e la trama coinvolge, anche se i cattivi sono più credibili dei buoni. Il male è spaventoso, ma la santità non rifulge. Il protestante Dekker ha suscitato altre volte riserve tra i cattolici. Qui tratta la Chiesa con grande rispetto, ma il suo esorcista non è un personaggio memorabile. Dekker ha visto, forse troppe volte, il film L’esorcista, che il romanzo cita esplicitamente. Non gli avrebbe fatto male riguardarsi anche The Exorcism of Emily Rose, il film del 2005 del regista protestante – ma con molte simpatie cattoliche – Scott Derrickson, basato sull’episodio reale dell’esorcismo in Germania della giovane Anneliese Michel (1952-1976) e molto migliore de L’esorcista da tutti i punti di vista. Nel suo rispetto per la verità, il film di Derrickson è anche edificante. Può esserlo anche la Christian fiction, e Adamo da questo punto di vista può fare del bene. Tuttavia per convincere, scuotere le coscienze e indurre a meditare una teologia accettabile non basta. Occorre anche una bellezza della scrittura, dei personaggi e della trama. E qui il libro di Dekker passa il test solo parzialmente. Il romanzo si legge volentieri, ma lo spessore dei personaggi non è sufficiente a far parlare di autentica arte applicata alla narrativa né di grande letteratura.

I critici letterari spesso accusano la Christian fiction di essere – appunto – una letteratura di nicchia, che vende grazie al fiorente circuito delle congregazioni protestanti, ma che raramente interessa chi non frequenta le chiese e il cui livello artistico è discutibile. È la critica che è stata rivolta alla fortunatissima serie di sedici romanzi Left Behind di Tim LaHaye e Jerry B. Jenkins: dodici anni di successi fra il 1995 e il 2007 per complessivi sessantacinque milioni di copie vendute, numeri da record anche al di fuori dell’ambito cristiano. Si tratta di una lunghissima narrazione della fine del mondo, che segue l’Apocalisse ma la interpreta secondo quella particolare teologia protestante per cui prima dell’inizio dei tempi dell’Anticristo i buoni «spariranno», rapiti in Cielo. Ma la Chiesa Cattolica, e anche gran parte del protestantesimo europeo, non amano questa teologia tipica di un mondo conservatore se non fondamentalista. La serie resta inguaribilmente «americana» e difficile da esportare da noi.

I cattolici non sono stati a guardare, e oggi non si può più dire che la Christian fiction sia un fenomeno solo protestante. Proprio grazie ai cattolici si sono fatte meno frequenti anche le accuse secondo cui si tratterebbe di una letteratura commerciale di qualità inferiore. Anche trascurando il caso di Anne Rice, una stella della narrativa horror di qualità tornata alla fede cattolica della sua infanzia che oggi cerca faticosamente la sua nuova strada nel romanzo religioso, sono due gli autori cattolici di Christian fiction che hanno convinto insieme pubblico e critici. Il primo è lo scrittore canadese Michael D. O’Brien, che a partire da Il nemico (1996) riprende i temi del Diavolo e dell’Anticristo cari alla fiction protestante ma li tratta con impeccabile ortodossia cattolica, oltre che con indubbia maestria letteraria. Se O’Brien, grande romanziere, è più controverso come saggista per gli attacchi a Harry Potter e alla saga di Eragon – la cui estrema durezza ha suscitato qualche perplessità anche tra cattolici – diverso è il caso di Ralph McInerny, uno dei maggiori filosofi cattolici contemporanei stimato e apprezzato dall’attuale Pontefice, di cui in italiano è stato di recente tradotto da Fede & Cultura l’influente saggio Vaticano II – Che cosa è andato storto?. Milioni di americani conoscono McInerny, che preferirebbe essere noto piuttosto come filosofo, come il geniale creatore dei romanzi polizieschi che hanno come protagonista il sacerdote di Chicago Padre Dowling. La relativa serie televisiva, trasmessa anche in Italia, è un sano divertimento per famiglie ma non rende giustizia alla profondità psicologica dei romanzi, ciascuno dei quali riflette su un problema della Chiesa o della società americana, dall’eutanasia alla liturgia. Ora, a ottant’anni suonati, McInerny con le Cronache del Rosario – di cui sono usciti i due primi volumi – esplora anche lui il thriller religioso in una serie che ha fatto scrivere a molti che è finalmente uscita la risposta letteraria di un cattolico – e che cattolico! – a Dan Brown. A quando una traduzione italiana?