CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne

www.cesnur.org

La sfida culturale del gender

di Cristiana Dobner
A paper presented at the CESNUR 2010 conference in Torino. © Cristiana Dobner 2010. Please do not quote or reproduce without the consent of the author.

imgSiamo tutti, noi individui, donne e uomini, immersi nella storia e nella dinamicità. Da qui ridda degli interrogativi. Non pretendo di dare risposta ad uno di questi, urgente, stimolante e di cui chiarire alcune ambiguità, ma solo di indicare qualche traccia per impostare la ricerca filosofica e teologica, utilizzando una categoria euristica, nel senso dinamico del movimento della ricerca e non quale punto di approdo e di chiusura in una definizione: il gender(1) o genere, che dir si voglia, quale categoria di genere, principio di trasformazione nei vari campi del sapere, cioè autentica categoria epistemologica.
Come districarsi fra le tante proposte ed idee? Esistono validi percorsi in atto e alcune sperimentazioni invece, nel nostro mondo cristiano, da sottoporre ad un vaglio più accurato e critico.
È ben noto, ma è questa una delle forme della Bellezza, che il movimento del pensiero e dell’azione a noi contemporanea suscita sempre nuovi pensieri e nuove azioni: è la dinamica del vissuto e della storia che compie la sua parabola in ciascuna persona pellegrina verso il Volto del Padre. Posto che si voglia comprendere lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, bisogna osservare e valutare, a mio avviso, una spia preziosa: il linguaggio.
Il fiorire di nuovi termini, di un conio inedito, per un concetto da sempre presente nella riflessione filosofica e teologica, possiede una sua valenza specifica: uno scarto ed una novità che nutre la persona umana e la rende sempre più preziosa per i fratelli e per Dio, oppure una voga che la depaupera e la distoglie dal suo avvertirsi in cammino. Superficialità quindi che significa accettare quanto corre e quanto viene propinato, talvolta e purtroppo, anche da organismi internazionali, o peggio da interessi economici sottesi e perciò dominanti.
È il caso palese del gender e di quanto con esso si intenda o… non si intenda e tutta la polisemia relativa alle identificazioni di genere e di sesso.
Non è in gioco fra teologi e teologhe cristiani e cattolici un allarmismo o peggio una sorta di crociata, quanto piuttosto un confronto continuo e serrato, non bellicoso sì condotto nei termini sereni e pacifici di una ricerca nel confronto con un’ondata che si autodenomina cultura, ma che non è detto possa fregiarsi di un simile titolo:

Beauvoir ha fatto esplodere le sbarre della prigione femminile. O, in altri termini, gli stereotipi sessuali mutuati dalla natura onnipotente. A forza di sostenere la causa della libertà contro la necessità naturale, ha contribuito a produrre cambiamenti nella mentalità collettiva, e non è del tutto estranea al riconoscimento del diritto alla contraccezione e all’aborto. Se qualcuno se ne rallegra, altri invece fingono di ignorare che questo diritto rivoluzionario ha sancito definitivamente il primato della cultura sulla natura(2).
La sfida culturale, nella duplice dinamica di ri-significare e di assumere, è ardita e la Chiesa «esperta in umanità», cito J. Ratzinger, vuole rispondervi: per la prima volta nella storia dell’umanità si nega l’evidenza degli individui differenziati e si postula quella degli individui indifferenziati.
È noto il celebre incipit di Luce Irigaray alle sue lezioni dell’Università Erasmus nel secondo semestre del 1982: «La differenza sessuale rappresenta uno dei problemi o il problema che la nostra epoca ha da pensare. Ogni epoca -secondo Heidegger- ha una cosa da pensare. Una soltanto. La differenza sessuale, probabilmente, è quella del nostro tempo»(3) .
Sorgono quindi molti interrogativi: gender davvero può rappresentare un cardine su cui far ruotare il proprio pensiero e la propria azione? Perché gender diventa un termine e un ambito teologico e non rimane solo un rilievo sociologico o antropologico culturale?
Indubbiamente il femminismo oggi si qualifica in modo diverso dagli anni del suo insorgere e, proprio dal movimento femminista, sorse la teoria del gender, tuttavia chiedendo non diritti uguali per le diversità, ma negando quest’ultima per fondare su questa stessa negazione l’uguaglianza dei diritti. Portando perciò in sé la sua propria critica.
Gender non è ancora teorizzato o pensato teoreticamente e non può essere ridotto a un concetto di identità sessuale teorizzato. Come pure il rapporto sex e gender, in correlazione disgiuntiva oppure in crocevia fra natura e cultura, ugualmente poco studiato e che esige una riflessione teologica; come pure la distinzione fra sesso e genitalità, uno dei massimi temi che si devono affrontare nella cultura odierna:
Gender fa riferimento a dimensioni sociali, culturali, filosofiche o religiose conferite al sesso, per cui non esisterebbe nessuna differenza sessuale, ma esisterebbero tante differenze, legate all’orientamento sessuale, alla razza, alla cultura, alla condizione sociale…

Il problema teorico del nuovo femminismo è proprio lì. Come ridefinire la natura femminile senza ricadere nei vecchi schemi? Come parlare di “natura” senza mettere in pericolo la libertà? Come sostenete il dualismo dei sessi senza ricostruire la prigione dei generi?.... Anche se la maggioranza rifiuta a gran voce qualunque ritorno all’essenzialismo, il dualismo che oggi si rivendica obbliga ad acrobazie intellettuali che lasciano insoddisfatti (4).

Benedetto XVI, da teologo competente, ha già suggerito come impostare la radice della problematica: «La secolarizzazione, che si presenta nelle culture come impostazione del mondo e dell’umanità senza riferimento alla Trascendenza, invade ogni aspetto della vita quotidiana e sviluppa una mentalità in cui Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana»(5) . Qui la chiave e qui il perno.
Gender viene utilizzato versus l’identità sessuale, vale dire nel voler liberare l’individuo dal peso della determinazione biologica, e non versus il femminismo, «la “differenza sessuale” tra l’essere maschio e l’essere femmina non sarebbe un dato di “natura”, bensì, fondamentalmente, una costruzione sociale, una creazione della “cultura” e delle sue varie, effettuali configurazioni» (6) . Ipotizzando una simile scelta mobile ci si auto emancipa dal creato e dal Creatore.
La dotazione genetica è il punto di partenza, ovvero la condizione umana che consente di sperimentare la vita, non solo nel sesso biologico ma ben più in là delle leggi fisico chimiche proprio nelle strutture psichiche e spirituali, soprattutto nell’unicità della persona.
Unicità che è, insieme, esclusivamente propria e donata a tutti gli esseri umani. Su questa base, natura e cultura si articolano, mentre la libertà spezza quella che potrebbe risultare la gabbia della natura, una sorta di prigione. I diritti inalienabili della persona emanano dalla sua dignità, dalla sua articolazione di libertà e responsabilità.
Come afferma Zubiri, la libertà umana è un assoluto relativo che si trova dentro la persona, in cui ella stessa è inchiodata, il suo nord, la sua guida. La libertà ha delle leggi che, essendo amore e rispetto, appartengono ad un altro ordine rispetto a quelle che reggono il cosmo. Bisogna distinguere fra limite ed esito della libertà che si afferma nel rispetto della dignità propria ed altrui, che coinvolge il corpo e il sesso, cioè un significato di natura umana che ne viene illuminato.
In una simile ottica, ha affermato Blanca Castilla de Cortázar (7) nella sua sua lucida relazione al Convegno 2008 «Donna e Uomo, l’Humanum nella sua interezza», non si soggiace al cono d’ombra della cultura senza potersene liberare, ma se ne trasforma il significato. Cultura non è solo lascito dei nostri maggiori, che riceviamo al di là della mediazione genetica, ma soprattutto un agire libero e creativo che plasma ed agisce sull’esterno e sullo stesso soggetto che le opera.
Il valore però assiologico è tutto da determinarsi, non perchè la struttura sia culturale, automaticamente ne viene elusa la sua fallacia e anche la sua possibilità di peccato, quando si scagli o contraddica la dignità della persona umana. E spesso tale il gender si dimostra.
Comprensione significa vedere di più, quindi la stessa riflessione teologica può essere rifondata quando si rileggano i misteri centrali del cristianesimo intersecati alle primitive esperienze dell’Humanum nella sua interezza: la nascita, la meraviglia, la coscienza, il dolore e la relazione.
Il corpo e il sesso biologico, il dato biomofologico, partecipano del valore assoluto e della dignità della persona, qui, esattamente qui, va inserito il modello gender, quando sia costruito dalla e sulla libertà. Qui ogni teoresi acquista la sua legittimità e da qui scaturisce una libertà più nuova e contemporanea per la donna e per le nuove generazioni di teologhe.
Si tratta di delineare un’antropologia evangelica, non un rilevamento sociologico di comportamenti antropologici culturali diversi.
Bisogna chiarire nell’elaborazione della teoria (e non dell’ideologia del gender) come si nasca sessualmente conformati in maschio e femmina ma anche come, ed è qui che il gender deve e può dare un apporto prezioso, “come” si diventi tali, “come” nella storia di ciascun individuo e di tutti gli individui, globalmente considerati, la cultura richieda una risposta precisa, un’assunzione, in piena consapevolezza.
Si passa però, da ricerca teologica e da impulso culturale gravido di opportunità positive a ideologia, quando «Il concetto di ‘gender’, - come ha sottolineato M. Peeters, sempre nello stesso Convegno (8)- oggi, indica la possibilità di scegliere la propria identità sociale liberata da tutte le norme religiose, morali e naturali. Quindi anche sessuali». Il giudizio non è stato espresso, come ben hanno sottolineato alcune partecipanti all’assemblea, sul gender in sé ma su quella che è diventata l’ideologia di gender, affermazione ben diversa e che va sviluppata nel suo precipuo contesto e con argomentazioni ben distinte.
Sempre Benedetto XVI ci consente di porre un distinguo preciso ed inequivocabile: con l’ideologia (ogni ideologia sia ben chiaro) la secolarizzazione spesso si muta in secolarismo, abbandonando l’accezione positiva di secolarità.
Se avviene questo trascorrere, il gender parrebbe piuttosto apparentarsi ad una trovata che viene a sua volta strumentalizzata: un cavallo di Troia, simile a quello escogitato da Ulisse anticamente e che costituisce oggi il tormento e il pericolo di chi naviga nel web. Ovvero all’involucro non corrisponde il contenuto. E la turlupinatura è scontata. Per chi se ne avvede inizia una ricerca nella direzione della secolarità, per chi l’ingurgita inizia la crisi di un’identità di persona affondando nel secolarismo.
Qualche dato farà comprendere la distinzione.
Il quadro degli organismi internazionali, pur ponendo un distinguo fra ambiti accademici e politici, presenta vuoti di pensiero ed accezioni, davvero, ideologiche. Qui il Cavallo di Troia dell’ideologia rivela la sua autentica identità e rischia di provocare uno sconquasso: il concetto di gender include e maschera l’ideologia contro la vita ed appoggia l’aborto e l’eutanasia.
Fu Anne Marie Glendon a giocare un ruolo decisivo a Pechino nel 1995 quando, rappresentando la Santa Sede, impedì che il riconoscimento dei due generi, maschile e femminile, fosse cancellato passando a ben cinque generi!
Tuttavia gender non significa solo e immediatamente la proposta di Judith Butler (9): «Il travestito è la nostra verità per tutti. Rileva la struttura imitativa del genere stesso. Noi tutti non facciamo che travestirci ed è il gioco del travestimento che ce lo fa capire». Si tratta ben di più e meglio, si tratta di un’opzione culturale.
Con quali presupposti? Affermando l’inesistenza di maschio/femmina, cioè di una differenza sessuale con tutti i legami e le risonanze che comporta, quali la razza, la cultura, la condizione sociale, scavando un divario fra differenza sessuale biologica e la costruzione dell’identità, sociale e psicologica.
Ci si muove quindi nell’ordine della convenzione, della costruzione sociale, mentre è inaccettabile che le attribuzioni di sesso e genere, in un’antropologia cristiana, varino in dipendenza della struttura refenziale all’interno della quale vengono create. Giovanni Paolo II nella “Lettera alle donne”, in occasione proprio dell’Assemblea di Pechino, oltre all’affermazione sul “genio della donna”, ebbe a dire: “Femminilità e mascolinità sono tra loro complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma ontologico. È soltanto grazie alla dualità del ‘maschile’ e del ‘femminile’ che l’’umano’ si realizza appieno».
Proporre una teoria, aprire un campo di investigazione teoretica è legittimo e dimostra attenzione alla cultura odierna e alle sue trasformazioni, evoluzioni ed involuzioni, aggregarsi all’ideologia di gender è altra cosa, significa asservirsi alle leve di potere da cui si voleva sfuggire.
I Gender Studies hanno dato grande impulso all’esegesi femminista, tuttavia rimane vivo e vivace il dibattito sulla possibilità e sull’opportunità di assumere il paradigma di genere. Il rischio è palese: la legittimazione accademica dell’esegesi femminista è avvenuta attraverso l’assunzione del paradigma di gender, però esattamente dal di dentro, la critica è radicale, perché invece di spezzare il circuito sessista dell’androcentismo patriarcale, questo, in fin dei conti, non viene che confermato nello spostamento dal piano biologico a quello sociologico.
Si osservi il vocabolario delle Nazioni Unite: Gender neutral, si adotta abolendo la differenza sessuale. Padre e madre non ricorrono più, sono sostituiti da “progetto genitoriale” e “genitorialità”. Uguale sorte è capitata a maternità che lascia il passo a “procreazione”.
In Spagna un certificato di nascita porta scritto “progenitore A” e “progenitore B”e non più padre e madre, mentre in Massachusetts, nei certificati di nozze, non c’è più scritto “moglie” e “marito” , ma “parte A” e “parte B”.
Blanca Castilla de Cortaleza invece ha ben sottolineato la necessità di due dimensioni da compenetrare: quella naturale e quella culturale. Nell’identità personale come far mancare la dimensione culturale?
Lo stesso rapporto fra natura e cultura non si colloca su due piani distinti, una sorta di aut-aut, l’uno escludente l’altro, ma su di un piano solo in cui si armonizzano in un et-et: questo vuole l’annuncio evangelico.
All’interno della ricerca speculativa e all’interno dell’agorà internazionale va prestata ogni attenzione alla ricerca sul gender, sull’impatto evidente delle istanze di trasformazione della vita collettiva. Sono in gioco i connotati del pensiero umano e quindi una teologia di genere deve essere considerata ed articolata, conservando fermi alcuni principi ben delineati dall’allora card. Ratzinger: «Come realtà iscritta profondamente nell’uomo e nella donna: la sessualità caratterizza l’uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione. Essa non può essere ridotta a puro e insignificante dato biologico, ma è una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano».
La questione non si pone in termini di occultamento della verità, intesa come rilevamento di eventi, ma in termini di illuminazione della verità della persona umana alla luce della Rivelazione.
Le tematiche sono ampie e seducenti, all’interno di un possibile dialogo epistemologico, ne accenno solo qualche punto:

In molti commenti o esternazioni, scritte o orali, purtroppo si rileva una forte carenza di documentazione, di riflessione, talvolta per mancanza di adesione al magistero della Chiesa, quando poi non ci si opponga alla ragione e alla legge naturale, correttamente intesa.
Il percorso si presenta frastagliato ma seducente e vale la pena di percorrerlo, con serenità e rigorosità di giudizio, in verace secolarità perché si attui «la conversione dell’umanità a Dio, di modo che sia l’uomo che la donna conoscano Dio come il loro “aiuto”, come il Creatore pieno di tenerezza, come il Redentore che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito”» (Gv 3,16).


Il termine è introdotto da J. Money nel 1955, cfr. BORGHI L., “Gender”, in Lessico postfordista:Dizionario di idee della mutazione, ZANINI A.– FADINI U., Milano 2001, pp. 140-146; AA.VV., Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, (a cura di Simonetta Piccone Stella, Chiara Saraceno), Il Mulino, Bologna 1996; AGACINSKI S., La politica dei sessi, Ponte alle Grazie, Firenze 1998; AGACINSKI S., Le passeur de temps. Modernité et nostalgie, Seuil, Paris 2000; BØRRESEN K. E.(ed.), A immagine di Dio. Modelli di genere nella tradizione giudaica e cristiana, Roma 2001; SISSA G., Filosofie del genere. Platone, Aristotele e la differenza dei sessi, in DUBY G.– PERROT M. (ed.), Storia delle donne in Occidente. L’antichità, a cura di SCHMITT PANTEL P., Roma-Bari 20004 (1a ed. 1990), pp. 58-100; BØRRESEN K. E., From Patristics to Matristics: Selected Articles on Christian Gender Models, Herder 2002; AGACINSKI S., Engagements, Seuil, Paris 2007; NOCETI S., Di genere in genere. Storia di un concetto: Vivens Homo XVIII (2007) 18/2, pp. 293-305; SALATIELLO G., Verità della differenza sessuale, in. A. MOLINARO – F. DE MACERO, Verità del corpo. Una domanda sul nostro essere, Roma 2008, pp. 113-128; PELAJA M.- SCARAFFIA L., Due in una carne, Chiesa e sessualità nella storia, di Laterza, Roma 2008; VANTINI L., Sui generis: il “genere” in teologia, relazione di L. Vantini a Vicenza sul seminario Sui Generis, http://www.teologhe.org/Zone Triveneto; SCARAFFIA L., Origine e profilo storico del Gender , in Atti del Convegno 21/04/08 – Firenze, L’ideologia del gender maschio e femmina natura e cultura, pp. 5-18; VANZAN P., «Gender» e rapporto uomo-donna:femminismo o «reciprocità asimmetrica»?, «Civiltà Cattolica», 2009, Vol. 1, pp. 550-562; GALEOTTI G., Gender. Genere, Viverein, Roma 2010.

BADINTER E., La strada degli errori, Feltrinelli, Milano 2004, p. 34.

IRIGARAY L., Etica della differenza sessuale, (trad. di Luisa Muraro e Antonella Leoni), Feltrinelli, Milano 1985, p. 11.

BADINTER E., La strada degli errori, Feltrinelli, Milano 2004, p. 34.

Discorso all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura, 8 marzo 2008.

MILANO A., donna e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona, EDB, Bologna 2008, p. 16

CASTILLA DE CORTAZAR B., “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Persona, natura e cultura, in Pontificium Consilium Pro Laicis, Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza, LEV, Città del Vaticano 2009, pp. 61-98.

PEETERS M., Il “gender” decostruzione antropologica e sfida per la fede, in Pontificium Consilium Pro Laicis, Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza, LEV, Città del Vaticano 2009, pp. 287-298.

BUTLER J., Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, New York 1990; tr. it. Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Firenze 1996.