CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne

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Indagine Cesnur: il 70% degli italiani si dice lontano dalla fede

Radio Vaticana, 16 giugno 2012

Il 70% degli italiani, pur non dicendosi ateo, è lontano dalla religione e frequenta la Chiesa solo per le grandi ricorrenze. Il restante 30% si dichiara invece praticante. È quanto emerge dalla ricerca del Cesnur “Gentili senza cortile”, presentata ieri a Gela. Secondo lo studio effettuato tra la popolazione della Sicilia centrale, ritenuta rappresentativa dell’Italia in generale, gli atei sono circa il 7%: tra questi il 2,4%, costituito per lo più da persone anziane e meno istruite, motiva la propria scelta con ragioni ideologiche. Il restante 5% - giovani, con un livello culturale più alto - considera invece “irrilevanti” Dio e la religione. Dunque, la maggior parte della popolazione si dice lontana dalla fede. Quali le motivazioni? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Massimo Introvigne, direttore del Cesnur:

R. – Le due ragioni principali sono, primo, la sensazione degli italiani - sulla quale come cattolici dobbiamo tutti molto riflettere - che sui grandi problemi dell’ora presente, a partire dalla crisi economica, la Chiesa come altre istituzioni cerchi di dire qualcosa ma tutto sommato non abbia moltissimo da dire. Vi è poi una difficoltà nell’accettare gli insegnamenti morali della Chiesa e delle religioni. Inoltre, ci sono due motivi che stanno molto prendendo piede. Il primo, è lo sgomento derivato dalla questione dei preti pedofili: va precisato che si tratta di una reazione a notizie di stampa, perché nella zona in cui abbiamo condotto la nostra ricerca non c’è stato neppure un caso di condanna di un sacerdote per pedofilia. Il secondo motivo riguarda le polemiche sulle presunte ricchezze o benefici fiscali di cui la Chiesa cattolica - ma non solo - godrebbe. Questa ricerca quindi dimostra che le campagne di stampa più recenti contro la Chiesa non sono irrilevanti e, in una certa misura, hanno una forte influenza soprattutto sulle persone più semplici.

D. – Che cosa dire, invece, dei cattolici praticanti?

R. – Se il 70 per cento è lontano dalla Chiesa, c’è invece un 30 per cento che si sente vicino alla Chiesa, che difende la Chiesa quando viene attaccata. C’è un’identificazione: queste persone si sentono nella Chiesa, vogliono bene alla Chiesa, la difendono anche quando viene attaccata. Però, poi, quando vengono interrogati su materie come “cosa c’è dopo la morte?”, “cosa sono e che cosa significano i Sacramenti?”, mostrano delle gravissime lacune. Mi pare, quindi, che le iniziative che la Chiesa ha messo in cantiere – l’iniziativa del Papa di indire l’Anno della Fede, il Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione e la celebrazione dei 20 anni del Catechismo della Chiesa cattolica - siano tutte molto opportune. Nella sua modestia, anche la sociologia ci mostra che in Italia c’è ancora una forte identificazione con il cattolicesimo, forse non più maggioritaria, ma comunque molto rilevante: quasi un italiano su tre si dichiara cattolico. Ma questa identificazione non sempre è "identità", perché il passaggio tra l’identificazione e l’identità presuppone un cammino di formazione.

La ricerca del Cesnur pone dunque alla Chiesa la sfida della formazione dei credenti e dell’evangelizzazione. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza mons. Michele Pennisi, vescovi di Piazza Armerina, presente alla presentazione dell’indagine:

R. – Di fronte a questo, la Chiesa deve sentirsi sfidata: c’è un grande spazio per la missione, per la nuova evangelizzazione. Dobbiamo avere l’ansia pastorale di proporre il Vangelo, in base alle raccomandazioni del Concilio e della Gaudium et Spes, anche a coloro che si proclamano atei o indifferenti: avere il coraggio di fare la proposta di Dio, ponendo loro delle domande.

D. – Sembra rilevante, nell’allontanamento dalla fede e quindi dalla Chiesa, il ruolo di campagne stampa contro la Chiesa…

R. – Io penso che, prendendo spunto da fatti reali, sia in atto una campagna orchestrata contro la Chiesa dettata da poteri forti. È quindi importante educare le persone a saper leggere i giornali, a saper interpretare i messaggi televisivi con una visione critica.

D. – Va rilevato che all’interno del cosiddetto “zoccolo duro” dei cattolici praticanti, che vanno a Messa tutte le domeniche, c’è una parte rilevante che ha, sì, un’identità cattolica, ma spesso manca di una preparazione culturale cristiana…

R. – Mi pare importante che l’Anno della Fede offra a tutta la Chiesa un’opportunità per approfondire la fede non solo come esperienza personale di incontro con Cristo, ma anche tenendo presente l’aspetto intellettuale. Occorre far conoscere il Catechismo della Chiesa cattolica, fare degli incontri che facciano capire che la fede non si oppone alla ragione, anche se la supera.

 

Massimo Introvigne - PierLuigi Zoccatelli, Gentili senza cortile. «Atei forti» e «atei deboli» nella Sicilia Centrale