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«Quel che resta dei cattolici» di Marco Marzano. La critica di Massimo Introvigne su Avvenire

“Ma il cattolicesimo del Belpaese non è a livello d’Oltralpe" (Avvenire, 23 maggio 2012, p. 28)

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Il sociologo torinese Marco Marzano presenta in «Quel che resta dei cattolici. Indagine sulla crisi della Chiesa in Italia» (Feltrinelli, Milano 2012) una fotografia impietosa dello stato delle parrocchie in Italia. Scattata da uno studioso che non fa mistero del suo ateismo, questa fotografia apparirà senza dubbio a molti cattolici militante, parziale e ingiusta. Tuttavia costituisce pure una provocazione, su cui non è inutile riflettere. 

L'indagine procede in tre tappe. La prima vuole mostrare la fine anche in Italia di quella che i sociologi francesi chiamano «civiltà parrocchiale», partendo da una delle questioni più controverse nella sociologia delle religioni: quanti cattolici vanno davvero a Messa tutte le domeniche? Marzano evidenzia il fenomeno del cosiddetto «over-reporting», cioè la discrepanza fra quanti, rispondendo alle interviste dei sociologi, si affermano praticanti regolari e quanti - nella stessa zona - risultano come frequentatori delle Messe da un conteggio capillare effettuato in tutte le chiese. Il sociologo torinese si fonda essenzialmente sulle ricerche di Alessandro Castegnaro in Veneto e su quelle compiute da me e PierLuigi Zoccatelli in Sicilia per concludere che anche in Italia esiste il fenomeno dell''«over-reporting», e il trenta per cento di pratica regolare che emerge dalle interviste a campione dei sociologi va ridimensionato almeno al diciotto per cento che risulta dai conteggi veneti e siciliani alle porte delle chiese. Almeno, perché Marzano pensa - ma in realtà non prova - che il dato nazionale sia ancora più basso. E pensa pure che l'Italia si avvii lentamente verso un futuro in cui la sua pratica regolare scenderà ai livelli della Francia, meno del dieci per cento, in quanto i giovani italiani vanno a Messa meno degli anziani. Ma qui la sua previsione è discutibile, perché i livelli di pratica non rimangono costanti per tutta la vita, e molte ricerche mostrano che chi non va a Messa da giovane potrà riavvicinarsi alla Chiesa da anziano o già prima, quando chiederà aiuto alla parrocchia per educare i figli.

La seconda tappa del viaggio di Marzano lo porta in parrocchie dove i sacerdoti osservano sconsolati fedeli che, per lo più, non hanno totalmente abbandonato la Chiesa ma - nei tre momenti studiati dal sociologo della prima Comunione e Cresima dei figli, dei matrimoni e dei funerali - richiedono al parroco un rito che non comprendono più nelle sue motivazioni profonde. Certo, il sociologo rischia di generalizzare osservazioni svolte in poche parrocchie, soprattutto torinesi, ma fanno molto pensare in particolare le pagine sui corsi per il matrimonio, dove molte coppie - che già convivono - non fanno mistero del loro rifiuto della dottrina cattolica su anticoncezionali, divorzio, aborto, rapporti prematrimoniali, senza che i parroci  pensino di fermarli e di negare le nozze in chiesa. Viene in mente il discorso del 22 gennaio 2011 di Benedetto XVI alla Rota Romana, in cui il Papa affermava che sposarsi in chiesa non è un diritto, e invitava i parroci a un rigoroso esame preventivo dei futuri sposi, anche per prevenire la proliferazione di cause di nullità.

Assai meno condivisibile appare la ricetta proposta da Marzano per resistere alla crisi. Il sociologo ritiene che l'unica ancora di salvezza sia la parrocchia «progressista», che afferma di avere incontrato a Torino, dove il parroco contesta sistematicamente gli ultimi due Pontefici e il suo vescovo, e inneggia - o almeno lascia che i laici suoi collaboratori inneggino - all'abolizione del celibato dei preti, al sacerdozio alle donne, alla comunione ai divorziati risposati, al riconoscimento delle unioni omosessuali. A questo modello - nella terza tappa del suo viaggio - Marzano contrappone quello del Cammino neo-catecumenale, che riconduce al tipo ideale della «setta», reazionaria e oppressiva. E «sette» sarebbero anche non solo gli altri principali movimenti presenti in Italia, ma pure tante parrocchie dove un sacerdote particolarmente brillante «irreggimenta» i laici in piccole comunità intense e moralmente rigorose.

Non tutto è falso nella denuncia dei rischi che i movimenti talora corrono. Ma, a parte un uso piuttosto antiquato dello stereotipo della «setta», il volume cade qui in uno slittamento di prospettiva, dalla sociologia all'ideologia. Marzano non ci sta più dicendo quali modelli di religione siano interessanti per gli uomini e le donne del XXI secolo, ma quali piacciono a lui. Mentre le statistiche compilate con notevole cura da grandi sociologi come Rodney Stark e Roger Finke sul mondo protestante, e talora anche su quello cattolico, mostrano che le comunità progressiste e «politicamente corrette» incontrano l'applauso dei lontani, degli atei non devoti come Marzano. Ma radunano sempre meno fedeli, che invece si affollano proprio in quelle comunità «ortodosse» e leali alla morale cristiana tradizionale che Marzano vorrebbe liquidare come settarie.