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Dagli Ufo al Carro di Fuoco: quanti paradisi ci attendono

di Guido Ceronetti (Corriere della Sera, 25 agosto 2013)

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La libertà religiosa è la più grande conquista della civiltà. La meravigliosa Enciclopedia delle religioni in Italia di Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli (edizioni Elledici, pp. 1.240, euro 125), magistrale sforzo del Cesnur di Torino (Centro studi sulle nuove religioni) per non far mancare una scheda, lunga o breve, a nessun movimento o gruppo o ecclésia che si tinga di religioso, abbia radici millenarie o sia eresia di eresie aventi poche settimane di vita pubblica – ce lo conferma nell’unico modo possibile: mantenendo la neutralità degli autori per il maggiore risultato di obiettività informativa.
Però l’argomento, per chi conosca l’importanza e le insidie del fenomeno religioso e la gravità dei coinvolgimenti spirituali, non è tranquillo né tranquillizzante. Per me è infinitamente più importante e grandioso dei luoghi comuni che ascoltiamo e leggiamo ininterrottamente, ossessivamente ripetuti, sull’economia. Là tutto è falso per inguaribili distorsioni mentali e finalizzato alla perdita dell’essere umano e del suo ambiente vitale; nel religioso l’oro di Ofir non è quasi mai puro, il fanatismo è sempre dietro l’uscio, la libertà di pensiero corre ogni volta qualche rischio ma la verità da riscoprire, né d’Oriente né d’Occidente, difficilmente manca.
L’Enciclopedia ci squaderna tutto. Tra la luce e l’ombra dobbiamo, consultanti non passivi, cercatori ansiosi di altro e soprattutto di altrove, cavarcela da soli.
Attenzione alle parole. Un’espressione come Shàar ha-shamàim, semitica, tra le più antiche del mondo, indicante luoghi sacri (Porta del Cielo), è la stessa che ianua coeli, visibile sul frontone di molte chiese cristiane di età remote. Ma tradotta modernamente Heaven’s Gate, tutto cambia. Si tratta di un movimento collegato alle ricerche e attese ufologiche. Ah sì? Gli Ufo non vengono a prenderci in vista di una felicità inaudita? Noi gli andiamo incontro affrettando la nostra fine terrena! Così il capo della setta, Marshall Applewhite, promuove nel 1997, in un ranch californiano presso San Diego, il suicidio in massa di tutti gli adepti, per forzare la Porta del Cielo.
Dubito abbiano trovato la felicità agognata; tuttavia ricordiamoci del delizioso film di Lubitsch Il cielo può attendere; perché tanta impazienza? Vedi, di Introvigne, Heaven’s Gate, il paradiso non può attendere (stesso anno del fatto, il Cesnur non perde il suo tempo).
Fa riflettere l’ipotesi ufologica per il Carro di Fuoco che rapisce in un vortice il profeta Elia nel secondo Libro dei Re (2,11). E anche l’enigma della Porta della Legge, come metafora di ianua coeli. È accessibile a chiunque ma il Guardiano non permette a nessuno di entrarci; è dovunque e in nessun luogo.
Segnalo agli attenti uno straordinario racconto di Wells, La porta nel muro, del 1911: è una qualsiasi porticina con glicine di West Kensington che dà accesso a visioni di ineffabile bellezza; un uomo ne è ossessionato per tutta la vita; un giorno la spalanca e precipita nella morte. Il simbolismo della porta è inquietante sempre.
Nei commenti al viaggio del papa Francesco in Brasile non ho rilevato attenzioni a un significato politico-religioso che a me pare evidente: la Chiesa brasiliana perde migliaia di credenti tiepidi al giorno, per massicce adesioni di neofiti all’universo evangelico pentecostale, esaurientemente trattato nell’Enciclopedia. Certamente Francesco, con la sua forte presenza carismatica, ha radunato ed elettrizzato folle imponenti, ma riconquistare anime a una fede perdente è molto più difficile.
Discorsi su povertà materiale e disoccupazione non fanno breccia nel male di vivere radicale e, consci o inconsci, tutti noi esseri umani emettiamo onde di ululati d’infelicità da spaccare il mondo. La fede pentecostale è basata su conversioni repentine in cui il credente vede Cristo venirgli incontro, sollevandolo dalla sua disperazione essenziale. Porta nel muro o ianua coeli? Vibri pure di emozioni piazza San Pietro, inconcepibile come porta del cielo, l’orecchio che cerca Dio dà ben più volentieri ascolto a qualcuna delle migliaia di voci che in una impressionante varietà gli promettano anywhere out of the World e ne attenuino, poco o molto, l’angoscia esistenziale o del futuro e lunghezza di giorni.
Cercare la Porta – non quella della disperata demenza californiana, che rimedia col male al male – è, nella stretta in cui siamo, l’unica rivolta possibile.
Non sono un ecumenista né un dialogante. Non c’è rivolta vera se non si crea una identità nuova. Insieme al consunto e bisunto ateismo (le ideologie politiche hanno ricevuto il colpo di grazia nel 1989) tutto l’Oriente e l’Occidente monoteisti sono allo stremo. Resta che la vera, luminosa, incontestabile superiorità etica è nella tolleranza assoluta, nella separatezza mantenuta e rigorosamente incruenta, da far zampillare da qualunque via. Anche un gruppuscolino di sette o dieci può aver ragione sull’opinione passiva di un miliardo (dei gruppi troppo numerosi diffido).
Aggiungo che il supremo criterio discriminante dovrebbe essere o diventare un’etica vegetarianista. In quanto remotamente originari della più perseguitata delle eresie, la gnostico-manichea, spero siano vegetariani i miei amici, del Lectorium Rosicrucianum, grazie alla loro vicinanza dottrinale e rituale alla Chiesa catara del Languedoc.
Interamente vegetarianisti sarebbero i devoti di Krishna (vedi la voce Iskcon, a pagina 638), i noti ex monaci del saio arancione e della cantilena Hare Krishna-hare-hare, presenti in Italia dal 1970, che hanno tuttora uno dei loro ristoranti Govinda a Milano, dal cibo ortodosso sì, ma discretamente indigesto.
Il vegetarianismo in Italia fatica a diffondersi e in genere ha l’ostilità dei medici, dei pediatri e dei dietologi, ma una dottrina che voglia essere autorevolmente religiosa non può accettare il mattatoio, la sperimentazione farmacologica e in special modo gli orrori degli allevamenti industriali di sventurati animali. La necessità, da luogo a luogo, può avere esigenze contrarie; la dottrina, il dogma, il dharma devono restare intransigenti e puri. Un’appendice su questo tema, in una futura edizione dell’Enciclopedia, sarebbe preziosa.

 

 

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