CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne

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L'Italia delle 836 "religioni"

di Donato di Sanzo (Protestantesimo. Rivista della Facoltà valdese di Teologia, anno 68, n. 3-4, terzo e quarto trimestre 2013, pp. 437-440)

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Uscita nel marzo del 2013 per i tipi della Elledici, l’Enciclopedia delle religioni in Italia del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), diretta da Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli, è l’ultima indagine in ordine di tempo sulle dimensioni e le manifestazioni del pluralismo religioso italiano (1). Il lavoro di ricerca, per il suo carattere enciclopedico, opera una classificazione quantitativa e qualitativa della presenza sul territorio della penisola di chiese, comunità di fede e di tutte quelle forme organizzate che, in seguito a un’approfondita disquisizione terminologica, vengono definite come “evoluzioni, scismi e ricomposizioni all’interno di unità identificate come famiglie spirituali” (2). In base e tali definizioni, l’enciclopedia classifica l’esistenza in Italia di 836 “religioni” (3) e denominazioni, molte di più rispetto alle 616 stimate nel precedente lavoro enciclopedico a cura del CESNUR, risalente al 2001 (4). Il dato testimonia una certa vitalità del panorama del pluralismo religioso italiano, che negli ultimi dodici anni è stato in grado di accogliere più di duecento nuove organizzazioni spirituali. Riguardo alla consistenza delle singole “religioni”, la ricerca compie una scelta preliminare: le prime stime sono riferite alle appartenenze religiose degli individui con cittadinanza italiana e non prendono in considerazione, quindi, la numerosa e variegata componente immigrata, cui è dedicata una specifica considerazione.
Se si eccettua la confessione cattolica, largamente maggioritaria tra i cittadini italiani, la prospera componente delle 835 minoranze si presenta in maniera estremamente diversificata al proprio interno in termini di dimensioni, comprendendo sia gruppi di fede molto numerosi, come i protestanti (435.000 appartenenti), i testimoni di Geova (415.000), i buddhisti (135.000), i musulmani (115.000) e gli ortodossi (110.000) (5), sia movimenti religiosi e chiese che annoverano poche centinaia di fedeli. Dai dati, dunque, emerge che la minoranza con più appartenenze è quella protestante, all’interno della quale, tuttavia, insistono diversificazioni legate alla denominazione: i pentecostali rappresentano la componente più numerosa con 313.000 membri, legati prevalentemente alle ADI (Assemblee di Dio in Italia); gli appartenenti al protestantesimo “storico” (valdesi, luterani, riformati, calvinisti, battisti, metodisti) sono circa 65.000; il Movimento dei Fratelli (21.000 fedeli), la comunità avventista (20.000) e le Chiese libere non pentecostali (9.000) sono confessioni abbastanza diffuse e organizzate. Fra le realtà più dinamiche nel panorama del pluralismo religioso italiano vi è, inoltre, quella buddhista, la quale è stata interessata, oltre che dalla crescita istituzionale dell’UBI (Unione Buddhista Italiana) (6), anche dall’incremento di appartenenti alla Soka Gakkai, diventando la terza minoranza religiosa fra i cittadini italiani.
Il quadro della dimensione delle comunità di fede in Italia risulta completamente rivoluzionato se si considera la presenza degli immigrati sul territorio della penisola. L’Enciclopedia delle religioni in Italia dedica una particolare attenzione alle appartenenze religiose fra i migranti, elaborando un originale metodo di stima, che si allontana da quello utilizzato nella redazione annuale del rapporto Caritas/Migrantes (7). I ricercatori del CESNUR, facendo riferimento ai dati sull’immigrazione presentati nel marzo 2012 dalla Conferenza Permanente “Religioni, Cultura e Integrazione” del Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, ridiscutono le statistiche elaborate attraverso la tecnica Caritas/Migrantes 2012: in entrambi i casi, l’islam si conferma seconda religione in Italia (prima fra gli immigrati), seguita dal cristianesimo ortodosso; la forbice tra le due, tuttavia, si riduce in termini di valore assoluto, poiché secondo il CESNUR i musulmani sarebbero 1.360.000 (a differenza dei 1.650.902 stimati dalla Caritas/Migrantes) e gli ortodossi, in seguito alle migrazioni dall’Est europeo, sarebbero cresciuti sino a raggiungere il numero di 1.294.700 (1.482.648 secondo il rapporto). Particolare considerazione è rivolta anche al mondo carismatico e pentecostale immigrato che, in linea con la desecolarizzazione e la “riappropriazione della spiritualità” tempestivamente preannunciate da Harvey Cox nel suo celebre Fire From Heaven (8) e confermate nel suo più recente The Future of Faith (9), ha arricchito il panorama del pluralismo religioso italiano di congregazioni “etniche” (10) di provenienza prevalentemente africana, sudamericana ed est-asiatica.
L’indagine sulle religioni contenuta nell’Enciclopedia del CESNUR rappresenta, infine, una sostanziale conferma dei risultati delle ultime ricerche sulla configurazione del quadro religioso italiano (11). L’Italia è un paese massicciamente cattolico, interessato, tuttavia, sia da dinamiche “pluralizzanti”, sia da configurazioni di diversi livelli di appartenenza alla confessione di maggioranza che attraversano la società in maniera sistematica. Riguardo a quest’ultimo fenomeno, l’Enciclopedia giunge alla conclusione che la “religione” più diffusa sul territorio della penisola sarebbe quella del cattolicesimo dei non appartenenti, milioni di italiani che, secondo l’atteggiamento del believing without belonging codificato da Grace Davie (12), uniformerebbero sempre meno i propri comportamenti e le proprie biografie individuali alle prescrizioni della religione e della chiesa in cui credono (13).

(1) Negli ultimi due anni, numerosi altri lavori di ricerca hanno offerto contributi preziosi nell’opera di comprensione del pluralismo religioso in Italia. Fra questi, sia consentito un rimando a Paolo Naso, Brunetto Salvarani (a cura di), Un cantiere senza progetto. L’Italia delle religioni – Rapporto 2012, Emi, Bologna 2012, ed Enzo Pace, Le religioni nell’Italia che cambia. Mappe e bussole, Carocci, Bologna 2013.
(2) Gli autori, dopo una discussione definitoria che cita, ad esempio, i contributi teologici e sociologici di Ernst Troeltsch o il lavoro The Future of Religion. Secularization, Revival and Cult Formation (University of California Press, Berkeley, 1985) di Rodney Stark e William Sims Bainbridge, si guardano bene dall’utilizzare le categorie di “sette”, “nuove religioni” e “nuovi movimenti religiosi”. Cfr. p. 15.
(3) Anche sulla definizione di “religione” i ricercatori del CESNUR compiono una scelta precisa, utilizzando il termine in maniera “orientata al risultato” di “documentare la vasta area del campo religioso, quel complesso di credenze, aspirazioni, relazioni con il sacro, risposte alle domande ultime, che qualunque estensione gli si dia, non coincide in ogni caso con gli usi della parola religione orientati a risultati giuridici”. Cfr. p. 17.
(4) Cfr. Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli (a cura di), Enciclopedia delle Religioni in Italia, Elledici, Torino 2001.
(5) Di questo gruppo di denominazioni fanno parte quelle comunità che, per ragioni storiche (ebrei 36.000 appartenenti) o in seguito a recenti diffusioni (movimenti del potenziale umano – 30.000 appartenenti) contano diverse decine di migliaia di fedeli.
(6) L’Unione Buddhista Italiana ha firmato, il 20 marzo 2000 e, dopo nuovi iter procedurali, il 4 aprile 2007, l’intesa con lo stato italiano ex art. 8 della Costituzione, approvata in Parlamento l’11 dicembre 2012.
(7) Il metodo di stima utilizzato nella redazione del rapporto Caritas/Migrantes sull’immigrazione calcola le appartenenze religiose dei migranti estendendo le percentuali di diffusione delle confessioni nei paesi di origine al numero in valore assoluto degli immigrati regolari in Italia. Numerosi studi hanno rilevato che tale tecnica non prende in considerazione le quote di immigrazione irregolare ed eventuali push/pull factors che possono rappresentare incentivi alla mobilità internazionale verso il territorio italiano. Sull’argomento vedi, fra gli altri, Paolo Naso, Le chiese africane in Italia. Mappe geografiche e teologiche, in: Le religioni degli immigrati come fattore di dis/integrazione sociale, Gris Esd, Bologna 2009, pp. 153-171.
(8) Harvey Cox, Fire From Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century, Addison-Wesley, Reading (MA) 1995.
(9) Id., The Future of Faith, HarperOne, New York 2009.
(10) Per una definizione di chiesa etnica cfr. Alessia Passarelli, Chiese etniche e multietniche al di là delle definizioni, in: Paolo Naso, L’immigrazione evangelica in Italia, “Protestantesimo” 4 (2011), p. 333: “sono quelle che […] si danno una specifica missione ‘interna’ a un particolare gruppo e si strutturano secondo i loro bisogni, la loro cultura, le loro tradizioni liturgiche. Si tratta di comunità generalmente omogenee dal punto di vista sociale che si organizzano sulla base della lingua o della provenienza dalla medesima macro-area geografica: il livello di integrazione è basso perché la comunità tende a privilegiare meccanismi di coesione e solidarietà al suo interno”.
(11) Cfr., in particolare, Franco Garelli, L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo, il Mulino, Bologna 2006, e, per una ricognizione sul tema di carattere empirico, Roberto Cartocci, Geografia dell’Italia cattolica, il Mulino, Bologna 2011.
(12) Grace Davie, Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994.
(13) Sul tema, sia consentito un rimando a Donato Di Sanzo, Maria Antonietta Maggio, La Geografia cattolica in un Paese in progress, in: Paolo Naso, Brunetto Salvarani (a cura di), op. cit., pp. 133-142.

 

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