CESNUR - Centro Studi sulle Nuove Religioni diretto da Massimo Introvigne
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Libertà religiosa in Italia: a che punto siamo?


Criticità e proposte delle chiese evangeliche italiane

 

Il 20 Luglio 2019, alle ore 10:30, le sottoscritte denominazioni ed enti federativi evangelici, in occasione della seconda edizione del “Christian Expò. La grande fiera cristiana”, hanno tenuto presso la Tendostruttura del Palapartenope di Napoli, una tavola rotonda sul tema: “Libertà religiosa in Italia: a che punto siamo?”.
Sono state esposte delle criticità ma anche delle proposte.

APERTURA:
His Excellency Louie Gohmert, congressman USA

SONO INTERVENUTI:
Carmine Napolitano (Presidente della Federazione delle Chiese Pentecostali)
Samuele Pellerito (Presidente delle Chiese Elim in Italia)
Emanuele Campo (Coordinatore Chiesa Cristiana Pentecostale Italiana)
Giovanni Di Francia (Presidente delle Congregazioni Cristiane Pentecostali)
Michele Passaretti (Presidente Nuova Pentecoste, Presidente della Consulta Evangelica)
Giovanni Traettino (Presidente della Chiesa Evangelica della Riconciliazione)
Emanuele Frediani (Presidente della Chiesa Apostolica in Italia)
Giacomo Ciccone (Presidente Alleanza Evangelica Italiana)

HANNO MODERATO:
Alessandro Iovino (scrittore e giornalista, membro del Comitato Esecutivo del Christian Expò)
Giuseppe Scarallo (editore e pastore evangelico, membro del Comitato Esecutivo del Christian Expò)

CON LA PARTECIPAZIONE DEL COMITATO ESECUTIVO DEL CHRISTIAN EXPO’:
John Tufaro, Marco Pala, Giovanni Tagliaferri, Antonio Morra, Vincenzo Abbate, Ludovico Albano

 

PRESENTAZIONE
di Alessandro Iovino

L’Articolo 19 della Costituzione della Repubblica Italiana recita: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.


Chi pensa che la libertà religiosa sia una questione che interessi solo le minoranze, si sbaglia. Come diceva Martin Luther King: “Fino a che tutti non sono liberi, nessuno è libero”. Sono fermamente convinto che quella spirituale, sia la madre di tutte libertà. Uno Stato democratico che ignora, o peggio limita e calpesta, la libertà di ogni cittadino di vivere la dimensione religiosa, di fatto nega e mortifica la sua umanità, oltre che spiritualità.


In tutti gli anni in cui sono stato impegnato come assistente parlamentare al Senato della Repubblica, mi sono occupato molto di libertà religiosa. Nel nostro paese, nonostante la Costituzione garantisca questo diritto, in molti casi vengono negati i diritti fondamentali delle comunità religiose.


E’ una questione che riguarda molte confessioni. Ci piace dirlo del nostro paese, spesso per indicare i limiti, talvolta per esaltarne le unicità. Ma in questa materia, possiamo ben dire che l’Italia, rimanendo circoscritti al solo campo dell’Unione Europea, rappresenta davvero un “caso unico”. L’esistenza del Concordato per la Chiesa Cattolica e delle Intese per “tutto il resto”, rende il panorama religioso italiano molto complesso, anche solo da definire. Perché oltre il Concordato e le Intese, ci sono tutte quelle confessioni non riconosciute, e quindi di fatto, non rappresentate davanti allo Stato.


Ma per rimanere nell’alveo della galassia evangelica, la situazione appare frammentata ed eterogenea. Esistono situazioni al limite. Ci sono denominazioni che patiscono una forma di persecuzione burocratica: di fatto viene loro impedito di professare liberamente il culto e le altre attività spirituali. Eppure esistono anche Chiese che godono di Intesa con lo Stato, ma che, incredibilmente, pur hanno registrato delle restrizioni e limitazioni.


Per questo abbiamo invitato, intorno ad un tavolo, alcuni presidenti e rappresentati delle denominazioni evangeliche per formalizzare un report che presenteremo alle autorità politiche italiane preposte, alle massime cariche dello Stato e all’organizzazione “International Religious Freedom Roundtable” di Washington DC, in collaborazione con il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) di Torino diretto dal prof. Massimo Introvigne. Questo documento vedrà l’endorsment del congressman USA Louie Gohmert, presente alla firma del documento a Napoli, nel corso del Christina Expò del 20 luglio 2019.


Il nostro intento è di poter diffondere ai media questo lavoro, che raccoglierà dati ed indicazioni, oltre che ovviamente suggerimenti, per il superamento delle difficoltà che vedono protagoniste le comunità evangeliche italiane. Per me è un dovere non solo spirituale ma anche civico. Nel maggio del 2019, al Salone del Libro di Torino, sono stato insignito del “FIRMA - Religions for Freedom Award”, per il mio impegno in favore delle minoranze religiose, in particolare di quelle cristiane. Quando mi intervistarono per Canale 5, dichiarai pubblicamente che avrei continuato il mio impegno in favore di questa nobile battaglia, dentro e fuori i confini dell’Italia. E’ un dovere spirituale, oltre che civico.

 

INTRODUZIONE
di Giuseppe Scarallo

Il Christian Expò è, anzitutto, una pagina di storia evangelica ed una importante occasione per sentirci legati in un’esperienza di comunione che, nella particolarità delle nostre rispettive identità, dà forma ad una straordinaria ricchezza; una ricchezza che si manifesta nella vita dei singoli, delle comunità e delle associazioni, attraverso iniziative spirituali, sociali e culturali, nella responsabilità e nella cura dei beni che ci sono affidati e nel loro evangelico utilizzo.


I ricchi e complementari interventi che sono di seguito riportati durante la tavola rotonda, la competenza e l’esperienza dei relatori, ci consentiranno di affrontare la questione nella prospettiva del quadro legislativo attuale. Saranno oggetto di riflessione alcuni potenziali rischi per la libertà religiosa per le minoranze e la necessità di sforzi adeguati per salvaguardarla.


Al termine di questa considerazione introduttiva, desidero sottolineare un aspetto significativo del nostro “stare insieme”, vale a dire, la questione dei rapporti tra le chiese evangeliche appartenenti a gruppi diversi. Tale questione è molto dibattuta nel nostro interno e spesso suscita non pochi contrasti e malumori.


Nel suo libro, di recente pubblicazione, dal titolo “Vivere in Tempi”, il dottor Gianfranco Giuni, dedica un intero capitolo all’argomento della comunicazione tra diverse confessioni evangeliche. Egli raggruppa gli atteggiamenti possibili in cinque stili. Il primo criterio è definito “monoculturale” e consiste nel considerare la propria cultura l’unica possibile. Il non riconoscimento dell’altro impedisce ogni forma di comunicazione.


Il secondo atteggiamento è definito “etnocentrico” ed è la posizione di chi ammette che possano esistere culture e modi diversi di fare e pensare, ma si ritiene che il proprio sia il migliore.


Un terzo modo di rapportarsi con gli altri, chiamato “modernista”, afferma che non esiste una cultura migliore dell’altra. Tutte le culture sono valide e vanno integrate anche a costo di rinunciare alla propria identità. È l’approccio discutibile del relativismo che, come afferma lo stesso Giuni, “significherebbe mettere insieme varie tradizioni, creando gli spaghetti al dulce de leche, o la pizza al sushi, o il couscous alla bolognese”.


Il quarto criterio, definito “postmoderno”, si basa sulla convinzione dell’assenza di verità assolute. Mentre nel precedente approccio viene sacrificata l’identità delle singole realtà evangeliche, in questo caso si rinuncia all’amore per la verità.


Infine, esiste un ultimo approccio, ed è quello auspicabile; questo atteggiamento viene definito “cosmopolita”. Si accetta in questo caso l’idea che esistano varie culture e che queste culture siano diverse tra di loro, ma senza sopraffarle o uniformarle. In questo caso ognuno rimane della propria cultura, che ha una sua dignità propria, ma si cerca di comprendersi e stare insieme, soprattutto per il raggiungimento di obiettivi nell’interesse di tutti.


In questo senso, il Christian Expò vuole essere un contenitore culturale, uno spazio di confronto tra le diverse anime evangeliche; il Christian Expò intende mettere insieme risorse per finalità comuni, proprio come stiamo facendo adesso, affrontando il tema della libertà religiosa in Italia. 

 

La Federazione delle chiese pentecostali, è un organismo di collaborazione fra diverse chiese indipendenti e associazioni di chiese evangeliche pentecostali operanti in Italia. Le radici della Federazione delle Chiese Evangeliche Pentecostali in Italia, risalgono al 1983. Nel 2000 si è costituita per atto pubblico. Sul piano internazionale aderisce alla Federazione Pentecostale Europea (PEF).

Intervento del Presidente della Federazione delle Chiese Pentecostali Carmine Napolitano:


Francesco Ruffini, uno dei padri del diritto ecclesiastico italiano e uno dei pochi professori universitari a non prestare giuramento al governo fascista rimettendoci la cattedra, definì la libertà religiosa come la facoltà spettante all’individuo di credere quello che più gli piace, o di non credere, se più gli piace, a nulla. Per lui questo rappresentava soprattutto un principio giuridico, non filosofico e neanche teologico; e in qualche modo andava a radicare nella libertà di coscienza il diritto alla libertà religiosa.


   L’Italia ha sempre avuto un rapporto piuttosto problematico con questo principio; vale a dire che, essendosi compresa per molto tempo come stato confessionale, non è mai riuscita ad immaginare una piena legittimità giuridica del pluralismo religioso e perciò a garantire una effettiva libertà religiosa. L’Italia, come è noto, è divenuto un Paese unito nel 1861 ed è stato retto, sostanzialmente, da due costituzioni: quella monarchica sabauda contenuta nello Statuto albertino promulgato nel 1848, e quella repubblicana promulgata dopo la seconda guerra mondiale esattamente un secolo dopo, nel 1948. Lo Statuto albertino all’articolo 1 affermava che la religione cattolica apostolica e romana era la sola religione dello Stato e attribuiva agli altri culti la qualifica di <<tollerati conformemente alle leggi>>.  Questo principio fu mitigato dalla rottura dei rapporti tra la Chiesa cattolica e lo stato italiano all’indomani dell’abolizione dello stato pontificio e della proclamazione di Roma quale capitale; ma nel 1929 il governo fascista sanò il dissidio con i Patti Lateranensi e con essi il principio confessionista veniva ribadito; come pendant veniva promulgata dopo pochi mesi una legge sulla libertà religiosa denominata ‘legge sui culti ammessi’. I culti diversi da quello cattolico da ‘tollerati’ diventavano ‘ammessi’; sembrava una rivoluzione in tema di libertà religiosa, invece già con il decreto attuativo del 1930 e poi con l’applicazione concreta questa legge rivelò il suo vero volto: quello di essere stata concepita non come strumento per allargare la fruizione di diritti, ma come strumento di controllo delle minoranze religiose con l’attribuire enorme discrezionalità di applicazione agli uffici preposti che volta per volta decidevano come applicarla. Dopo novant’anni, nonostante la caduta del fascismo e la nuova forma dello stato con una nuova costituzione, la legge che regola la materia religiosa in Italia è ancora quella!


   Infine, arriva la nuova costituzione repubblicana che in origine non prevedeva dispositivi specifici relativi alla libertà delle confessioni religiose; tuttavia, durante le discussioni nell’Assemblea costituente la questione venne alla ribalta e probabilmente ciò accadde anche per l’arcigna persecuzione che il governo fascista aveva scatenato contro i pentecostali tra il 1935 e il 1943. Così l’insistenza degli Stati Uniti perché la libertà religiosa venisse costituzionalizzata produsse due articoli, il 7 e l’8, con i quali si è regolamentata la materia. L’articolo 7 in sostanza costituzionalizza i Patti Lateranensi garantendo i privilegi storici che la Chiesa cattolica ha sempre avuto; l’articolo 8 sancisce la libertà delle altre confessioni religiose indicando che i loro rapporti siano regolati attraverso intese bilaterali con lo stato. La storia dell’applicazione di questi due articoli della Costituzione costituisce la storia recente della libertà religiosa in Italia. Basti dire che la prima applicazione dell’articolo 8 avviene 36 anni dopo la promulgazione della Costituzione e solo nel 1984, con la revisione del Concordato, la Chiesa cattolica non è più definita religione di stato.

   Questa brevissima ricostruzione storica mostra che in Italia c’è sempre stato un divario marcato tra quanto si afferma in linea di principio e quanto invece concretamente si realizza in fatto di libertà religiosa, ovvero tra la libertà affermata e quella percepita e vissuta. Un diritto, qualunque esso sia, per essere tale necessita di due qualità: deve garantire la pari opportunità e la pari dignità; se vengono meno questi due presupposti l’affermazione di principio non ha alcuna sostanza effettuale. In Italia la libertà religiosa c’è, ma non è uguale per tutti e non garantisce le stesse cose a tutti; nel tentativo di disciplinare la materia si è dato vita ad un sistema fatto di più livelli che operano come delle gabbie giuridiche entro le quali si devono muovere quelli che vi sono incasellati. Questo crea disparità al limite della discriminazione e di fatto dà origine a prassi discriminatorie quando si stabilisce, ad esempio, che una confessione religiosa può avere accesso a fondi pubblici e altre no; tutto ciò sulla base del livello di riconoscimento giuridico che hanno. Si potrebbe credere che il problema consiste nel livello di riconoscimento e che una volta raggiunto quello necessario la cosa si risolva; ma non è così perché le procedure per arrivare ai riconoscimenti sono di per se ostative al godimento dei diritti e spesso diventano lo strumento per non concederli. Per non parlare delle restrizioni che si hanno nelle attività di base per esercitare la libertà religiosa, cioè la possibilità di dotarsi di un luogo di culto; siamo arrivati alla logica assurda che in alcune regioni d’Italia per avere la destinazione d’uso come luogo di culto o per poter costruire un luogo di culto si debba istruire un referendum popolare che decida sulla questione. Il che equivale a dire che una minoranza non avrà mai quel diritto anche perché i pregiudizi, l’ignoranza e certe forme di razzismo spesso sono gli ingredienti di base con i quali le minoranze, soprattutto quelle religiose, vengono giudicate.


   In Italia c’è bisogno non solo di un più rigoroso senso del diritto in materia religiosa, ma di una vera e propria rivoluzione culturale, senza la quale la semplice affermazione del diritto serve a poco; ed è per questo che una nuova legge sulla libertà religiosa, pur necessaria e auspicabile in tempi rapidi, incontra tanta difficoltà ad essere prodotta ormai almeno da trent’anni. Tuttavia bisogna anche chiedersi se in un contesto culturale come quello attuale non sia pericoloso farne una perché il rischio che venga fatta contro la libertà religiosa può essere molto alto, considerando che in Parlamento sono stati depositati diversi disegni di legge che vogliono reintrodurre il reato di plagio in funzione antisette; ma il termine ‘setta’ è stato sempre adoperato in Italia per indicare le minoranze religiose. Inoltre, certi ambienti laicisti potrebbero anche utilizzare un legge di questo genere per bloccare la libertà di espressione e trasformare in reato la libera opinione di credenti che sulla base di loro convincimenti etici sono inclini a definire certi atteggiamenti e certi stili di vita come ‘peccato’. Insomma, in Italia si naviga in acque tempestose per quanto riguarda la libertà religiosa e se è vero, come qualcuno ha detto, che il grado di civiltà di un Paese si misura dal grado di libertà religiosa che riesce a garantire, allora il rischio che si torni ad una condizione primitiva è piuttosto alto.

  

Le Chiese Elim sono un movimento pentecostale internazionale, fondato nel 1915 in Gran Bretagna.  In Italia si sono costituite nel 1993. Sul piano internazionale, le chiese Elim in Italia, aderiscono alla Federazione Pentecostale Europea (PEF). Le Chiese Elim in Italia, sono un Ente con personalità giuridica. Nel 2014 acquisiva il riconoscimento giuridico come ente di culto che veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 febbraio 2014. La Struttura organizzativa è congregazionalista.

Intervento del Presidente delle Chiese Elim in Italia Samuele Pellerito:


È per me un grande piacere poter intervenire a questa tavola rotonda che ha come tema la libertà religiosa, e ringrazio gli organizzatori per l’invito rivoltomi.


Purtroppo, la mia trattazione riguarda un grosso problema che in questi ultimi anni ha colpito la chiesa evangelica, ovvero la ferrea applicazione della Legge regionale Lombardia 12/2005 e successive modifiche, legata all’apertura di nuovi locali di culto.


Questa legge, nata per arginare l’apertura di locali di culto non cristiani, suo malgrado, ha coinvolto anche il mondo evangelico.


La legge prevede che sia i nuovi locali di culto in fase di apertura che quelli pre-esistenti abbiano ottenuto il cambio di destinazione d’uso a locale di culto, per poter accogliere in sicurezza le funzioni religiose. A motivo di questa normativa, in Lombardia, negli ultimi anni sono stati chiusi circa 30 luoghi di culto evangelici.


Le implicazioni di questa legge sfiorano l’incostituzionalità, in quanto l’articolo 19 della nostra Carta Costituzionale prevede che: ‘Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto purché non si tratti di riti contrari al buon costume’.


Mi preme portare all’attenzione di questa Tavola uno tra i casi più eclatanti accaduti ad una chiesa associata alle ‘Chiese Elim in Italia’, ovvero quello della chiesa ‘Christ’s Peace and Love’ situata in un immobile di loro proprietà a Gorle, in provincia di Bergamo.


Applicando la legge regionale, il Comune di Gorle ha disposto con ordinanza comunale la chiusura del locale di culto. Dopo un lungo iter di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, tale chiesa non solo si è trovata a non avere più un luogo in cui professare liberamente la propria fede, ma si è vista addirittura espropriata del proprio immobile, regolarmente acquistato e già completamente pagato, con una sentenza della Corte d’Appello che ha trasferito a titolo gratuito la proprietà dell’immobile al Comune di Gorle.


Riteniamo questo caso davvero emblematico: la legge, che dovrebbe semplicemente garantire il diritto a professare la propria fede in sicurezza, non fa altro che sfociare in una cancellazione di tale diritto, giungendo addirittura a calpestare il diritto alla proprietà privata.


Da un accesso effettuato presso l’ufficio preposto del Comune di Gorle, è emerso che l’unico spazio destinato al culto anche di altre confessioni è stato occupato dalla chiesa cattolica per il posizionamento di un santuario alla Madonna. Tale caso, da tempo all’attenzione della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI), e della Commissione delle Chiese Evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS), ha suscitato molta preoccupazione nel mondo evangelico, in quanto crea un pericoloso precedente. Resta il fatto che la normativa impedisce a una comunità di fede il libero esercizio del culto nonostante esso sia garantito dalla Costituzione.


Non possiamo fare a meno di rinnovare a tutte le istanze pubbliche e private così come a tutte le Autorità, l’appello affinché la nostra Costituzione sia osservata, dato che l’articolo 3 sancisce in modo inequivocabile che lo Stato e di conseguenza le Istituzioni in cui si articola, si adoperi alla rimozione di tutti quegli ostacoli che impediscono l’esercizio e l’espressione della fede di ogni cittadino, e a tutti i cristiani in particolare la possibilità di riunirsi per rivolgere le proprie preghiere a Dio.


Fermo restando che alla luce delle normative legate anche alla sicurezza, ogni chiesa prima di procedere con l’apertura dei locali di culto, debba preventivamente richiedere un parere favorevole agli uffici competenti dell’amministrazione comunale, lo Stato deve fornire degli spazi predisposti per dare la possibilità ai cittadini di riunirsi per professare liberamente la propria fede religiosa, in accordo alla Costituzione. 

 

La CCPI è una denominazione pentecostale italiana. L’idea originaria di dar vita alla CCPI nacque da una condivisione di alcune chiese che venivano da una lunga esperienza di indipendenza congregazionalista. La costituzione dell’Associazione risale al 1997.
La CCPI fa parte della Consulta Evangelica. La Consulta Evangelica, nel 1999 acquisiva il riconoscimento giuridico come ente di culto, che veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 11 dicembre 1999. La struttura organizzativa è Congregazionalista.

Intervento del Coordinatore della Chiesa Cristiana Pentecostale Italiana Emanuele Campo:


La Lombardia, con il Veneto, è una delle regioni d’Italia dove è stata promulgata una legge regionale ad hoc in materia religiosa che va ad inficiare la libertà dell’individuo, rasentando l’incostituzionalità dell’ordinamento repubblicano italiano.


L’ostacolo alla libertà è presentato nelle norme per la realizzazione di strutture e attrezzature destinate a servizi religiosi. La legge si esplicita in questo senso:
L’art. 71 della L.R. 12/2005 definisce l’ambito di applicazione della normativa prevista in materia di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi, disponendo che costituiscono attrezzature di interesse comune per servizi religiosi anche “gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all’esercizio del culto o alla professione religiosa quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali” (comma 1, lettera c bis).


La legge sul governo del territorio 12/2005, di fatto, va a ostacolare ogni forma di aggregazione religiosa in locali pubblici, perché ne impedisce l’apertura in quanto sottoposti a normative restrittive specifiche. L’Italia è uno stato laico sebbene non chiaramente evidenziato nella Carta Costituzionale ma dedotto dagli articoli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 e dalla giurisprudenza specificatamente quella costituzionale;1 con tale legge non solo annulla questa libertà decantata, ma ripiomba in un mero confessionalismo.


Le norme della legge, impongono che la confessione religiosa abbia una struttura organizzata su tutto il territorio o una convenzione con il comune interessato, impedendo così la libertà dell’individuo ad organizzarsi nella propria autodeterminazione. Tale azione restrittiva ha comportato, dal nascere della legge ad oggi, la chiusura di decine di locali adibiti ad attività religiose con spreco di risorse rivolte al sostegno di attività anche con carattere sociale.


La legge ha creato un problema che confligge con la Carta Costituzionale, limitando anche le strutture di Associazioni a prestarsi a tal fine. V’è quindi la necessità che si colmi lo strappo normativo creato e si liberi le amministrazioni locali dal dover disattendere alle limitazioni imposte da tale legge.


Il problema sembra nascere dal fatto che non si conoscono bene questi gruppi religiosi sul territorio ne chi li frequenta; infatti, in un’intervista, Viviana Beccalossi (ex Assessore al Territorio e all’Urbanistica presso la Regione Lombardia) ha specificato in una nota indirizzata ai sindaci Lombardi che:
… una risposta all’esigenza dei sindaci di avere più chiarezza nelle regole su quei centri che, a detta proprio degli amministratori locali, sono di fatto delle moschee. L’assessore aggiunge che … nessuno pensa che siano popolati da terroristi, ma è importante sapere dove sono e chi li frequenta […] per rendere più sicuri i cittadini facendo ulteriore chiarezza sulle norme in vigore.2


Una legge dunque che nasce per far fronte a un gruppo religioso specifico. Se la problematica dunque è quella di non conoscere né le finalità né gli individui che partecipano a questi incontri, andando così a classificare ogni altra minoranza religiosa con l’applicazione delle medesime restrizioni, si potrebbe ovviare integrando nella normativa una “soluzione di trasparenza”.

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In pratica si tratta in primis di rimanere in ambito costituzionale, rimarcando l’aspetto del buon costume e alla pubblica decenza, come asserito dall’articolo 726, e proponendo che:
Il gruppo religioso, nascente o consolidato, si autopresenti all’autorità amministrativa del territorio instaurando fin da subito una relazione trasparente con l’amministrazione; ciò può fare dichiarando e presentando programmi interni sia di natura religiosa sia sociale, anche con cadenza annuale. Lo svolgimento di tali programmi potrebbero anche essere oggetto di verifica da parte degli organi competenti in modo da instaurare una costante collaborazione tra i soggetti interessati.

  

L'origine delle Congregazioni Cristiane Pentecostali italiane è individuabile nelle esperienze, comuni alle altre denominazioni storiche di risveglio pentecostale di inizio Ventesimo secolo. Come associazione si sono costituite nel 1958. Le Congregazioni Cristiane Pentecostali italiane sono un Ente con personalità giuridica. Nel 2005 acquisiva il riconoscimento giuridico come ente di culto che veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 giugno 2005. La struttura organizzativa è Congregazionalista.

Intervento del Presidente delle Congregazioni Cristiane Pentecostali Giovanni Di Francia:


L’Art. 3 della Legge 24 Giugno 1929 n. 1159 e Regio Decreto 28 febbraio 1930, n. 289, stabilisce che le nomine dei ministri dei culti (ammessi) diversi dalla religione dello Stato debbono essere notificate al Ministero dell’Interno per l’approvazione. Nessun effetto civile può essere riconosciuto agli atti del proprio ministero compiuti da tali ministri di culto, se la loro nomina non abbia ottenuto l’approvazione governativa.


L’osservazione che desideriamo mettere in evidenza che scaturisce dall’analisi del art. 3 della legge 1159 e artt. 5 e 6 del R. D. 289 28/02/1930 è la seguente:
l’approvazione della nomina da parte del Ministero dell’Interno va a legittimare gli effetti civili riconosciuti agli atti del proprio ministero compiuti da tali ministri. Questo articolo della legge parla di “ATTI” aspetto che non viene attenzionato dai ministri di culto (acattolici), invece l’unico aspetto focalizzato è una piccola parte di ciò che la legge dice e cioè la celebrazione di matrimoni a cui seguono gli effetti civili.


Difatti gli articoli 5 e 6 del Regio Decreto 289 si esprimono in questi termini:
Art. 5 I ministri dei culti ammessi nel regno [nello Stato] possono essere autorizzati a frequentare i luoghi di cura e di ritiro per prestare l’assistenza religiosa ai ricoverati che la domandino. L’autorizzazione è data da chi è preposto alla direzione amministrativa del luogo di cura o di ritiro e deve indicare le modalità o le cautele con cui l’assistenza deve essere prestata.


Art. 6 I ministri dei culti ammessi nel regno [nello Stato] possono essere autorizzati a prestare l’assistenza religiosa agli internati negli istituti di prevenzione e di pena, ogni qualvolta ne siano richiesti dagli internati stessi o dai familiari o da chi abbia la tutela giuridica dei medesimi, sotto l’osservanza delle norme contenute nei regolamenti speciali per detti istituti.


Ma anche gli articoli 23 e 24 dello stesso decreto evidenziano ATTI che il ministro di culto che ha ottenuto l’approvazione della nomina può espletare.


Aspetto negativo e discriminante che penalizza fortemente (I CULTI AMMESSI) è la limitazione a 500 (cinquecento) MEMBRI per potere ottenere l’approvazione della nomina, a seguito del parere del Consiglio di Stato del 2012.


Possiamo ben considerare che molte parrocchie che vantano migliaia di parrocchiani, in realtà molto spesso sono invece frequentate da pochissimi.


Il nostro auspicio è che in uno stato LAICO si possa avere come cittadini dello Stato, pari dignità e pari libertà. Vogliamo ricordare che nonostante nel 1946 il Regno d’Italia divenne repubblica e le leggi raziali vennero abolite, restò in vigore fino al 1955 la Circolare Buffarini Guidi, emanata nel 1935, in potere della quale mio Padre, nel 1952, sei anni dopo la costituzione della Repubblica Italiana, Pastore della Congregazione Cristiana Pentecostale di Vittoria, Salvatore DI Francia, venne arrestato a Caltagirone, il locale di culto sequestrato, e processato perché predicava il vangelo.

 

La nascita del movimento Nuova Pentecoste, di cui il pastore Passaretti è il legale rappresentante, risale al 2004, quando con atto formale si ufficializzava l’incontro delle storie di diverse chiese e ministeri locali con il ministerio “Nuova Pentecoste” di Aversa. Nuova Pentecoste fa parte della Consulta Evangelica. La Consulta Evangelica nel 1999 acquisiva il riconoscimento giuridico come ente di culto che veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 11 dicembre 1999. La struttura organizzativa è Presbiteriana.

Intervento del Presidente delle Chiese Nuova Pentecoste Michele Passeretti:

L’idea che le chiese evangeliche hanno da sempre auspicato è che tutte le chiese possano avere una “assoluta parità di trattamento giuridico nell’ambito del diritto comune”.  In realtà la fruizione della libertà religiosa nel paese benché orientata dalla Costituzione italiana che indica come un faro il porto di approdo, è come una nave passeggeri d’altri tempi dove i passeggeri vivono la traversata in classi diverse. La classe prima è destinata ai passeggeri concordatari, la classe seconda alle chiese con intese, la terza classe per tutti gli altri che non hanno niente, anzi le poche e insufficienti disposizioni esistenti in materia, le cosiddette leggi sui culti ammessi risalgono all’epoca fascista.


Come abbondantemente ascoltato la situazione della Libertà religiosa per le chiese evangeliche è ferma praticamente dall’anno 1984, quando con la prima Intesa tra Stato e Tavola Valdese si è aperta la cosiddetta stagione delle “Intese” La traversata della libertà religiosa non è una navigazione facile, lo dimostra il fatto che dalla costituzione (1948) alla prima legge di intesa (1984) sono passati circa 40 anni di incomprensibile silenzio giuridico e non perché non vi fossero state esigenze di diritti da parte dei cittadini e delle chiese. L’occasione delle modifiche degli accordi concordatari ai sensi dell’art. 7 della Carta Costituzionale, sarebbe stata occasione più unica che rara per le chiese evangeliche che avrebbero dovuto fare pressione sullo Stato al fine di abrogare le leggi fasciste sui culti ammessi e contribuire all’approvazione di una nuova legge sulla libertà religiosa. Se è vero che la costituzione italiana è la madre di tutte le libertà, una legge generale sulla libertà religiosa è padre naturale dei diritti di tutti i cittadini che professano un credo religioso in un paese libero e democratico.  Vi è dunque l’urgenza di una legge complessiva su questa materia che affronti, tra gli altri, i seguenti temi: la libertà di esprimere liberamente la propria appartenenza religiosa senza discriminazioni il diritto delle confessioni religiose a disporre di luoghi di culto, l’autorizzazione ai ministri di culto riconosciuti di celebrare matrimoni con effetti civili;  l’assistenza spirituale nelle carceri, nei luoghi di cura, Tutela delle norme comportamentali  delle varie confessioni in quanto non contrastino con la legge.


E’ evidente che l’approvazione di una nuova legge sulla libertà religiosa anima parecchie preoccupazioni, ci troviamo dinanzi ad un percorso difficile ma necessario, abbiamo di fronte un’Italia che cambia pelle, dal punto di vista sociale, culturale e religioso. In alcuni casi si è fatto qualche passo indietro. Noi evangelici reclamiamo con troppa “leggerezza” l’abrogazione della legge sui culti ammessi, senza chiederci: Con che tipo di legge la sostituiremo? Più volte i testi transitati nelle aule parlamentari erano più limitativi dell’attuale legge sui culti ammessi. Grazie alla Corte Costituzionale, molti limiti della legge in vigore, sono stati superati. La preoccupazione più grande è se dovessimo raggiungere il traguardo, è che quel testo, molto probabilmente, non sarebbe in grado di intercettare la complessità della società religiosa italiana in tutte le sue dinamiche. Soprattutto di fronte a componenti sociali che reclamano leggi che inibiscano l’influenza religiosa nell’azione formativa di una coscienza etica della persona.


Oltre alle confessioni religiose, i soggetti in campo interessati ad una legge sulla libertà di coscienza e di religione sono aumentati per effetto del fenomeno migratorio, per lo sviluppo delle “nuove spiritualità” senza trascurare chi reclama il diritto di essere liberi di non credere come l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti che da qualche tempo chiedono forme di diritti e riconoscimenti pari a quello delle organizzazioni religiose.


Questo è un tema molto sentito in una recente proposta di legge c.d. “Astrid” che indica come modello la “parificazione alla religione e alle associazioni religiose della credenza filosofica e non confessionale. Tale scelta rappresenta un’assoluta novità nel panorama delle leggi dell’Unione europea. L’Italia cattolica ha superato tutti gli Stati laici e liberali europei.


Nel testo di legge sulla libertà religiosa la proposta prende in considerazione tre “figure collettive” – “le confessioni religiose, le associazioni con finalità di religione o di culto, e quelle filosofiche non confessionali. La fondazione è composta da personalità di primo piano nel mondo della politica, dei giuristi ecclesiastici, contando più di trecento accademici, ricercatori ed esperti, specializzati nell’analisi e nella progettazione delle politiche pubbliche, delle riforme istituzionali e amministrative. Il mondo evangelico è stato sempre attivo e produttivo nel perorare la causa di una legge sulla libertà di coscienza e di religione. Negli ultimi 30 anni vi sono state almeno due o tre proposte per ciascuna legislatura, alcune di queste sostenute da parlamentari di fede evangelica come Valdo Spini, Domenico Maselli e Lucio Malan, tuttavia c’è da dire che la Conferenza Episcopale ed alcune forze politiche non hanno mai visto di buon occhio l’ipotesi di una legge generale o di una legge quadro sulla materia.


Personalmente, dati i tempi, vedrei di buon occhio una legge generale molto semplice e fluida, nello stesso tempo faciliterei l’emanazione di leggi di Intesa per tutte le confessioni che lo richiedano “Intesine” anche queste molto semplici da realizzare in tempi brevi. 

 

La Chiesa Evangelica della Riconciliazione si avvale nei rapporti con lo Stato di un Ente con personalità giuridica riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica. Alla fine degli anni `70 (1977/79), in Italia alcuni leader spirituali di varia estrazione - battista, pentecostale, anglicana, assemblee dei fratelli - vengono in contatto ed entrano in rapporti impegnati di alleanza. Sono accomunati dalla stessa passione per il rinnovamento del cristianesimo, la vita e la manifestazione del regno di Dio, l` unità del Corpo di Cristo. Crede nell'attualità di tutti i ministeri di Efesini 4. Ha una visione apostolica e un governo episcopale.  Un motto che ben rappresenta la loro spiritualità è: "Nello spirito di Cristo e nella potenza dello Spirito Santo: riconciliare i perduti, riconciliare i cristiani e riconciliare il mondo".

Intervento del Presidente della Chiesa della Riconciliazione Giovanni Traettino:


Sono qui in veste di pastore, certamente non di giurista o di esperto, e in qualità di rappresentante di una famiglia spirituale, la nostra, portatrice di diritti e d’interessi che coincidono con quelli di tante altre associazioni e comunità non ancora pienamente tutelate. Come ha detto qualcuno:
"Fra gli aspetti più controversi della politica ecclesiastica italiana vi è quello relativo alla possibilità di introdurre nell’ordinamento una legge organica volta a dare piena applicazione al diritto, costituzionalmente garantito, di libertà religiosa, in un quadro improntato al rispetto del pluralismo confessionale e del principio di non discriminazione... ."3


Eppure, a trentacinque anni dal nuovo concordato (1984) con la Chiesa Cattolica e a trenta dalla pronuncia della Corte costituzionale sul principio supremo di laicità, non c'è ancora una legge generale sulla libertà religiosa che si faccia carico di superare gli anacronismi normativi e le prassi amministrative e legali in contrasto con i principi del nostro ordinamento costituzionale (Polverari).


Il retroterra
Il retroterra, prima che giuridico, culturale e politico che fa da sfondo (e da "terreno di coltura") all'attuale quadro ha naturalmente a che fare col Fascismo, i Patti Lateranensi e la Legge sui culti ammessi del 1929, il punto di svolta radicale nella politica ecclesiastica italiana, con l'abbandono della linea liberale risorgimentale di separazione tra Chiesa e Stato ("Libera chiesa in libero Stato" - Cavour), e l'introduzione del regime confessionale e concordatario. Il tema della "libertà religiosa" veniva interpretato dai contraenti del tempo come diritto alla libertà della religione della maggioranza, "ricacciando" nella periferia di una minorità politica, giuridica e legale il diritto delle comunità e dei singoli cittadini con una fede o una visione del mondo diversa da quella della maggioranza. E furono possibili la Circolare Buffarini-Guidi (1935) e le Leggi razziali (1938). Venti e più anni di persecuzione ufficiale.


Nel dopoguerra, il compromesso che portò all'introduzione del "paradigma concordatario" nella Costituzione italiana.


Leggo il cammino successivo, fino ad oggi, come "il processo" di assorbimento progressivo di quel paradigma nel più ampio contesto dei diritti universali e delle "superiori" libertà della Costituzione italiana. Del parallelo contributo derivante dalla crescita della cultura laica e dalla sorprendente svolta maturata nei documenti del Concilio Vaticano II. Cito dalla "Dichiarazione sulla Libertà religiosa", la Dignitatis Humanae" (1965):
"Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. … Questo diritto … deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della società." (DH, I, 2a)


Sicché la Chiesa Cattolica, almeno dal punto di vista della sua elaborazione teologica, si è trasformata da "persecutrice" delle minoranze in paladina convinta della libertà religiosa, considerata d'ora in poi come "fondamento di tutte le altre libertà". Significativa la recente autorevole messa in guardia contro "la deriva dello Stato democratico liberale verso un 'totalitarismo morbido' " 4


Un percorso incompiuto
Nel nostro paese se ne colgono nell'ultima stagione chiari segnali. Si pensi alle recenti discriminatorie leggi regionali del Veneto e della Lombardia, veri e propri test di questa "morbida deriva autoritaria".


Altro "segnale" di una mentalità non del tutto superata, le riserve ("la netta contrarietà"!) espresse dal segretario dei vescovi italiani pur favorevoli alla libertà religiosa - in un'audizione del 2007 sulla legge all'esame della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati - per "il timore che il testo in esame - cito Polverari - comportasse il rischio di un eccesso di omologazione alle altre confessioni di quella cattolica."


Ne consegue che l'impianto attuale delle leggi che presiedono all'esercizio della libertà religiosa in Italia risulta essere "un percorso incompiuto" (Ferrari) perché, come è stato correttamente osservato :
"In assenza di una legge sulla libertà religiosa, la discrezionalità governativa nella selezione delle confessioni e quella parlamentare nell’approvazione - con eventuale esclusione di alcune - rischia di configurarsi come una disparità di trattamento costituzionalmente intollerabile e di dar vita ad un pluralismo confessionale imperfetto, in cui il ricorso alla bilateralità pattizia permette l’affermazione di uno status privilegiato."5


Ad oggi, la nostra esperienza con la Commissione per le Intese ne è una conferma.


In conclusione: "Le intese di cui all'articolo otto della Costituzione, per tutti o per alcuni?". La mia risposta - d'accordo con l'orientamento a suo tempo espresso dal compianto amico e fratello carissimo, il pastore Domenico Maselli - semplice e sicura è: per tutti. Perché bisognerebbe estendere a ogni credo e manifestazione religiosa i diritti goduti da alcuni al massimo grado. Lo esigono i diritti universali dell'uomo. Lo esige la Costituzione repubblicana. È ormai concorde anche la Chiesa di Roma. A questo fine sarebbe insufficiente anche l'articolo 8.6 Però ad oggi è da lì che bisogna iniziare. Sarebbe dunque necessaria una legge per la libertà religiosa davvero giusta ed equanime - che estendesse a tutti i diritti e i privilegi goduti in massimo grado fino a oggi solo con l'articolo sette della Costituzione italiana.

 

La Chiesa Apostolica è un movimento missionario internazionale con le proprie radici nel risveglio del Galles avvenuto agli inizi del ventesimo secolo. La Apostolic Church nasce ufficialmente nel 1916 ed inizia una intensa attività missionaria che nel 1926 la porterà in Italia a Civitavecchia. La testimonianza Apostolica nei mesi successivi si spostò a Grosseto, ci furono diverse conversioni e nel 1929 fu aperta la prima sala di culto. I rapporti tra lo Stato Italiano e la Chiesa apostolica in Italia sono regolati dalle Intese con la legge 30 luglio 2012, n. 128. La struttura organizzativa è Presbiteriana.

Intervento del Presidente della Chiesa Apostolica in Italia Emanuele Frediani:


La religione nelle scuole è uno dei temi più dibattuti da circa due secoli e mezzo. L’Illuminismo ha acceso la discussione dopo che per più di un millennio erano stati i religiosi a garantire percorsi educativi sia nel mondo cristianizzato che in quello islamizzato. In Italia l’insegnamento è essenzialmente libero, lo Stato esercita la sua funzione educativa attraverso il MIUR ma consente anche alle Scuole Private, che soddisfino i requisiti previsti dalla legge, di rilasciare titoli di studio validi nell’ordinamento italiano. Tra le Scuole private c’è ne sono sia laiche sia confessionali, la quasi totalità di quelle confessionali sono Cattoliche Romane, tra le pochissime altre ce ne sono di evangeliche ed ebraiche. Fatte queste opportune premesse possiamo fare qualche riflessione sull’argomento senza peccare di laicismo e neppure di fondamentalismo mantenendo un certo equilibrio proprio del cristianesimo; in ogni caso c’è da dire che il sapere è potere, e se il potere si esercita per conto di Dio ogni cosa diventa lecita, anche la più abbietta.


Le scuole confessionali: le cose da dire su questo tipo di realtà religiose sono poche. Le scuole confessionali paritarie hanno l’obbligo di utilizzare i programmi ministeriali per le materie curriculari ma poi hanno piena libertà di adottare percorsi formativi extracurriculari per le materie che caratterizzano la sensibilità religiosa dell’istituto. In ogni caso, le materie insegnate devono essere conformi all’ordinamento italiano e quindi non possono incitare all’odio razziale o alla discriminazione religiosa.


La scuola pubblica: l’ambito pubblico si autodefinisce con il significato stesso della parola e pertanto non dovrebbe avere in nessun caso una connotazione religiosa, questo è vero però, solo in linea di principio. Infatti lo Stato italiano, pur definendosi laico, con i Patti Lateranensi del 1929, e le successive modifiche apportate con la Legge 121/85, prevede l’insegnamento della religione Cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado ad eccezione dell’istruzione universitaria. È un paradosso giuridico sul quale gli evangelici italiani fanno sentire, inutilmente, la loro voce da sempre. Questo non solo per il chiaro elemento di discriminazione ma anche per la visione laica che l’evangelismo italiano ha storicamente avuto sulla scuola pubblica. Infatti, l’evangelismo percepisce la “religione” come parte di un sistema sociale e la riferisce alla sfera dell’umano; mentre la “fede” è percepita come parte di un sistema di valori e la riferisce alla sfera del divino. Un esempio classico è la realtà che espresse Gesù quando gli fu chiesto se fosse lecito pagare il tributo a Cesare. Sulla moneta c’era un’effige e un’iscrizione che ne definivano la giurisdizione. Quindi, un territorio è la “cosa pubblica”, nella quale si acquisisce il sapere necessario alla cittadinanza e alla convivenza civile, altro ambito è la “relazione con Dio”, nella quale si acquisisce il sapere necessario alla conoscenza di Dio e della sua volontà. La commistione tra le due realtà è molto pericolosa; nel passato quando il potere politico era legittimato da quello religioso i cattolicissimi regnanti hanno scavato milioni di fosse in nome di Cristo. Oggi la storia si sta ripetendo nel mondo islamico con l’aggressione all’occidente ma la ragione è sempre la stessa: il potere politico legittimato da quello religioso.


Ovviamente non abbiamo nulla da dire sull’insegnamento religioso nelle Scuole Confessionali se non che siano conformi all’ordinamento. A qualcuno può sembrare una considerazione scontata ma non lo è se si prende in esame l’Islam. Non ce ne possiamo occupare qui ma potrebbe essere argomento per un’altra trattazione. Ben vengano le Scuole Evangeliche di ogni ordine e grado, si dà seguito alla cinquecentenaria tradizione pedagogica evangelica, ma in ogni caso sia garantito un insegnamento pluralistico che porti i giovani cristiani ad essere pienamente orientati nella società nella quale dovranno esprimere la loro fede. Per quanto riguarda la scuola pubblica è tempo che si svincoli dal palese anacronismo dei Patti Lateranensi che fecero da stampella al Fascismo, e dalla legge 121/85 voluta per prolungare l’agonia della Democrazia Cristiana. L’insegnamento che potrebbe portare beneficio nelle scuole è quello relativo al “fatto religioso” e non ad una “religione di Stato”. Lo scopo della scuola pubblica non è quello di preparare per il cielo, a quello ci pensa lo Spirito Santo e la Chiesa, bensì è quello di preparare giovani cittadini a vivere efficacemente nella società, che comprendano che la realtà dell’anelito religioso è parte della natura umana ed è un’istanza prettamente spirituale. In alcune aree del mondo questo obiettivo non si raggiunge, l’educazione è orientata dalla religione ed il potere è legittimato da Dio; il risultato è stato che in una mano c’è un Libro e nell’altra c’è una bomba.

 

L’Alleanza Evangelica Italiana nasce nel 1974 con lo scopo di realizzare comunione e cooperazione tra cristiani evangelici di diversa denominazione, nell'ambito dell'evangelismo conservatore. Sul piano internazionale, l'Alleanza Evangelica Italiana è membro di diritto dell'Alleanza Evangelica Europea, ed è membro dell'Alleanza Evangelica Mondiale.
L'AEI ha promosso la costituzione dell’Alleanza di Chiese cristiane evangeliche in Italia (ACCEI), che si propone come rappresentante di una pluralità di Chiese di fronte allo Stato anche per la stipula di un'intesa ai sensi dell'art. 8 della Costituzione.

Intervento del Presidente dell’Alleanza Evangelica Italiana Giacomo Ciccone:


Desidero ringraziare gli organizzatori del Christian Expò, per aver progettato e reso possibile un momento di riflessione sulla Libertà Religiosa: non è scontato, anzi direi che costituisce uno sforzo strategicamente rilevante sia per la difesa dell’Evangelo, sia per agire a vantaggio del bene comune della società italiana. I Cristiani sono ancora liberi di esprimersi? Bella domanda. La risposta non è per nulla semplice, anche se qui evidentemente mi limiterò al contesto italiano. Dovremmo forse prima porci un altro interrogativo: Gli Evangelici sono stati liberi di esprimersi in questi 70 anni di Repubblica Italiana? E qui risponderei: non sempre; no, in ogni contesto; no, come avrebbe dovuto essere. Per spiegare il motivo di questa triste constatazione mi pregio di consegnare al deputato del Congresso americano, l’Onorevole Louie Ghomert, tre brevi scritti dello storico e giurista evangelico Giorgio Peyrot di circa 50 anni fa e scritti in inglese7. Ebbene, in questi scritti Peyrot fa una disamina della situazione italiana a Costituzione oramai avviata, 10-13 anni dopo la sua promulgazione. E vorrei qui richiamare quattro elementi centrali della riflessione peyrotiana: · L’Assetto costituzionale italiano accorda chiaramente la Libertà Religiosa nel nostro paese, ma il richiamo ai Patti Lateranensi del 1929 presente nell’Art. 8 introduce una evidente stonatura; · I diritti fondamentali e quindi libertà religiosa degli individui sono riconosciuti, non concessi dalla Costituzione, pertanto non dipendono da successive leggi (quali le Intese) ma sono già sanciti preliminarmente con una validità definitiva; 8 · La pari libertà per tutte le confessioni, così come sancita nel primo comma dell’articolo 8, non dipende affatto da trattati ed intese che lo Stato ha compiuto o dovrà compiere con le confessioni (nel caso del Vaticano dei già richiamati Patti Lateranensi, nel caso delle altre Confessioni, delle successive, e direi molto successive intese che, ambite già nei primi anni ’50 iniziano ad arrivare alla spicciolata a partire dagli ‘80). · La storia politica e giuridica repubblicana ha confuso deliberatamente le carte e si è discostata dall’intento dei Costituenti. Il Governo ed altri organismi dello Stato, di fatto si sono adagiati sull’idea che i diritti di libertà religiosa potessero avere luogo solo attraverso ed in funzione delle le intese. In questo modo sono state conservate leggi fasciste, sono stati promulgati regolamenti e leggi inadeguati e sono stati menomati i diritti delle minoranze religiose. Purtroppo tutto ciò ha significato che in questi passati 70 anni di Repubblica, in determinati contesti e situazioni, gli Evangelici non sono stati liberi di esprimersi. La cosa sorprendente che però vorrei evidenziare qui, è che questi scritti di 60 anni fa oggi sono sorprendentemente attuali: oggi nella sostanza, siamo nella stessa situazione,9 anzi addirittura su alcuni temi le cose sono persino peggiorate. Vediamo perché. Oggi, nel XXI secolo, abbiamo domande di Intesa da parte di confessioni, seppellite da chili di polvere a causa di un ostracismo politico/istituzionale che è persino cresciuto negli ultimi dieci anni. Il pronunciamento del Consiglio di Stato del 2012, ad esempio, ha innalzato i criteri per il riconoscimento dei ministri di culto, persino oltre le intenzioni della prima legislazione fascista.10 Inoltre se nel Ventennio, seppur sparuti, erano contemplati cappellani militari di altre confessioni, nel XXI secolo la cappellania militare è mera espressione del clero cattolico, ovviamente pagato con i soldi dei contribuenti.11 Che dire poi del fatto che il nuovo Concordato del 1984, seppur, almeno formalmente, introduce la facoltatività dell’Insegnamento della Religione Cattolica nella scuola pubblica, d’altro canto esso è stato allargato a scuole “di ogni ordine e grado” includendovi anche bambini di 3 anni? Che dire della condivisione di privilegi nell’informazione religiosa, per cui se è vero che i primi culti Evangelici erano espressione di una pluralità evangelica,12 ora le trasmissioni Rai Protestantesimo e Culto Evangelico sono di fatto assoggettate da meno del 5% dei protestanti italiani? Che dire sul Contratto di Governo dell’attuale maggioranza quando cita il fenomeno religioso solo in termini di “sicurezza” paventando così una sostanziale nazionalizzazione delle cosiddette leggi “antimoschee” vigenti in Lombardia, Veneto e Liguria fino al punto di chiudere – proprio in questi giorni - chiese evangeliche alle porte di Milano? E poi, nel quadro contemporaneo si intensificano ulteriori elementi di minaccia alla libertà di religione e coscienza: possiamo parlare di una cultura dell’omologazione che evidenzia una generale difficoltà del mondo contemporaneo a vivere con chi ha una idea diversa dalla propria (le istanze LGBT e quelle dei rigurgiti religiosi nostalgici sono esempi opposti ma analoghi). Questa cultura sta invadendo anche le istituzioni ed è presumibile che presto sarà difficile anche interagire con la Stato perché esso avanzerà nuove pretese verso di noi (pensiamo ad esempio a quello che sta succedendo in alcuni paesi occidentali in tema di matrimoni tra persone dello stesso sesso). Cosa fare, allora, come popolo di Dio in un simile scenario? Penso che gli Evangelici possano improntare una risposta resiliente all’altezza della chiamata dell’Evangelo attraverso tre elementi fondamentali. Il primo impegno è di ordine culturale. Mi permetto di dire che come Evangelici dobbiamo ancora assimilare l’importanza e la necessità della Libertà Religiosa e il suo profondo radicamento nell’Evangelo. L’Alleanza Evangelica, in questo senso, da molti decenni promuove i momenti più significativi di riflessione interdenominazionale, come il Patto di Losanna13 , il Manifesto di Manila14 o l’Impegno di Città del Capo, o la Carta Globale della Coscienza15 . È urgente che tutti assieme ci impegniamo ad alfabetizzare i credenti su questi temi. In secondo luogo credo sia importante una certa “radicalità”. Se non recuperiamo una postura tipicamente evangelica sarà difficile che otterremo risultati concreti. Nel contesto della Libertà Religiosa cosa significa essere radicali? Significa uscire da quell’atteggiamento sommesso e di circostanza per cui ci assopiamo se riceviamo un contentino per il nostro ambito specifico. Mentre è legittimo ed importante che le chiese e le denominazioni lavorino per l’ottenimento della propria Intesa con lo Stato, al contempo, come affermava Peyrot, dobbiamo agire affinché i diritti fondamentali siano di fatto riconosciuti a tutti, a prescindere da accordi e dalla negoziazione con lo Stato. Dobbiamo comprendere che una legge sulla Libertà Religiosa è assolutamente necessaria e che essa riguarda noi ma anche gli altri. Nel corso della sua storia l’Alleanza Evangelica ha promosso tre manifestazioni sulla libertà religiosa cui hanno partecipato migliaia di credenti.16 Perché non metterci d’accordo qui ed organizzare una grande manifestazione sulla libertà religiosa per il 2020? Non sarebbe forse un modo per esprimere una sana, generosa ed amorevole militanza cristiana in favore della Chiesa e della società tutta? Infine, come ultimo ingrediente, credo sia importante che il nostro impegno sia efficace. Perché non rilanciare una forma di coordinamento fra gli Evangelici con tutte le denominazioni veramente radicate nella Parola di Dio per lavorare assieme su queste tematiche? Fermo restando, il diritto e direi la responsabilità di ogni denominazione a procedere per il suo percorso di riconoscimento, perché non lavorare anche in forma aggregata per esprimere una voce unitaria ed efficace? Questo appuntamento è certamente importante, e spero veramente che il Signore faccia destare ciascuno di noi, come un sol uomo, per la Sua Gloria.

Napoli, 20 luglio 2019

Letto e sottoscritto

Relatori:

Giovanni Tufaro
(Presidente dell’Associazione Christian Expò)                                      

Carmine Napolitano
(Presidente della Federazione delle Chiese Pentecostali)                               

Samuele Pellerito
(Presidente delle Chiese Elim in Italia)                                                    

Emanuele Campo
(Coordinatore Chiese CPI)                                                                                                   

Giovanni Di Francia
(Presidente delle Congregazioni Cristiane Pentecostali)                                 

Michele Passaretti
(Presidente della Consulta Evangelica
Presidente Nuova Pentecoste)                                                                         

Giovanni Traettino
(Presidente della Chiesa Evangelica della Riconciliazione)        

Giacomo Ciccone
(Presidente Alleanza Evangelica Italiana)                                                              

Emanuele Frediani
(Presidente della Chiesa Apostolica in Italia)                                       

 

Moderatori:

Alessandro Iovino
(membro del Comitato Esecutivo del Christian Expò)                    

Giuseppe Scarallo
(membro del Comitato Esecutivo del Christian Expò)                

Note:

3 Gianluca Polverari, Convegno di studi promosso dalla Consulta torinese per la Laicità delle Istituzioni. Torino, 29. 11. 2014

4 Cfr. Commissione teologica internazionale (Cti), La libertà religiosa per il bene di tutti. Approccio teologico alle sfide contemporanee. Nell'art. di Andrea Galli: Il documento. La prima libertà è quella religiosa, Avvenire, sabato 27 aprile 2019. Il corsivo è mio.  

5 Polverari, op. cit.  

6 Anche se alcuni ritengono persino necessaria le intese bilaterali previste dall’articolo otto per disciplinare aspetti specifici del singolo credo religioso.  

7 G. PEYROT, Religious liberty and conditions of Evangelical People in Italy, Roma, Ferraiolo 1957
G. PEYROT, The Italian Constitutional Court On Religious Liberty, in Ecum. Review Vol. XI, 1959
G. PEYROT, The Religious Liberty in Italy, in Ecum. Review, Vol. XIII, 1961 

8 Dirimente la Sentenza della Corte Costituzionale N° 59 del 18/11/1958, di cui richiamiamo il passaggio centrale: “Per le confessioni religiose diverse dalla cattolica questo articolo ha sancito la libertà di organizzarsi secondo propri statuti, ponendo il limite, evidente anche senza esplicita dichiarazione, che tali statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico dello Stato; ed ha poi stabilito nel terzo comma che i rapporti di dette confessioni con lo Stato sono da regolarsi con leggi, sulla base di intese con le relative rappresentanze. Ma la istituzione di tali rapporti, essendo diretta ad assicurare effetti civili agli atti dei ministri del culto, oltre che agevolazioni di vario genere, riveste, per ciò stesso, carattere di facoltà e non di obbligo. A tal proposito non si può escludere che si abbia il caso di una confessione religiosa che tali rapporti con lo Stato non intenda promuovere, rinunziando a tutto ciò che a suo favore ne conseguirebbe, e limitandosi al libero esercizio del culto quale è garantito dalla Costituzione; mentre è da considerare, più concretamente, il caso di rapporti che si intenda ma che, per una ragione qualsiasi, non si riesca a regolare; il che, del pari, non può escludere che, al di fuori e prima di quella concreta disciplina di rapporti, l’esercizio della fede religiosa possa aver luogo liberamente, secondo i dettami della Costituzione”.  

9 A questo proposito richiamo la mia dichiarazione di Febbraio a margine del 90° anniversario dei Patti Lateranensi: “A novant’anni dai Patti Lateranensi valutazioni sempre immature”, 12/02/2019, Ideaitalia, https://www.alleanzaevangelica.org/index.php/news/9-attualita-italia/727-a-novant-anni-dai-patti-lateranensi-valutazioni-sempre-immature  

10 Mi riferisco in particolare alla Legge dei Culti Ammessi del 1929, e al Regio Decreto N° 289 del 1931. In tema si guardi: “Ministri di culto, timido segnale positivo in un quadro da riformare”, 01/03/2018, Ideaitalia, https://www.alleanzaevangelica.org/index.php/news/9-attualita-italia/567-ministri-di-culto-timido-segnale-positivo-in-un-quadro-da-riformare  

11 Cappellani militari, a quando un vero pluralismo religioso?”, 21/02/2018, Ideaitalia, https://www.

12 il culto radio-trasmesso fu ottenuto per la prima volta in Italia da un Pastore evangelico attraverso l’interessamento del Cappellano battista americano G. Lair della missione evangelicale Foreign Mission Board, legata ai Battisti del Sud americani. Le trasmissioni di “Culto Evangelico” dal 1951 coinvolsero il pastore battista Vincenzo Veneziano e il missionario dei Fratelli, Alfredo Veneziani. 

13 Il Patto di Losanna nel par. 13 su Libertà e Persecuzione, si esprime così: “Preghiamo per i capi delle nazioni e chiediamo loro di garantire la libertà del pensiero e della coscienza, come pure la libertà di praticare la religione e farla conoscere secondo la volontà di Dio e conformemente alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Siamo profondamente preoccupati per tutti coloro che sono ingiustamente incarcerati. Pensiamo particolarmente ai nostri fratelli che soffrono a causa della loro testimonianza a favore del Signore Gesù. Promettiamo di pregare e agire per la loro liberazione e nello stesso tempo respingiamo la tentazione di essere intimoriti dalla loro sorte”.
https://www.alleanzaevangelica.org/documenti/2014-4_pattodilosanna.pdf  

14 Nel Manifesto di Manila, par. 12 sulle Situazioni difficili troviamo questo proponimento che andrebbe sempre fatto nostro: “I cristiani desiderano vivamente la libertà religiosa per tutti, non solo per il cristianesimo. Nei paesi prevalentemente cristiani, i cristiani sono in prima linea per sostenere la libertà religiosa per le minoranze. Nei paesi prevalentemente non cristiani, i cristiani non fanno quindi che chiedere per sé ciò che in altre circostanze chiedono per gli altri. La libertà di “professare, praticare e propagare” la religione, come viene definita nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sicuramente può e deve essere un diritto reciprocamente garantito”  

16 Mi riferisco alle manifestazioni del 1999, del 2007 e del 2010, tutte tenutesi a Roma.