Il ritorno dei giacobini: il rapporto della commissione parlamentare belga d'inchiesta sulle sette

di Massimo Introvigne

2. Il metodo

Sfortunatamente le udienze pubbliche, l'audizione di alcuni rappresentanti della comunità scientifica, e l'esame di pubblicazioni critiche rispetto al rapporto francese non hanno evitato ai parlamentari belgi di cadere negli stessi errori dei loro colleghi francesi, e di commetterne alcuni anche più gravi. Gli stessi errori metodologici sono stati ripetuti e amplificati nelle 670 pagine del rapporto belga.


a. Anzitutto, la commissione si è posta nell'ottica - tipica dell'accostamento anti-sette - secondo cui sarebbe possibile separare rigidamente deed e creed, comportamento e credenza. Si potrebbero così analizzare i comportamenti nocivi delle "sette" a prescindere da un'analisi globale che tenga conto anche dei problemi di carattere dottrinale. Così facendo si esaminano movimenti religiosi (occasionalmente definendoli "pseudo-religiosi", con un puro esercizio di carattere nominalistico) eliminando dall'analisi precisamente gli elementi di carattere religioso che costituiscono il cuore del problema. Inoltre - come ho mostrato altrove - la separazione rigida fra dottrina e comportamento è fattualmente impossibile: i comportamenti di un movimento religioso possono essere non soltanto interpretati, ma anche soltanto ricostruiti e compresi, soltanto sulla base delle dottrine da cui derivano17. Esaminare alcune azioni o comportamenti a prescindere dal loro contesto e dalle loro motivazioni significa, semplicemente, considerare le attività di persone umane come se fossero poste in essere da robot senza psicologia e senza anima. Ragionare in questo modo significa creare un'autentica cortina di ferro che impedisce l'apprezzamento dell'esperienza di ciascun gruppo nel suo contesto globale, dove gli elementi dottrinali giocano un ruolo di primo piano. Beninteso, questo apprezzamento non porta affatto a giustificare tutti i movimenti religiosi. In alcuni casi, anzi, la valutazione globale sarà negativa, e potrà anche implicare che il movimento rappresenta un pericolo per la società nel suo insieme. Ma questo giudizio eventualmente negativo costituirà un punto d'arrivo, non un punto di partenza. Non potrà essere seriamente pronunciato se non al termine di un itinerario che esamini pazientemente la storia, la dottrina, gli scopi e le modalità operative di ciascun movimento o gruppo nella loro interazione con il contesto socio-religioso in cui opera. Il dialogo fra la commissione belga e i testimoni che si sono presentati a difendere alcuni movimenti religiosi (nessuno convocato, ma tutti ascoltati "su loro domanda", a differenza dei rappresentanti delle associazioni anti-sette che sono stati debitamente convocati)18, nonché con gli specialisti universitari, rivela questo problema metodologico. La commissione sembra scarsamente interessata a conoscere le caratteristiche specifiche di ciascun gruppo o movimento. "Contesta" invece ai testimoni (l'espressione, di sapore poliziesco, è reiteratamente usata dalla commissione stessa) specifiche violazioni di legge o affermazioni discutibili, estratte da articoli di giornale o (molto spesso) da pubblicazioni dei movimenti anti-sette. Non si tratta qui, naturalmente, di negare la realtà di molti dei fatti contestati dalla commissione a questo o quel movimento. Si tratta - prima ancora di esaminare gli episodi specifici - di porre un problema di carattere metodologico. Se ci si limita a esaminare ritagli di giornale e fotocopie fornite da chi fa polemica contro un movimento, difficilmente si riuscirà ad apprezzarne l'esperienza complessiva, o semplicemente a comprendere di che tipo di movimento si tratta. Ci si limiterà a una collezione aneddotica di fatti più o meno rilevanti. Emblematico - per limitarci a un solo esempio fra diverse decine - è il caso della Soka Gakkai, un'associazione buddhista di origine giapponese che conta circa quindici milioni di aderenti nel mondo. Questo movimento - fra i più studiati dai sociologi - è esaminato dalla commissione parlamentare in dodici righe, nella parte in cui riassume le deposizioni a porte chiuse. Vale la pena di riportarle integralmente: "Questo gruppo non conta troppi adepti in Belgio ma recluta tra persone di alto livello (funzionari europei...). Sembra che cerchi di impiantarsi vicino ai siti nucleari, ma se ne ignora la ragione. Questo movimento che in Giappone conterebbe circa otto milioni di adepti possiede numerosi sostenitori nella stampa, e ha anche creato un'università. Cerca di penetrare in tutti i centri di potere e decisionali e ha fondato nel 1949 un partito politico nazionalista in Giappone, il Komeito"19. Il problema, qui, non consiste tanto nel carattere impreciso delle affermazioni (gli aderenti in Giappone sono più di otto milioni, il Komeito non è un partito "nazionalista" ma di centro-sinistra), o nelle insinuazioni sfornite di prova ("sembra che cerchi di impiantarsi vicino ai siti nucleari"). Colpisce, piuttosto, il carattere raffazzonato e aneddotico della presentazione. Ci si limita ad elencare alcuni aneddoti che mettono in una luce negativa il movimento. Tuttavia non ci si chiede quali siano le sue caratteristiche salienti, la sua origine, la sua storia, la sua dottrina, le ragioni per cui è riuscito a convertire milioni di fedeli. Si potrebbe naturalmente obiettare che si tratta qui di un riassunto delle deposizioni testimoniali, e non di una posizione che la commissione presenta come propria. Ma per molti movimenti, in assenza di altre analisi, questa silloge di testimonianze fornisce l'unica base alle conclusioni che sono tratte nelle parti finali del rapporto. La scelta stessa dei due esperti che hanno redatto le conclusioni del rapporto belga conferma l'ottica della separazione fra deed e creed. Si tratta di due specialisti del diritto penale e della criminalità, il giudice Marcel Trousse, presidente emerito del Tribunale di prima istanza di Liegi, ed il professor Johan Goethals, professore all'Università Cattolica di Lovanio e specialista in criminologia e vittimologia20. Per loro stessa ammissione, questi due "esperti" non sono specialisti di questioni religiose. La scelta di penalisti e di criminologi per trattare di nuovi movimenti religiosi mostra già in quale direzione la commissione intendeva muoversi.

b. In secondo luogo la commissione belga, come quella francese, ha rinunciato a svolgere un'opera di mediazione, che pure dovrebbe essere propria dei poteri pubblici di fronte a un argomento controverso, in presenza di un conflitto fra narrative21. In materia di nuovi movimenti religiosi esistono narrative diverse e anzi opposte. Provengono dai membri dei movimenti, dagli ex-membri indifferenti o ancora piuttosto favorevoli ai gruppi che hanno lasciato, dagli ex-membri ostili, dalle associazioni anti-sette, dagli specialisti accademici, dalle Chiese maggioritarie, dai mezzi di comunicazione. E' difficile - soprattutto per chi non è specialista di questo difficile settore - determinare quale narrativa presenti maggiori elementi di analogia con la realtà. Il metodo di una commissione parlamentare dovrebbe essere almeno quello di una par condicio (come si ama dire in Italia) fra le diverse fonti. La commissione belga, come quella francese, ha optato per un metodo diverso. Anzitutto, sulla base di un pregiudizio razionalista che emerge spesso dagli interventi del presidente della commissione nel suo dialogo con i testimoni, e che ha un profondo radicamento nella storia del laicismo e dell'anticlericalismo belga, una fonte di narrative sui movimenti presi in esame è stata ignorata. I rappresentanti ufficiali delle Chiese maggioritarie sono stati tenuti fuori della porta, mentre sarebbe stato di grande interesse, come minimo, sapere che cosa pensa la Chiesa cattolica di realtà ecclesiali messe sotto accusa come l'Oeuvre, il Rinnovamento nello Spirito o l'Opus Dei. In compenso ha avuto ampio spazio un sacerdote cattolico marginale come Rick Devillé. Questo sacerdote è autore di un'opera diffamatoria sull'Oeuvre, in cui pone perfino il quesito se la Chiesa cattolica nel suo insieme, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, non sia divenuta una "setta"22. Nella categoria "autori" sono stati ascoltati sei testimoni, uno autore di uno studio su Internet e cinque autori di opere anti-sette fra le più virulente. Ci si interroga sulle ragioni di questa scelta, dal momento che la letteratura sui nuovi movimenti religiosi è vastissima. Giacché sono stati convocati autori non belgi, si sarebbero potuti trovare con facilità, anche nel mondo del giornalismo e della psichiatria e psicologia clinica, privilegiati dalla commissione in questo gruppo di testimonianze, decine di "autori" con opinioni diverse e più equilibrate. Tra i rappresentanti di associazioni sono stati convocati quattro rappresentanti di associazioni anti-sette belghe, la presidentessa dell'UNADFI (Unione nazionale delle Associazioni di difesa delle famiglie e dell'individuo), il maggiore movimento anti-sette francese, e il dirigente di un'associazione anti-sette lussemburghese. Costituisce un aspetto positivo di queste audizioni il fatto che i loro verbali siano stati resi pubblici. Essi mostrano l'inconsistenza e la povertà culturale del discorso delle associazioni anti-sette, che ignora totalmente la letteratura scientifica in materia di nuovi movimenti religiosi e si limita a citare testi che emanano dai suoi stessi ambienti e ritagli di giornale. Ci si chiede, tuttavia, perché non siano stati convocati i rappresentanti di organismi che hanno un accostamento diverso al problema, come INFORM (Information Network Focus on Religious Movements, "Rete di informazione sui movimenti religiosi") in Gran Bretagna, che ha sede presso la London School of Economics, è consultato dal governo ed è sostenuto dalle Chiese maggioritarie. O perché siano state ignorate le grandi associazioni di sociologia e di storia delle religioni, che si occupano spesso di questi problemi (fra l'altro l'attuale presidentessa della SISR, Società internazionale di sociologia delle religioni, la professoressa Liliane Voyé, è belga). Infine, come accennato, sono stati ascoltati ex-membri di quarantanove movimenti, convocati dalla commissione (evidentemente su suggerimento dei movimenti anti-sette). Dieci dei movimenti attaccati sono stati ascoltati su loro richiesta (un undicesimo, il Sahaya Yoga, ha spiegato in una lettera le ragioni per cui preferiva non presentarsi). Come si vede, più che di mediazione fra le narrative, si può parlare di opzione preferenziale per la narrativa anti-sette, e il principio della par condicio, evidentemente, non è stato rispettato.

Questo squilibrio è ancora più grave nell'uso delle fonti scritte, sia per quanto riguarda la scelta dei testi, sia la loro interpretazione. Per quanto riguarda la giurisprudenza, la commissione ha certamente potuto avere un accesso diretto alle fonti belghe. Per quanto invece riguarda le sentenze pronunciate in altri paesi, la commissione dichiara candidamente che "i casi citati sono, per la gran parte, ripresi dall'opera di Bernard Fillaire Le grand écervelage [sic]"23. Quest'opera - il cui titolo esatto è Le grand déceverlage e di cui è autore uno dei giornalisti più attivi negli ambienti anti-sette francesi - si segnala piuttosto per la sua pessima qualità (oltre che per gli attacchi particolarmente virulenti all'Opus Dei e al Pontefice regnante, accusato di proteggerla). Non costituisce certamente una fonte scientifica. Non c'è quindi da sorprendersi se quasi tutte le sentenze citate sono sfavorevoli ai nuovi movimenti religiosi. Per gli Stati Uniti, per esempio, sono citate due decisioni del 1982 e 1983, ignorando accuratamente tutta la giurisprudenza che a partire dal caso Fishman del 1990 ha respinto le teorie del lavaggio del cervello e della destabilizzazione mentale e ha condannato severamente i "deprogrammatori" e le associazioni anti-sette che li sostengono24. Considerando la centralità degli Stati Uniti per il dibattito sui nuovi movimenti religiosi ci si chiede come una commissione attenta ai problemi giuridici abbia potuto arrestare l'esame della giurisprudenza all'anno 1983, ignorando i successivi quattordici anni. Anche per quanto riguarda l'Italia è ricordata esclusivamente la recente decisione della Corte d'Appello di Milano (contro la quale pende un ricorso per Cassazione) che condanna severamente un certo numero di scientologi. Esistono sentenze ugualmente interessanti che si sono pronunciate in senso diverso a proposito sia di altri movimenti, sia della stessa Scientologia. A questo proposito, non si riesce a sfuggire all'impressione che la letteratura giuridica straniera non sia stata accostata direttamente dalla commissione belga, ma le sia stata fornita dai movimenti anti-sette. La stessa sensazione si prova quando ci si trova di fronte alla letteratura sulla conversione ai nuovi movimenti religiosi. Il professor Johan Goethals - il criminologo che ha redatto questa parte, tutt'altro che secondaria, del rapporto - ha la correttezza di indicare per ciascuno dei paragrafi le "fonti" di cui si è servito. Si tratta esclusivamente di opere anti-sette, fra cui quella del 1996 del dottor Jean-Marie Abgrall25, il libro del 1994 di due attiviste legate ai movimenti anti-sette americani, Madeleine Landau Tobias e Janja Lalich26, e un articolo del professor Louis J. West, personaggio particolarmente controverso negli Stati Uniti per le sue proposte estreme in tema di repressione dei nuovi movimenti religiosi27. Questo articolo è estratto da un'opera pubblicata dall'American Psychiatric Association nel 1989 che presenta una varietà di punti di vista diversi: ci si chiede perché soltanto l'articolo del professor West sia stato preso in considerazione. Il fatto che le citazioni di questi articoli siano incomplete o scorrette28 autorizza l'ipotesi che il criminologo di Lovanio abbia avuto a disposizione, più che i testi nel loro insieme, semplici fotocopie fornite dal movimento anti-sette. La scelta delle fonti è, in ogni caso, obiettivamente scandalosa. La letteratura scientifica soprattutto in lingua inglese in tema di conversione ai nuovi movimenti religiosi e di polemiche sul "lavaggio del cervello" conta migliaia di titoli, in gran parte opera di specialisti universitari29. Un semplice esame delle rassegne bibliografiche che compaiono di tanto in tanto sulle più autorevoli riviste scientifiche americane, come il Journal for the Scientific Study of Religion o Religion sarebbe stato opportuno. Avrebbe facilmente convinto il criminologo belga che i testi di attivisti anti-sette come Janja Lalich o Louis J. West (per non parlare dell'opera del dottor Jean-Marie Abgrall, che ne rappresenta una versione divulgativa piena di errori francamente ridicoli) espongono un punto di vista assolutamente minoritario e marginale nel dibattito accademico contemporaneo. Si deve dunque porre la domanda su come il professor Johan Goethals abbia selezionato le sue fonti, all'interno di una letteratura che conta migliaia di testi. E' partito da una tesi preconcetta e ha cercato dei testi che la confermassero? O ha semplicemente seguito gli interessati "suggerimenti" di movimenti anti-sette? Il criminologo di Lovanio potrebbe obiettare che alle tesi che ha tratto dalla discutibile letteratura di cui si è servito ha sempre affiancato "riscontri" tratti dalle deposizioni rese dai testimoni di fronte alla commissione. Tuttavia, come abbiamo visto, la grande maggioranza dei testimoni provenivano dagli stessi ambienti anti-sette e non rappresentavano quindi una fonte diversa rispetto alla letteratura citata. Bisogna riconoscere al professor Johan Goethals il merito di avere talora temperato le tesi più estreme delle sue fonti con un minimo di buon senso. Tuttavia anche per i rapporti parlamentari - come per i computer - vale la nota regola garbage in, garbage out ("spazzatura dentro, spazzatura fuori"). Se si lavora sulla base di fonti di informazione prive di valore scientifico e piene di pregiudizi, per quanto le si elabori il risultato non potrà essere di buona qualità.

La commissione cade poi in un errore di fondo per quanto riguarda il dibattito scientifico in corso su scala internazionale in tema di nuovi movimenti religiosi. Afferma che "il mondo accademico si divide singolarmente sul modo di considerare le sette. Esistono pochi campi di investigazione dove gli specialisti si oppongano come in questo", fino ad arrivare a "regolamenti di conti piuttosto personali - a viva voce o per iscritto - tra certe personalità dei due campi. Sono soprattutto i `teorici' - sociologi e storici delle religioni - e i `pratici' - le persone che si occupano di assistenza e in particolare quelle che sono attive in seno ai movimenti anti-sette - che si affrontano. Il conflitto oppone ugualmente (...) i sociologi citati a un certo numero di psicologi e di psico-terapisti che effettuano lavori clinici (e scientifici) presso (ex-)adepti di sette". La commissione prosegue osservando che "il primo gruppo è organizzato in particolare in seno al CESNUR" e propone quindi la sua analisi del volume Pour en finir avec les sectes. Per quanto riguarda il secondo gruppo, sono citati tra gli esponenti nuovamente Madeleine Landau Tobias, Janja Lalich, Marc Galanter e Jean-Marie Abgrall. La commissione afferma di "avere preso coscienza di questa divisione del mondo accademico", e di avere deciso di effettuare una vera e propria scelta di campo. "Fondandosi sui propri lavori (e in particolare su decine di audizioni di ex-vittime) la commissione arriva alla conclusione che non può condividere le conclusioni del gruppo dei sociologi delle religioni, perché questi ultimi sottovalutano in modo manifesto i pericoli potenziali che le organizzazioni settarie rappresentano, in ragione dell'accostamento restrittivo e unilaterale che adottano". In particolare i sociologi - e il CESNUR - negano l'esistenza della "manipolazione mentale", mentre la commissione "è stata messa di fronte a diverse testimonianze su questo punto" che la hanno convinta del contrario. La commissione si permette anche di fare la morale ai sociologi, in quanto "deplora che le conclusioni di questo tipo di analisi che si riferiscono ai `nuovi movimenti religiosi' siano pubblicate senza esame approfondito. E' estremamente contestabile sul piano etico considerare un'organizzazione settaria come `nuovo movimento religioso' (...). Le analisi di questo tipo, che ignorano una faccia della realtà, finiscono in qualche modo per giustificare delle organizzazioni settarie nocive. Hanno per effetto di dare loro carta bianca o, almeno, di permettere che si dedichino più facilmente alle loro pratiche perniciose"30.


Certamente la commissione ha ragione sui "regolamenti di conti piuttosto personali" (di cui il rapporto offre un esempio diretto con le farneticazioni del dottor Jean-Marie Abgrall a proposito del CESNUR), e anche sul fatto che esistano dibattiti nel mondo accademico. Non esiste un "partito" dei sociologi in tema di "sette": esiste, al contrario, una vivace discussione che nasce da accostamenti diversi alla sociologia dei movimenti religiosi. Tuttavia la commissione belga si sbaglia profondamente sull'oggetto di questi dibattiti. Se è certamente vero che questo o quel movimento religioso sono diversamente valutati dagli specialisti, l'opposizione al modello anti-sette fondato sulle teorie della manipolazione mentale e del lavaggio del cervello rasenta l'unanimità sia fra gli psicologi sia fra i sociologi della religione. Nel 1987 l'American Psychological Association - probabilmente la più autorevole organizzazione del mondo nel settore delle scienze psicologiche - ha pubblicato un documento dove si afferma che le teorie della manipolazione mentale e del lavaggio del cervello applicate a nuovi movimenti religiosi mancano di "rigore scientifico" e non devono essere presentate come scientifiche. L'American Sociological Association ha appoggiato questa risoluzione. Le due organizzazioni scientifiche hanno in seguito vinto un processo intentato loro, in seguito a questa risoluzione, dalla principale sostenitrice nell'ambito del movimento anti-sette americano della teoria della manipolazione mentale, Margaret Singer31. Non esiste quindi nessuna "divisione del mondo accademico" che lo ripartisca in due campi, uno contrario e uno favorevole alle tesi dei movimenti anti-sette. La stragrande maggioranza dei ricercatori accademici rigetta queste tesi come non scientifiche. Gli autori citati nel "secondo gruppo" dalla commissione belga non hanno nulla a che fare con il "mondo accademico", come Janja Lalich o Jean-Marie Abgrall. Il professor Marc Galanter, al contrario, è certamente un accademico: infatti le sue tesi sono diverse e per molti versi opposte a quelle dei movimenti anti-sette. Io stesso ho promosso, in una collana da me diretta, la traduzione in italiano della sua opera principale, Culti. Psicologia delle sette contemporanee32; quanto all'articolo citato dalla commissione33 non sostiene affatto le tesi che gli si attribuiscono. Un importante articolo di Marc Galanter, del 1982, è citato nel volume La Mécanique des sectes del dottor Jean-Marie Abgrall34. Lo psichiatra francese tuttavia non spiega che si tratta precisamente di una delle più importanti critiche del modello del lavaggio del cervello. Non resta che sospettare che la commissione citi Marc Galanter senza averlo letto, e si limiti a ricopiare i riferimenti del dottor Abgrall. E' così inventata una "divisione del mondo accademico" che non esiste, e si perviene a conclusioni presuntuose e diffamatorie nei confronti degli studiosi. E' paradossale che una commissione che dichiara di avere esaminato - all'interno di una letteratura che consta di migliaia di volumi e articoli scientifici - soltanto tre o quattro libri accusi i sociologi delle religioni di adottare un "approccio restrittivo e unilaterale" e li attacchi anche "sul piano etico" perché usano l'espressione "nuovi movimenti religiosi" piuttosto che quella, che la commissione preferisce, di "sette". Se chi ha redatto il testo avesse letto anche una minima parte della letteratura che critica - senza limitarsi a sfogliare Pour en finir avec les sectes - avrebbe compreso che nell'espressione "nuovo movimento religioso" l'aggettivo "religioso" non ha alcuna connotazione di giudizio di valore, né negativo né positivo. Un movimento religioso - e anche una religione - può certamente macchiarsi di crimini contro la morale e il diritto comune. Nessuno storico delle religioni dubita che la religione degli aztechi, pure fondata sul sacrificio umano, fosse - precisamente - una religione: se ne dovrà concludere che gli storici giustificano il sacrificio umano? Se il rilievo terminologico della commissione belga cela un'accusa di relativismo morale, questa accusa deve essere rispedita al mittente. In realtà il vero relativista è chi - eliminando le religioni che si comportano in modo sgradevole dal campo del religioso, e parlando di "pseudo-religioni" e di "sette" - sopprime in modo radicale la questione della verità. Evita così di chiedersi quali rapporti le diverse forme religiose intrattengano con la verità e con i valori. Una volta eliminate le forme religiose poco simpatiche come "pseudo-religiose", tutte le religioni diventano - quasi per definizione - di uguale valore. Certo, le questioni dell'autenticità, della legittimità e anche della moralità degli innumerevoli cammini spirituali che sono proposti in una società pluralista sono delicate e difficili. Ma non le si risolve certamente con i giochi di parole sulle "sette", né offendendo gli studiosi che a questi giochi rifiutano di prestarsi.



17

Cfr. sul punto M. Introvigne, Il fantasma della libertà. Le controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa, cit.

18

Chambre des Représentants de Belgique, Enquête parlementaire..., cit., vol. I, p. 12.

19

Ibid., vol. I, p. 353.

20

Ibid., vol. I, pp. 13-14.

21

Sul problema del conflitto fra narrative cfr. il mio Il fantasma della libertà. Le controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa, cit.

22

Rick Devillé, L'Oeuvre, une secte catholique, tr. fr., Golias, Villeurbanne - Bruxelles 1996 ("Non sfuggo più a questa domanda: sono membro di una setta [in quanto prete della Chiesa cattolica]?", ibid., p. 171); cfr. Chambre des Représentants de Belgique, Enquête parlementaire..., cit., vol. I, p. 121 e pp. 157-167.

23

Ibid., vol. II, p. 123. Cfr. Bernard Fillaire, Le grand décervelage, Plon, Parigi 1993.

24

Cfr. sul punto J. Gordon Melton, Historique des associations modernes anti-sectes aux Etats-Unis, relazione al convegno internazionale Les controverses en matière de "sectes" ou nouveaux mouvements religieux: un regard sur les mouvements anti-sectes, organizzato dal CESNUR France - Centre d'Étude sur les Nouvelles Religions -, Parigi 17-9-1996.

25

J.-M. Abgrall, op. cit.

26

Madeleine Landau Tobias - Janja Lalich, Captive Hearts, Captive Minds. Freedom and Recovery from Cults and Abusive Relationship, Hunter House, Alameda (California) 1994.


27

Louis J. West, "Persuasive Techniques in Contemporary Cults. A Public Health Approach" in Marc Galanter (a cura di), Cults and New Religious Movements. A Report of The American Psychiatric Association,The American Psychiatric Association, Washington D.C. 1989, pp. 165-192.

28

Per l'articolo del professor West l'indicazione delle pagine a p. 141 del vol. II del rapporto è sbagliata: si indicano le pp. 25-42 mentre si tratta delle pp. 165-192 del volume curato da Marc Galanter. Di questo volume, inoltre, non si fornisce l'editore, mentre in genere le note del rapporto riportano sempre l'indicazione della casa editrice. Per il volume di M. Landau Tobias - J. Lalich, op. cit., non si riporta - anche qui contro l'abitudine normale del rapporto - il luogo di edizione: l'indicazione corretta "Alameda (California)" è sostituita da un semplice - e criptico - "Al. California".

29

Già nel 1987 il padre gesuita - e professore all'Università di Detroit Mercy - John Saliba, S.J., nella sua bibliografia Psychiatry and the Cults. An Annotated Bibliography, Garland, New York 1987, citava oltre duemila titoli soltanto per le scienze psicologiche e psichiatriche. La letteratura sociologica è molto più ampia (cfr. l'altra bibliografia, dello stesso autore, Social Science and the Cults. An Annotated Bibliography, Garland, New York 1990), e i titoli si sono moltiplicati negli anni 1990.

30

Chambre des Représentants de Belgique, Enquête parlementaire..., cit., vol. II, pp. 114-118.

31

Per questi avvenimenti e relativa bibliografia cfr. J.G. Melton, op. cit.

32

Marc Galanter, Culti. Psicologia delle sette contemporanee, tr. it., SugarCo, Carnago (Varese) 1993.

33

Marc Galanter, Cults and New Religious Movements, in Marc Galanter (a cura di), Cults and NewReligious Movements. A Report of The American Psychiatric Association, cit., pp. 25-42.

34

J.-M. Abgrall, op. cit., p. 324, che fa riferimento a Marc Galanter, Charismatic Religious Sects and Psychiatry, in American Journal of Psychiatry, vol. 139 (1982), pp. 1539-1548.


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