Per lavoro, sono costretto a vedermi decine di film alla settimana. Molti, ma forse non è nemmeno il caso di dirlo, sono film inutili od orribili; alcuni sono dignitosi, altri hanno qualche spunto d’interesse; pochi, veramente pochi, sono dei grandi film. Quasi nessuno, invece, è un film grande, cioè capace di suscitare emozioni e sentimenti che sfiorano il sublime.

Il film di Peter Jackson è un film grande, e non solo per l’enorme sforzo produttivo che sta alle spalle. Il Signore degli Anelli è il capolavoro di un regista geniale e passionale, attento alla bellezza della realtà e capace nell’impresa titanica di portare sullo schermo un vero e proprio libro sacro come il capolavoro di Tolkien. Non avendo ancora letto il romanzo, non posso francamente entrare nell’eterna diatriba sulla fedeltà vera o presunta del regista allo scrittore. Certo, posso dire una cosa: che il film mi ha appassionato, insegnandomi qualcosa: la fedeltà a una missione grande, unica e irripetibile, da cui dipende la salvezza del mondo; il valore dell’amicizia, quella vera, improntata sulla fedeltà e sull’amore gratuito per l’altro; l’ambiguità drammatica dell’uomo, combattuto tra una fragilità di sangue e uno spirito libero e potente; il fascino oscuro e seducente del Potere, vero e proprio protagonista del film; il concetto di autorità e autorevolezza incarnati nella sapienza esperta di Gandalf e tante, tante altre cose.

Il Signore degli Anelli, nonostante tutti i difetti che i cultori della saga possono riconoscervi, riesce in quell’unico grande intento che il cinema degli ultimi anni troppo spesso si è dimenticato. E cioè d’insegnare, senza timore e paure, qualcosa di grande. Che la vita è un’avventura fatta di male e di bene, dove a essere protagonista è la libertà dell’uomo di fronte a un compito altrettanto grande.

Simone Fortunato

18 gennaio 2002