CESNUR - center for studies on new religions

CAMERA DEI DEPUTATI - XIV LEGISLATURA
Resoconto della II Commissione permanente
(Giustizia)

Resoconto di martedì 18 marzo 2003

Libertà religiosa e culti ammessi.
C. 2531 Governo.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame.

Gaetano PECORELLA, presidente, illustra, in sostituzione del relatore Vitali, il disegno di legge in esame, che si compone di quattro capi: il primo riguarda la libertà di coscienza e di religione, il secondo concerne le confessioni e le associazioni religiose e il loro eventuale riconoscimento; il terzo si occupa della procedura per la stipulazione delle intese fra lo Stato e le confessioni religiose, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, mentre il quarto contiene disposizioni finali e transitorie.
Per quanto riguarda più direttamente i profili di competenza della Commissione, l'articolo 4 del provvedimento, oltre a ribadire il principio costituzionale secondo il quale spetta ai genitori il compito di istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, in coerenza con la propria fede religiosa o credenza, nel rispetto della loro personalità e senza pregiudizio della salute dei medesimi, stabilisce, altresì, che spetta al minore al di sopra dei quattordici anni la possibilità di compiere autonomamente le scelte pertinenti all'esercizio del diritto di libertà religiosa.
Viene fatto un espresso richiamo normativo all'articolo 316 del codice civile in


Pag. 10

base al quale, ferma restando la possibilità da parte del minore quattordicenne di compiere autonome scelte in materia religiosa, tali scelte non devono interferire con l'esercizio della potestà dei genitori regolate dal codice civile.
L'articolo 8 del provvedimento stabilisce poi che l'appartenenza alle Forze armate, alle Forze di polizia o ad altri servizi assimilati, la degenza in strutture sanitarie, socio-sanitarie ed assistenziali (ospedali, case di cura e così via) o la permanenza in istituti di prevenzione e pena non impediscono l'esercizio della libertà religiosa e delle pratiche di culto e l'adempimento delle prescrizioni religiose.
Rileva che l'inciso secondo il quale in ogni caso, da tali adempimenti non devono derivare nuovi o maggiori oneri per le amministrazioni interessate, rischia di rendere in parte inattuata la disposizione in esame soprattutto nella parte riguardante l'esercizio della libertà religiosa nei luoghi di detenzione dal momento che, allo stato, in moltissimi casi, gli istituti di pena non presentano luoghi da adibire a tale esercizio.
Si sofferma altresì sul comma 4 dell'articolo 11 in materia di disciplina del matrimonio davanti ad un ministro di culto di una confessione religiosa avente personalità giuridica, in base al quale il matrimonio ha effetti civili dal momento della celebrazione anche se l'ufficiale dello stato civile che ha ricevuto l'atto abbia omesso di effettuare le trascrizione nel termine prescritto. Al riguardo ritiene che scopo della norma sia esclusivamente quello di ribadire il principio dell'efficacia retroattiva della trascrizione, così com'è già previsto per la trascrizione del matrimonio religioso negli atti dello stato civile, restando, comunque, salvo il principio secondo il quale, in assenza di trascrizione, il matrimonio rimane un atto puramente religioso irrilevante per l'ordinamento dello Stato.
Conclusivamente, propone di esprimere parere favorevole.

Francesco BONITO (DS-U) si sofferma in generale sui doveri di uno Stato laico, che pur dando risalto ai momenti pubblicistici, tuttavia garantisca la libertà di culto.
Con particolare riferimento al comma 4 dell'articolo 11, osserva che vengono estesi gli effetti civili propri del matrimonio concordatario agli altri culti che non sono disciplinati sulla base di apposite intese.

Carolina LUSSANA (LNP), nel ricordare che il disegno di legge è volto a sostituire la vigente legge n. 1159 del 1929 in materia di culti diversi da quello cattolico ammessi nello territorio dello Stato, rileva che, pur venendo meno il principio della religione dello Stato, non si appronta specifica tutela al sentimento religioso cattolico della maggioranza degli italiani. Si dà inoltre atto della previsione costituzionale pattizia (intese di cui all'articolo 8 della Costituzione), disciplinando il relativo procedimento di approvazione delle intese, nonché del fenomeno religioso acattolico nell'ambito delle scelte matrimoniali, di insegnamento e di professione nelle strutture pubbliche (scuole, ospedali, caserme, penitenziari, suffragi).
Esprime rilievi critici in particolare sull'articolo 4, comma 2, che individua nel compimento degli anni 14 l'età in dipendenza della quale il minore, sebbene sottoposto all'autorità dei genitori, può compiere autonomamente le proprie scelte religiose. Tale scelta è senz'altro opinabile in quanto svilisce il sentimento religioso rendendolo fatto prettamente «privato» del minore comunque legato, negli altri ambiti della propria vita, alle scelte genitoriali. I dubbi sono legati al rischio di un'insufficiente maturità psichica del minore che deve affrontare scelte tanto determinanti per la sua vita futura; alla considerazione che in altri casi la legge richiede età più elevate per attribuire autonoma rilevanza alle scelte del minore (per esempio, età per contrarre matrimonio 16 anni, età lavorativa 16 anni, al massimo 15). È pertanto auspicabile un innalzamento di tale limite di età perlomeno ai sedici o ai diciotto anni, in quanto il precoce abbandono del sentimento religioso e dei valori positivi che questo


Pag. 11

trasmette può seriamente comportare gravi ripercussioni individuali e sociali nella vita futura del minore. Non si comprende, altrimenti, perché la capacità di agire in materia religiosa debba diversificarsi dalla capacità di agire prevista per la materia lavorativa o matrimoniale.
La stessa disposizione di legge richiama l'articolo 316 del codice civile per quanto attiene ai contrasti che possono insorgere in relazione all'educazione religiosa dei figli. Inoltre si stabilisce specificamente che il giudice può intervenire nel disciplinare tali contrasti ove attengano alla sfera religiosa del minore. In proposito osserva che la norma è pleonastica poiché l'articolo 316 del codice civile sarebbe già astrattamente applicabile ai casi di specie, e ciò in quanto la disposizione codicistica non individua categorie di contrasti in cui il giudice può o meno intervenire, ma li considera tutti; inoltre la norma non disciplina una tutela giurisdizionale del minore in opposizione ai genitori circa il fenomeno religioso, poiché il giudice non può sostituirsi ai genitori nel decidere quale istruzione o educazione religiosa possa essere data al minore, trattandosi di diritto e dovere (articolo 30 della Costituzione) dei genitori (o di chi esercita la potestà) quello di «istruire, mantenere ed educare» i figli, anche in ambito religioso, secondo le proprie convinzioni familiari e tradizionali. In proposito cita la sentenza del Tribunale di Napoli 7 luglio 1998 che, nell'ipotesi di contrasto tra genitori (separati o divorziati o meno) sull'educazione religiosa dei figli minori, esclude qualunque potere di intervento diretto del giudice, e quindi l'ammissibilità del ricorso all'articolo 316 del codice civile ovvero, in caso di separazione, all'articolo 155 del codice civile (o 708 del codice di procedura penale) e, in caso di divorzio, agli articoli 6 e 91 della legge 1o dicembre 1970, n. 898.
Ritiene quindi che sia il richiamo all'articolo 316 del codice civile sia il riferimento alla possibilità od alla necessità di intervento del giudice vadano pertanto espunti.
In riferimento all'articolo 6, comma 1, che prevede una «non ingerenza dello Stato» nelle scelte inerenti la partecipazione all'attività associativa della confessione o associazione religiosa, rileva che tale clausola di «immunità» non convince, poiché è eccessivamente ampia rispetto ai rischi inerenti alla partecipazione a determinate organizzazioni religiose che abbiano come scopo: l'apologia o l'istigazione al compimento di attività terroristiche e l'istigazione all'odio nei confronti dei non aderenti al credo religioso (fondamentalismo); la pratica di riti contrari all'ordine pubblico o al buon costume (fenomeno del satanismo); l'incameramento di beni degli aderenti a favore del fondatore della setta o congrega religiosa; l'espletamento di attività scientifiche contrastanti con principi etici e morali.
L'inciso «senza ingerenza da parte dello Stato» va pertanto espunto, e deve anzi indicarsi che le finalità religiose non possono contrastare con i principi della Costituzione, con il principio dell'ordine pubblico e del buon costume.
Inoltre l'articolo 6, comma 2, è perfettamente inutile e pleonastico, in quanto vi sono già compiute e dettagliate disposizioni di legge penale che tutelano il sentimento religioso da eventuali attacchi discriminatori o di altro genere (articoli 402- 406 del codice penale).
L'articolo 10 introduce il principio per cui il riconoscimento della personalità giuridica della confessione significa automatico riconoscimento della qualità di ministro di culto senza alcuna ulteriore necessità di notifica o approvazione della nomina da parte del ministro dell'interno come avveniva in passato. Tale modifica, tuttavia, non sembra condivisibile in assenza di un'intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione tra lo Stato e la confessione religiosa che permetta di creare un automatico recepimento nell'ordinamento italiano della figura del ministro di culto secondo le autonome determinazioni della confessione religiosa che gode della mera personalità giuridica. Evidenzia poi che la confessione religiosa in quanto ente privato o morale, ma non pubblico, non può «certificare» la qualità di ministro di culto di uno dei suoi aderenti. La rilevanza


Pag. 12

della qualifica di ministro è anche di tipo penale, ove si consideri che diverse aggravanti (per esempio l'articolo 61 n. 10 del codice penale) attengono proprio a tale figura. Lasciare che siano le confessioni religiose, senza avallo o controllo statale, a definire tale posizione risulterebbe arbitrario. È il caso di estendere a tutte le confessioni con le quali non sussiste un'intesa la disciplina prevista dal comma 3 dell'articolo 10. Per quelle con le quali sussiste un'intesa quest'ultima indicherà gli elementi sulla base dei quali la qualità di ministro di culto è automaticamente riconosciuta.
Con riferimento all'articolo 11, che esclude che durante la celebrazione del matrimonio acattolico l'officiante debba dare lettura degli articoli del codice civile inerenti i diritti e doveri dei coniugi, osserva che la disposizione risulta lesiva dell'autonomia del matrimonio civile rispetto a quello religioso, che pure produce effetti nell'ordinamento statale. Ciò soprattutto ove si consideri che le vicende concernenti gli impedimenti matrimoniali e la validità del vincolo interessano la giurisdizione statale (salvo le eccezioni inerenti la giurisdizione ecclesiastica) e che la stessa Costituzione impone dei vincoli alla società familiare in tema di reciproci diritti e doveri dei suoi componenti. La norma introduce inoltre un grave trattamento disparitario in riferimento ai matrimoni celebrati davanti al ministro del culto cattolico o di altro culto il cui rito è già definito con intesa per cui si prevede la lettura degli articoli del codice civile. La relativa disposizione deve pertanto essere eliminata.
La normativa di cui all'articolo 12, che prevede la possibilità di integrare l'insegnamento scolastico anche in riferimento al fenomeno religioso su richiesta degli interessati, appare insufficiente a garantire il rispetto dei diritti delle maggioranze cattoliche a che i simboli cristiani siano manifesti nelle scuole e a che i periodi festivi - Natale e Pasqua - abbiano il loro indispensabile spazio storico culturale, ciò senza pregiudizio dei diritti e delle convinzioni dei non cattolici che possono essere esonerati dagli specifici insegnamenti. Andrebbe inserito pertanto un terzo comma, che potrebbe essere del seguente tenore: «La Repubblica riconosce il simbolo cattolico del crocifisso come facente parte della tradizione religiosa del popolo italiano e ne impone l'esposizione nelle scuole di ogni ordine e grado siano esse pubbliche o private. Anche al di fuori delle ipotesi di cui ai commi precedenti i programmi insegnamento scolastico, nelle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado, contemplano l'insegnamento del significato religioso delle festività civili del Natale e della Pasqua e di tutte le altre feste religiose comportanti riposo civile per disposizione di legge».
Sulla base di tali considerazioni formula una proposta alternativa di parere (vedi allegato 1).

Francesco BONITO (DS-U) ritiene che le osservazioni del deputato Lussana contrastino fortemente con i principi costituzionali riconosciuti. Invita quindi a riflettere sul più volte invocato abbassamento dell'età minima per l'imputabilità penale dei minori, che se si ritengono responsabili per i fatti illeciti compiuti, a maggior ragione dovrebbero essere ritenuti capaci di decidere in ordine alle scelte religiose.

Niccolò GHEDINI (FI) concorda con il deputato Bonito sulla totale capacità psichica di un ragazzo di quattordici anni a decidere in materia religiosa. Sotto il profilo dell'ingerenza dello Stato, esclusa dall'articolo 6 del disegno di legge in ordine alla partecipazione a confessioni o associazioni religiose, osserva che queste ultime sono già state riconosciute coma tali dall'ordinamento civile in quanto non contrastanti sotto il profilo delle vigenti norme costituzionali. Ritiene parimenti rispondente al sistema la norma dell'articolo 10 relativa ai ministri di culto, che semmai potrebbe suscitare qualche dubbio sotto il profilo dell'articolo 200 del codice di procedura penale in materia di segreto professionale.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore, risultando così preclusa


Pag. 13

la proposta alternativa di parere del deputato Lussana.

 

ALLEGATO 1

Libertà religiosa e culti ammessi (C. 2531 Governo).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL DEPUTATO LUSSANA

La II Commissione,
esaminato il disegno di legge 2531 in materia di libertà di coscienza e di religione;
osservato che, l'articolo 4 comma 2 individua nel compimento degli anni 14 l'età in dipendenza della quale il minore, sebbene sottoposto all'autorità dei genitori, può compiere autonomamente le proprie scelte religiose;
considerato che tale scelta è senz'altro opinabile in quanto svilisce il sentimento religioso rendendolo un fatto prettamente «privato» del minore comunque legato, negli altri ambiti della propria vita, alle scelte genitoriali e non si comprende, perché la capacità di agire in materia religiosa debba diversificarsi dalla capacità di agire prevista per la materia lavorativa o matrimoniale;
osservato, altresì che la stessa disposizione di legge richiama l'articolo 316 codice civile per quanto attiene i contrasti che possono insorgere in relazione all'educazione religiosa dei figli ed inoltre si stabilisce specificamente che il giudice può intervenire nel disciplinare tali contrasti ove attengano alla sfera religiosa del minore;
osservato che la norma è pleonastica poiché l'articolo 316 codice civile sarebbe già astrattamente applicabile ai casi di specie, e ciò in quanto la disposizione codicistica non individua categorie di contrasti in cui il giudice può o meno intervenire, considerandoli tutti;
osservato, altresì, che l'articolo 6 comma 1 prevede una «non ingerenza dello Stato» nelle scelte inerenti la partecipazione all'attività associativa della confessione o associazione religiosa e che tale affermazione è eccessivamente ampia rispetto ai rischi inerenti alla partecipazione a determinate organizzazioni religiose;
osservato, inoltre, che l'articolo 6 comma 2 è superfluo in quanto esistono già compiute e dettagliate disposizioni di natura penale che tutelano il sentimento religioso da eventuali attacchi discriminatori o di altro genere;
osservato, che l'articolo 10 introduce il principio per cui il riconoscimento della personalità giuridica della confessione significa automatico riconoscimento della qualità di ministro di culto senza alcuna ulteriore necessità di notifica o approvazione della nomina da parte del ministro dell'interno come avveniva in passato;
considerato che tale modifica, tuttavia, non sembra condivisibile in assenza di una intesa ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione tra lo Stato e la confessione religiosa che permetta di creare un automatico recepimento nell'ordinamento italiano della figura del ministro di culto secondo le autonome determinazioni della confessione religiosa alla quale è riconosciuta la personalità giuridica e, pertanto, lasciare che siano le confessioni religiose, senza avallo o controllo statale, a definire tale posizione;
osservato che l'articolo 12 prevede la possibilità di integrare l'insegnamento scolastico anche in riferimento al fenomeno religioso su richiesta degli interessati


Pag. 18

e che la norma appare insufficiente a garantire il rispetto dei diritti delle maggioranze cattoliche a che i simboli cristiani siano manifesti nelle scuole e a che i periodi festivi sia riconosciuto il loro indispensabile spazio storico culturale, ciò senza pregiudizio dei diritti e delle convinzioni dei non cattolici che possono essere esonerati dagli specifici insegnamenti,
esprime

PARERE CONTRARIO.

Indice

[Home Page] [Cos'è il CESNUR] [Biblioteca del CESNUR] [Testi e documenti] [Libri] [Convegni]

cesnur e-mail

[Home Page] [About CESNUR] [CESNUR Library] [Texts & Documents] [Book Reviews] [Conferences]