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Islam: molte anime ma nessuna egemone

di Alfonso Piscitelli (L’Indipendente, 30 luglio 2005)

Un “Islam illuminista” non esiste: primo perché è difficile interpretare in senso allegorico un testo così esplicito come il Corano, secondo perché è ancor più difficile trovare un teologo che osi farlo. Certo, intellettuali islamici modernizzanti possono ben esistere: in qualche università inglese, o in qualche redazione di giornale, più raramente per le strade de Il Cairo. L’“Islam liberale” è una spicchio assai esiguo di Mezzaluna…Ben altri sono i soggetti che si dividono il campo di Allah: i nazionalisti modernizzanti, quasi sempre in divisa militare; i conservatori (come lo stesso Erdogan in Turchia), persuasi che uno stato arabo non possa prescindere dal rispetto della legge coranica; i fondamentalisti come i Fratelli Mussulmani d’Egitto che mirano a mobilitare le masse arabe contro la deriva occidentale, e a plasmarne i costumi quotidiani; infine i fondamentalisti radicali che utilizzano il terrore. Questa divisione pentapartita è stata abbozzata nei suoi studi scientifici sul fondamentalismo da Massimo Introvigne e riproposta ora nel volume di scorrevole lettura “La nuova guerra mondiale”, Sugarco edizioni. La tesi di fondo del libro è che per stabilizzare i rapporti con il ribollente mondo della Mezzaluna occorra dar fiducia a governi e movimenti islamico-conservatori, che da un lato diano soddisfazione alle esigenze religiose dei loro popoli, dall’altra contengano le spinte dei fondamentalisti radicali.

L’analisi di Introvigne ricostruisce la pluralità di posizioni che contraddistinguono un fenomeno a torto considerato monolitico. La religione mussulmana non ha una “Chiesa” centralizzata, e un vertice consolidato: questo dato di fatto spiazza i governi occidentali che cercano interlocutori rappresentativi e invece spesso si trovano a che fare con personaggi pittoreschi che parlano quasi solo a titolo personale. Introvigne reagisce contro la stessa concezione romanzesca che vede in Al-Qaida una sorta di nuova “Armata Rossa”, con gradi, battaglioni, una logistica rigidamente centralizzata: in realtà – dopo la distruzione dei campi di addestramento in Afghanistan – ci troviamo oggi di fronte a una miriade di sigle e di attività terroristiche (parzialmente) convergenti.

La distinzione delle diverse “anime” da un lato intende contrastare l’“islamofobia” che assimila l’intero universo mussulmano alle sue tendenze estreme, dall’altra fa piazza pulita di alcune convinzioni ingenue coltivate per anni in Europa. Lo si è già detto, immaginare una “evoluzione” dell’Islam verso posizioni “illuministe”, “ecumeniche” è una pia illusione. La realtà ci parla di una religione che non si lascia “occidentalizzare” e di una “società aperta” come quella europea che trova oggi seduto al proprio tavolo un enigmatico “convitato di pietra”. I rapporti con le comunità islamiche, in barba a tutte le dichiarazioni buoniste dei politici, sono tese, non solo per il “fattore bomba”, ma anche perché sono falliti gli schemi di accoglienza approntati dagli Stati: è fallito il modello “multiculturalista” inglese, è fallito il modello “assimilazionista” francese. Gli islamici francesi non si sono affatto “assimilati”, anzi i giovani mussulmani di seconda e terza generazione sono ancora più ostili alla cultura europea di quanto non fossero i loro padri e nonni. Quanto all’Inghilterra, l’idea di regolare pacificamente gli agglomerati etnici concedendo ampie autonomie di organizzazione ha prodotto come prevedibile risultato il cosiddetto “Londonistan”: ovvero lo sviluppo di impenetrabili enclave nel cuore della capitale e di altre città inglese. In queste enclave gli ideali della società multiculturale sono carta straccia e fra poco la regina d’Inghilterra avrà bisogno del permesso di soggiorno per entrarvi…Quanto all’Italia, Introvigne individua una maggioranza di immigrati conservatrice in fatto di religione, sostanzialmente moderata in quanto a opzioni politiche; ma constata anche il fatto che questa vasta area, tutto sommato ragionevole, stenti a trovare una dirigenza che la rappresenti: la più grande organizzazione oggi operante in Italia l’U.CO.I.I. è in effetti una succursale dei Fratelli Mussulmani, il prototipo delle associazioni fondamentaliste fondata nel 1928 in Egitto.

In Europa i mussulmani sono oggi 12 milioni, nel 2010 dovrebbero essere 20 milioni, ovviamente senza contare la Turchia che bussa alle porte con i suoi generali laicisti ma anche con i suoi 72 milioni di devoti. Negli ambienti fondamentalisti la “bomba demografica” non è meno considerata di quella materiale. Hamas distribuisce molti dei suoi finanziamenti alle madri, anche perché contro Israele la “battaglia delle culle” funziona molto meglio della strategia dei martiri e degli attentati. Per quanto gli Ebrei possano vantare un buon tasso di prolificità (2,6 bambini a donna) esso risulta comunque irrilevante rispetto alla media demografica araba di 4,7 figli (che diventa 5,4 in Cisgiordania, e addirittura 7,4 a Gaza). Avendo ormai raschiato il fondo del barile dei “ricongiungimenti”, osserva Introvigne, il governo israeliano può fronteggiare l’emergenza demografica solo facendo appello al realismo politico, vale a dire respingendo le tendenze “messianiche” degli ambienti fondamentalisti ebraici. Oggi nei confini di Israele gli Ebrei sono l’81% della popolazione, nel 2010 presumibilmente saranno ancora il 79%. Ma, se Israele inglobasse i Territori, entro i suoi confini gli arabi sarebbero il 49% nel 2010, la maggioranza nel 2012, addirittura il 75% della popolazione nel 2050! Queste proiezioni sono sotto gli occhi di tutti, per questo il generale Sharon – inimicandosi i coloni – ha indicato la via di uscita dai Territori: sgomberando le colonie dei territori e stabilendo confini saldi rispetto alle spinte espansionistiche che sorgono da una parte e dall’altra, Israele dovrebbe ancora contare nel 2050 un 84% di popolazione ebraica a fronte di una minoranza rilevante ma non soverchiante di mussulmani. Per quanto riguarda l’Europa, 20 milioni di mussulmani sono ancora un’infima minoranza, ma una minoranza decisamente spinta dai suoi predicatori a rimpiazzare i vuoti della sterilità e della stanchezza di vivere degli Europei.

La geopolitica dell’Islam è ai nostri giorni vivace e dinamica tanto quanto la sua demografia. In Europa l’islamismo radicale affascina i nostalgici comunisti, che passando dalla bandiera rossa alla bandiera verde hanno trovato altri pretesti per odiare la civilizzazione europea e la cultura dei diritti individuali; affascina anche ambienti di nicchia dell’estremismo di destra. I mussulmani sono portatori in Europa di un rinnovato umore anti-ebraico alimentato anche dalla lettura dei Protocolli, delle tesi negazioniste riguardo all’olocausto e questo fa una certa impressione su gruppi storicamente antisemiti. Rimane da vedere se agli occhi degli imam radicali questi volenterosi collaboratori europei siano qualcosa di più degli “utili idioti” di togliattiana memoria… Un altro campo di straordinaria espansione dell’Islam radicale è in Africa: in Africa dove si trova uno Stato-modello del fondamentalismo: il Sudan e dove ultimamente si sono verificate significative “conversioni”. E’ un convertito all’Islam quel Joseph Kony, fondatore dell’Esercito di Resistenza del Signore che insanguina l’Uganda con l’infelice invenzione dei “bambini soldati”; è un convertito all’islam il “signore della guerra” Kahwa Mandro che controlla il Nord-Est del Congo e si sta dedicando alla costruzione di una serie di Moschee. L’Islam radicale si candida a diventare portavoce delle istanze delle popolazioni nere africane.

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Massimo Introvigne
La nuova guerra mondiale. Scontro di civiltà o guerra civile islamica?
Sugarco, Milano 2005