Compendio

La Commissione della gestione (CdG) del Consiglio nazionale si è posta la domanda se le “sette” e i movimenti indottrinanti possono costituire un pericolo per gli individui, lo Stato e la società e se, attualmente, le organizzazioni pubbliche e/o private si preoccupano dei bisogni dei gruppi sociali e si occupano delle persone che, senza volerlo, vengono a trovarsi in situazioni di dipendenza. In definitiva, doveva rispondere alla questione di fondo, ossia se lo Stato deve intervenire e, in caso affermativo, quali provvedimenti deve adottare o esaminare.

La Commissione reputa che lo Stato debba occuparsi attivamente della questione. Nel contempo, constata che, in generale, le leggi in vigore sono sufficienti. Sebbene presentino qua e là delle lacune, è necessario agire soprattutto sul piano della loro applicazione.

Per tale motivo, la Commissione invita il Consiglio federale a formulare una politica in materia di “sette”, a istituire un servizio svizzero d’informazione e di consulenza, a lanciare una campagna informativa, a promuovere una ricerca interdisciplinare e a coordinare la collaborazione tra gli ambienti della ricerca e gli organi d’informazione e di consulenza. Essa chiede al Consiglio federale di armonizzare le attività fra i diversi servizi amministrativi, fra i Cantoni (in base a progetti cantonali), fra la Confederazione e i Cantoni e di impegnarsi a favore di una collaborazione transfrontaliera. Il Consiglio federale deve inoltre coordinare le legislazioni cantonali applicabili in materia di movimenti indottrinanti, in particolare le legislazioni sanitarie. Per quanto riguarda l’esecuzione delle leggi, la Commissione invita il Consiglio federale a impegnarsi in modo particolare a favore della protezione dell’infanzia. Essa ha pure individuato le lacune legislative esistenti in materia di protezione dei consumatori che necessitano di un intervento dello Stato.

Le cosiddette “sette”, i “nuovi movimenti religiosi” o gli “psicogruppi” sono una realtà che si manifesta a livello mondiale, indipendentemente dalle barriere nazionali e sociali, dalle classi di età, dal ceto sociale, dal reddito, dalla formazione o da altro. Compaiono sia nei Paesi industrializzati sia nei Paesi del Terzo Mondo. Assumono gli aspetti più diversi, in parte consapevolmente, e si mostrano sotto molteplici sembianze che rendono difficile il riconoscimento delle loro forme: può trattarsi di comunità cristiane fondamentaliste, di nuove religioni in Giappone, di culti afrobrasiliani nell’America del Sud, di Chiese africane indipendenti, di comunità spiritistiche, dei più disparati fenomeni di culto, di credenze negli extraterrestri, di cerchie sataniche ecc., ma anche di entità poco organizzate, senza struttura, che si riuniscono attorno a un “guru” o che assumono un’apparenza religiosa per offrire le loro promesse di guarigione o di salvezza eterna sull’immenso mercato dell’esoterismo che è in piena espansione. Se sono criticate, si appellano alla libertà di coscienza e di culto garantite a livello costituzionale nelle società liberali e negli Stati democratici.

I fenomeni discussi dalla Commissione della gestione concernono in generale l’insorgere di gruppi religiosi (e pseudoreligiosi), marginali o estranei alle principali tradizioni religiose. I media nazionali e internazionali parlano di questi gruppi e dei loro adepti sempre in modo negativo, in occasione di eventi spettacolari come omicidi e/o suicidi collettivi e di esperienze individuali sconvolgenti. Lo sfondo di queste testimonianze è costituito da manipolazioni della psiche, dipendenza dal gruppo, strutture interne di tipo totalitario, che si manifestano sotto forme concrete che spaziano dai danni economici, sociali e psicologici e dagli abusi in materia di impiego sino all’interdizione mentale dell’individuo e non di rado all’allontanamento dalla sua famiglia. Le testimonianze degli ex adepti (e delle persone a loro vicine), le perizie psicologiche, le inchieste svolte da governi e parlamenti stranieri attestano da tempo l’esistenza di queste pratiche. Se da un lato si piangono le vittime, dall’altro i padri spirituali di tali movimenti gestiscono veri e propri imperi finanziari grazie a un sapiente dosaggio di filosofie orientali e di filosofia del mercato. Per tale motivo, il presente documento non si interessa espressamente dell’uno o dell’altro gruppo o contenuto religioso, bensì dei metodi che violano le libertà costituzionali e pubbliche. Una separazione tra contenuto e metodo non è però sempre possibile, per esempio in caso di gruppi con palesi o latenti tendenze razzistiche, antisemitiche, fascistoidi o d’estrema destra, punibili in virtù della norma penale antirazzismo.

Nel corso dei suoi lavori, la Commissione ha preso coscienza della situazione. È stata confrontata con una realtà importante che ha posto il suo esame in un contesto sia storico che attuale: la Svizzera è una società multiculturale, multireligiosa e impregnata di pluralismo religioso. Le convinzioni e le comunità religiose che non corrispondono alla tradizionale concezione cristiana del mondo trasmessa dalle chiese nazionali e dalle scuole, sono sempre state una componente della nostra cultura e hanno partecipato in maniera determinante alla formazione dell’identità del nostro Paese, alcune di esse da secoli. Ne fanno parte le grandi religioni del mondo come il cristianesimo di confessione cattolica e protestante, il giudaismo, l’islam, le chiese libere, tradizionali e moderne, o le convinzioni religiose screditate (e talvolta escluse) qualificate come “religiosità popolare”. Per i loro adepti, il loro culto è la loro patria spirituale, la Svizzera è la loro patria politica ed emozionale. Pagano le imposte, assolvono il servizio militare, acquisiscono una formazione e, in qualità di datori di lavoro o di dipendenti, partecipano attivamente alla nostra economia e agli affari della Confederazione e dei Cantoni. Vogliono che sia riconosciuta la loro identità religiosa e chiedono di essere presi sul serio. Per questo motivo, già oggi lo Stato non può fare a meno di occuparsi della questione religiosa.

Negli scorsi anni, i politici stranieri (soprattutto in Germania) hanno avviato la discussione ad alto livello, hanno assunto posizioni chiare e, talvolta, hanno adottato decisioni poco piacevoli. La Francia, la Svezia e il Parlamento europeo hanno pubblicato rapporti sulle “sette”. In Austria e in Germania sono state lanciate campagne informative. La Svizzera, invece, non ha preso posizione nei confronti degli eccessi delle cosiddette “sette” - in francese si parla di “dérives sectaires” - dei “nuovi movimenti religiosi” e degli “psicogruppi” e delle loro pratiche. Il Consiglio federale rimanda alla Costituzione (libertà di coscienza e di culto), al federalismo (le questioni di culto rientrano nella competenza cantonale) e all’iniziativa privata. Di conseguenza, le autorità politiche e giudiziarie tengono un atteggiamento prudente. Al contrario, parte della stampa, soprattutto della Svizzera tedesca, si occupa da anni del fenomeno schierandosi apertamente e assumendo un atteggiamento talvolta emotivo e aggressivo. La stampa romanda ha preso coscienza della scottante attualità dell’argomento, nell’ottobre del 1994, con la strage dell’Ordine del Tempio solare (OTS) e da allora gli dedica sempre più spazio. Da quel momento, qualcosa è cambiato in diversi Cantoni anche sul piano politico. Su iniziativa del Cantone Ginevra, un gruppo di lavoro intercantonale ha istituito un servizio di informazione e di documentazione. Nei Cantoni Basilea-Città e Ginevra sono entrate in vigore disposizioni di legge o sono stati elaborati progetti. I Cantoni Ginevra e Ticino hanno pubblicato i propri rapporti sul tema. Nel Cantone Vaud gli studenti del terzo anno del liceo potranno iscriversi al corso facoltativo di “Storia e scienza delle religioni”.

La necessità di agire non deriva esclusivamente dagli sforzi intrapresi all’estero e dall’attività di alcuni Cantoni, ma si basa anche su una caratteristica della società contemporanea: l’elemento che ha cambiato il pluralismo religioso nella sua essenza alla fine del XX secolo è l’estrema frammentazione di un paesaggio religioso come quello svizzero, un paesaggio che nel contempo subisce una trasformazione molto rapida. A ciò si aggiunge il fatto che il passaggio al nuovo millennio suscita un’atmosfera di fine del mondo e rende la gente ancor più incline a cedere di fronte alle promesse di salvezza eterna e di guarigione di ogni tipo. Secondo la Commissione, la problematica che ne deriva ha effetti sociali e politici rilevanti che, contrariamente alla prassi attuale che trova le proprie origini nella storia, obbligano lo Stato ad assumere una posizione chiara: riconoscere sia le grandi religioni del mondo sia le più piccole comunità spirituali finché rimangono entro limiti accettati dalla società e dallo Stato e trattarle come interlocutori a pieno titolo. Esso vigila in particolare affinché possano beneficiare della libertà di coscienza e di culto. Non interviene quando queste libertà fondamentali lo ostacolano nella sua azione ma reagisce se vengono violate le stesse libertà fondamentali sancite nell’articolo 15 capoverso 4 della nuova Costituzione che proibiscono l’uso della costrizione. In altre parole, lo Stato deve intervenire in maniera decisa quando i diritti dei gruppi, dei membri del gruppo o degli individui estranei al gruppo sono minacciati o lesi.

Nell’ambito del pluralismo religioso che impregna la Svizzera, lo Stato deve avviare il dibattito sociale e affermare chiaramente che i diritti dell’uomo costituiscono il denominatore comune alla base del buon funzionamento della nostra società (e dell’operato dello Stato). Assumendo questo ruolo, lo Stato si pone a garanzia della tolleranza, svolge una funzione chiave nell’evoluzione di regole del gioco che traggono ispirazione dallo Stato, dalla società e dalle comunità religiose e spirituali e contribuisce a forgiare l’identità della Svizzera nel XXI secolo.

I Mandato, organizzazione e procedura

1 Situazione iniziale

La questione delle competenze della Confederazione per tutte le problematiche relative alle “sette” e, in particolare, per la strage dell’Ordine del Tempio solare (OTS) hanno persuaso la Commissione della gestione del Consiglio nazionale a occuparsi della tematica delle “sette”, dei movimenti indottrinanti e dei nuovi movimenti religiosi. La decisione è in particolare dovuta alla sempre più frequente scoperta - con il dibattito pubblico che ne consegue - di situazioni in cui gli individui sono stati impossibilitati a esercitare i propri diritti democratici fondamentali, quali la libertà di opinione e di espressione.

Alla constatazione di un membro della CdG che aveva fatto notare nel febbraio del 1997 che l’Ufficio centrale della difesa non disponeva di alcuna indicazione in merito al dramma dell’OTS e alla questione relativa alle basi etiche in materia di politica di sicurezza, un rappresentante dell’allora DMF (attualmente DDPS) aveva risposto che il termine “minaccia” non aveva solo un significato militare ma si estendeva anche ai “punti di vista sociali e religiosi”.

Inoltre, la Commissione è stata confortata nella propria intenzione di esaminare la necessità di un intervento dello Stato dal fatto che

• nel loro settore di competenza, diversi servizi e uffici della Confederazione sono regolarmente confrontati, seppure assai marginalmente, con le cosiddette “sette” o con gruppi simili;
• non si è intrapreso il minimo sforzo di coordinamento, né si è cercato di fissare obiettivi coerenti, né si sono visti segni di una vera e propria politica in materia di “sette”.

In seguito alla strage dell’OTS, la Commissione consultiva in materia di protezione dello Stato, l’organo consultivo del capo del DFGP in materia di questioni relative alla protezione dello Stato, è giunta alla conclusione che “le sette, nell’ottica della protezione dello Stato, non sono un oggetto che deve essere osservato da vicino”. Per quanto riguarda, in particolare, la questione relativa alla “misura in cui Scientology possa costituire una minaccia per la sicurezza dello Stato”, un rapporto del DFGP destinato alla Commissione consultiva in materia di protezione dello Stato, pubblicato nel luglio 1998, sottolinea che Scientology si basa su “principi analoghi a quelli dei sistemi totalitari”, presenta “importanti componenti finanziarie”, “in determinati casi, i membri potrebbero trovarsi in una situazione di violenza psicologica” ed “esercita attività analoghe a quelle di un servizio informazioni”. Il rapporto giunge alla conclusione che sarebbe opportuno rinunciare a qualsiasi osservazione di polizia preventiva ma che bisognerebbe continuare a seguire attentamente la situazione (anche sul piano internazionale). Per quanto attiene alle “sette” in generale, il rapporto rimanda all’applicazione delle norme vigenti di diritto privato, pubblico o penale. Ritiene tuttavia che “l’opinione pubblica e le autorità debbano poter accedere a un’informazione imparziale sugli sviluppi nel settore della religione”, per esempio mediante un osservatorio collegato a un’istituzione scientifica [1].

2 Mandato della Commissione della gestione e limiti

Alla CdG incombe l’obbligo di controllare l’esecuzione dei compiti federali. Da questo principio la Commissione trae la legittimità per esaminare un compito che non è assunto dal Consiglio federale né dall’amministrazione. Sebbene nessun servizio si occupi sistematicamente del fenomeno delle “sette”, dei “nuovi movimenti religiosi” e degli “psicogruppi”, è possibile distinguere punti di contatto con l’amministrazione, numerosi dei quali concernono l’Ufficio centrale della difesa (sciolto alla fine del 1998). Il segretario della Conferenza di situazione si occupa personalmente e molto intensamente di questa problematica, anche se, dinanzi alla Commissione, ha affermato che “nessuno si occupa specificatamente della questione delle sette in seno a tale ufficio”.

La Commissione ha discusso, in particolare, le questioni seguenti:

• i movimenti comunemente chiamati “sette”, “nuovi movimenti religiosi” e “psicogruppi” rappresentano un pericolo per gli individui, lo Stato e la società? Dal punto di vista sociale, queste associazioni sono fenomeni marginali o concernono tutta la società? Vi è la necessità di agire a livello costituzionale o legislativo?

• Quali organi pubblici e/o privati si preoccupano dei bisogni dei gruppi sociali e si occupano delle persone che senza volerlo vengono a trovarsi in situazioni di dipendenza e che desiderano tutelarsi dai metodi sempre criticati di queste associazioni? Vi sono basi legali che consentono di adempiere tali compiti? Esiste una giurisprudenza uniforme in questo campo?

• Considerata l’imprevedibilità degli sviluppi di fenomeni conflittuali, com’è possibile diffondere informazioni credibili, se ciò è necessario? Bisognerebbe eventualmente istituire organi pubblici e/o privati incaricati di condurre una “politica in materia di sette”, in particolare mediante un’attività informativa continua e mirata?

Le riflessioni circa il contenuto dell’ideologia della singola “setta”, “nuovo movimento religioso” o “psicogruppo” sono state escluse, per quanto possibile, dal presente esame. L’obiettivo della CdG era innanzitutto di interessarsi degli scopi, delle pratiche e dei metodi nonché dei loro effetti conflittuali in generale, senza approfondire l’esame di un gruppo in particolare. Il presente rapporto si prefigge di abbozzare gli eventuali pericoli e i potenziali conflitti, di contribuire oggettivamente alla discussione, di presentare raccomandazioni e di informare le autorità e il pubblico, consentendo loro di forgiarsi un’opinione.

3 Organizzazione e procedura

31 I membri seguenti appartengono alla Sezione ”Autorità” della CdG-CN:

i consiglieri nazionali Fulvio Pelli (presidente), Pierre Aguet, Angeline Fankhauser, Christiane Langenberger, Hubert Lauper, Walter Schmied, Luzi Stamm, Alexander Tschäppät (presidente della sezione sino al 31 dicembre 1997), Milli Wittenwiler.

La sezione si è avvalsa del sostegno del segretario delle commissioni della gestione e dei suoi collaboratori. Per le questioni speciali, la Sezione ha consultato l’avvocato dott. Urs Eschmann in qualità di esperto.

32 La Sezione “Autorità” della CdG-CN si è riunita in seduta nei seguenti giorni: 28 maggio, 14 e 15 agosto, 15 e 16 ottobre 1997, 8 settembre, 20 ottobre, 12 e 17 novembre 1998, 20 gennaio, 23 febbraio e 16 marzo 1999. Essa ha sentito complessivamente ventitré persone (di seguito denominate “persone sentite”).

L’ampio raggio professionale di persone sentite - giuristi, psicologi, sociologi, teologi, storici, giornalisti -, il fatto che esse si occupino concretamente di questo tema -ricerche finanziate dallo Stato nell’ambito delle università, giurisprudenza, attività di consulenza (privata e delle chiese) soprattutto volontaria - e la diversità dei punti di vista a livello internazionale stanno a dimostrare la pluralità delle opinioni che, in quanto tali, sono tutte legittime. I diversi centri di interesse e l’influenza che alcune “sette”, alcuni “nuovi movimenti religiosi” o alcuni “psicogruppi” tentano di esercitare sulle cerchie politiche ed economiche mostrano chiaramente la carica emotiva legata a questa tematica. Del resto, da quest’ultima non è andata esente neanche la CdG.

La sezione ha inoltre sentito l’Incaricato federale della protezione dei dati, alcuni rappresentanti dell’Amministrazione federale delle contribuzioni e un rappresentante dell’Ufficio federale della cultura. Ha altresì invitato alcune associazioni, che hanno in parte espresso il desiderio di essere sentite. Delle sei organizzazioni invitate, quattro hanno risposto all’invito della sezione. L’oggetto di queste sedute non era di discutere di convinzioni o di ideologie religiose bensì di determinare in quale misura le autorità federali debbano agire per quanto attiene ai nuovi movimenti religiosi, ai movimenti indottrinanti o alle “sette”.

33 La Sezione ha affidato all’Organo parlamentare di controllo (OPCA) il mandato di rispondere alle domande seguenti:

• In Svizzera, chi si occupa dei movimenti “settari “e della loro evoluzione e sotto quale forma (servizi federali, Cantoni, chiese, organizzazioni private)?

• Vi sono forme di sostegno delle “sette” a livello federale e cantonale (per esempio, sussidi, sgravi fiscali)?

• A livello federale, è possibile immaginare strumenti o misure relativi al fenomeno delle “sette”? In caso affermativo, quali?

4 Constatazioni dell’OPCA [2]

Nel suo rapporto di lavoro del 20 febbraio 1998, l’OPCA giunge ai risultati seguenti:

• Nessun sevizio della Confederazione si occupa sistematicamente del fenomeno delle “sette” o dei singoli aspetti; questa tematica può tuttavia concernere i settori di attività di diverse unità amministrative della Confederazione. Alcuni Cantoni hanno reagito redigendo progetti di legge, altri non si sono assolutamente mossi. All’infuori della Confederazione, alcuni servizi delle chiese e delle università e alcune organizzazioni private si occupano dei diversi aspetti di tale fenomeno.

• Non vi sono indizi che consentono di concludere che le “sette” beneficino di privilegi fiscali o di un sostegno diretto (esenzione dall’imposta federale diretta, versamento di sussidi o di contributi) da parte dello Stato.

• Il ventaglio di possibili misure è assai ampio: va dall’assenza completa di intervento sino all’istituzione di un’unità specifica in seno all’amministrazione federale e alla definizione di una vera e propria politica in materia di “sette”, passando per il promovimento della ricerca universitaria e dell’attività delle organizzazioni private in materia di informazione e di consulenza.

NOTE

[1] Scientology in Svizzera. Rapporto destinato alla Commissione consultiva in materia di protezione dello Stato, pubblicato dal Dipartimento federale di giustizia e polizia, luglio 1998, pp. 123 e segg.

[2] Rapporto di lavoro dell’OPCA del 20 febbraio 1998, allegato al presente rapporto.

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Sat, Dec 18, 1999